In cammino con san Francesco

Oggi ricorre la festività di san Francesco d'Assisi, che aveva dedicato al sua vita a Dio e ai poveri. Pubblichiamo la riflessione della nostra collaboratrice Patrizia Carollo.
Basilica di San Francesco. Foto: Raffaele Ariante

Oggi ricordiamo la figura di san Francesco, la cui forza è stata attribuita da alcuni illustri relatori di matrice cristiana nel “farsi” fondamentalmente “amare da Dio”. Era, infatti, definito, e non a torto, “il folle di Dio“.

Avanziamo, a beneficio dei lettori, un’altra riflessione: “Quanti uomini e donne agiscono in silenzio per il bene di tanti e non hanno, pero’, alcuna fede?”.

Ecco che l’opera di Francesco D’Assisi resta, dunque, grande, a prescindere. E può essere presa “a modello” di “santità o agire virtuoso raggiungibile” – pensiamo a tutti gli infermieri e medici della nostra era, del Covid -, non solo perché lui si è reso nudo agli occhi del mondo tanto da rendere palese l’essersi “ricoperto” della forza di Dio ma, ugualmente e sempre, per essersi messo al servizio degli altri, degli appestati, di coloro a cui nessuno voleva avvicinarsi, dei poveri del mondo. Peraltro, a suo modo. A tratti, anche originale.

San Francesco era solito, infatti, infliggersi anche severe penitenze, non credendosi, alle volte, abbastanza degno. Proprio come il missionario laico Biagio Conte, fondatore della Missione di Speranza e Carità di Palermo che di digiuni penitenziali ne ha fatti a iosa e, sempre, si definiva “piccolo servo inutile”. Ci domandiamo: “Poteva mai sentirsi inutile dopo aver aiutato, nella sua vita di apostolato e direzione di comunità per i poveri, centinaia o migliaia di persone?”.

Il senso della sua “inutilita’”, come avvertiva spesso anche San Francesco, si allargava, forse, e allora, dinanzi al mondo intero e alle sue piaghe inguaribili, e dinanzi al comune avvertimento d’essere, comunque e tutti miseri, soggetti alle cadute.

Da San Francesco, fratel Biagio, padre Pino Puglisi e potremmo citarne tanti altri, apprendiamo, dunque, come la condizione dell’uomo, d’ognuno di noi, è quella d’essere “piccoli” non solo dinanzi al male dilagante e alle fragilità dei nostri fratelli e sorelle, ma dinanzi al nostro stesso desiderio, infranto, d’essere migliori del giorno precedente.

Di qui, lo scoramento del cuore che va messo via, rialzandoci e rincamminandoci. “Stare in cammino coi santi” significa anche questo: voler viaggiare in questa vita anche con l’anima, perché possa migliorarsi, ogni dì. Per il proprio perfezionamento interiore e per il bene degli altri: “Ognuno può e deve fare la sua parte”.

Patrizia Carollo

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