Spagna: suicidio, come prevenirlo?
Accade ogni tanto che un certo argomento occupa un posto di rilievo nei titoli dei media. Così, le notizie sulla violenza sessista (con vari altri nomi), lo spopolamento delle aree rurali, il cambiamento climatico, la guerra in Ucraina (e non altre), ecc. Si direbbe che, a periodi, c’è una sorta di patto informativo tra media per dare spazio a certi argomenti e tralasciarne altri. In quest’ultimo periodo, in Spagna, la poltrona di prima fila va riservata al suicidio. Le cifre sono in aumento e bisogna capire perché.
L’ultimo rapporto dell’Instituto Nacional de Estadística (Ine) della Spagna su “decessi e cause di morte”, pubblicato nel giugno scorso, rileva che il suicidio è salito al primo posto tra le “cause esterne” di morte (vale a dire quelle non naturali), sorpassando gli incidenti di vario tipo (sul lavoro, stradali, annegamenti, ecc.). Le cifre parlano da sè: 3.539 suicidi nel 2018, 3.671 nel 2019, 3.941 nel 2020, 4.004 nel 2021. Con quest’ultimo dato relativo al 2021, il tasso di suicidio in Spagna è salito a 8,3 per 100 mila abitanti. Pur essendo una tra le percentuali più basse d’Europa e pure al di sotto della media mondiale di 10,7 (2019), la tendenza alla crescita pone un punto interrogativo agli sforzi del sistema nazionale di salute per prevenire i suicidi, ma ne pone un altro anche sul trattamento informativo del fenomeno allo scopo di rimuoverne l’etichetta di tabù.
Un documento ancora in vigore del ministero spagnolo della salute, le Raccomandazioni per il trattamento del suicidio sui mezzi di comunicazione, afferma che «Si conosce come effetto Papageno l’azione preventiva che una comunicazione responsabile può avere sul comportamento suicidario, secondo alcune linee guida stabilite. Questo nome (Papageno) deriva dal personaggio omonimo del popolare racconto Il flauto magico: Papageno decide di non suicidarsi dopo che alcuni bambini gli hanno insegnato diverse alternative per superare la sua situazione».
Dunque: «Informare responsabilmente su persone che hanno superato positivamente e senza comportamenti suicidari una situazione di crisi personale è associato ad una diminuzione dei tassi di suicidio, esercitando così l’informazione un effetto protettivo». Anche il Congresso Europeo di Psichiatria, che si è tenuto a Parigi nel marzo scorso, ha posto l’accento sul ruolo dei media nella prevenzione del suicidio e consiglia di «interagire con i mezzi di comunicazione per informare responsabilmente sul suicidio».
A questo riguardo, lo psicologo spagnolo Íñigo Samaniego, che vanta una lunga esperienza clinica, afferma che «il primo obiettivo nella prevenzione del suicidio è riuscire a parlare, rompere il silenzio che ti circonda. Non puoi impedire qualcosa di cui non puoi parlare. E deve essere fatto in modo responsabile, basandosi su informazioni scientifiche veritiere che aiutino a ridurre i tabù, lo stigma e l’oscurantismo storicamente associati al suicidio. Per questo sono necessarie l’informazione, la formazione, la sensibilizzazione e la presa di coscienza delle diverse componenti della società: giovani, famiglie, insegnanti, giornalisti, psicologi, ecc.».
Per approfondire leggi anche La prevenzione del suicidio, un compito condiviso.
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