2005: Che musica, maestro?

Il 2004 se n’è appena andato. Il mondo musicale lo ricorderà come un anno spartiacque. Quello, innanzi tutto, dell’ennesimo cambio di modalità nei consumi, con la crisi irreversibile delle vendite dei cd e il lento ma inesorabile imporsi dei dvd, degli mp3, dell’ipod, delle suonerie per cellulari, e di tutte le altre sinergie tra music-business e telefonia. Ma è stato anche l’anno in cui i mercati hanno premiato i musicisti veri, quelli in grado di fare spettacolo dal vivo e non solo di nascondersi dietro i marchingegni tecnologici delle sale d’incisione. Alcuni grandi ci hanno lasciato (Ray Charles in primis, ma anche Giuni Russo non va dimenticata), altri sono tornati imperiosamente sulle scene dopo anni di assenza (da Cohen a Paolo Conte, dai Duran Duran agli U2, da Prince a Patti Smith), altri ancora sono emersi proponendosi come stelle per l’immediato futuro (tra i tanti cito i Maroon Five, i Keane, e il nostro Caparezza). È stato l’anno della rivincita del jazz (soprattutto al femminile), e quello del cinquantennale del rock, che proprio in questo periodo sembrerebbe riscoprire antiche valenze politiche e sociologiche. Ma il di là di tutti i fermenti in corso, il panorama generale sembra quello di una palude, più ricca d’insidie che di promesse. Soprattutto perché, specie per i gli artisti più giovani, è sempre più difficile riuscire ad emergere dagli acquitrini, se non cedendo a compromessi sempre più avvilenti. A meno che… Sì, a meno che non si torni a considerare la musica per quel che dovrebbe essere: una forma d’espressione dell’intimo prima che un modo per far soldi, una passione più che un mestiere, più arte che mercato insomma, o se preferite, più artigianato che industria. Un sogno ingenuo? Certamente, ma è bene ricordare che anche di codesta materia la musica s’è sempre nutrita, e mai come di questi tempi la realtà circostante sembra consigliare di riportarne il cammino verso questo suo primordiale baricentro. E non è certo un paradosso che a patire la depressione in corso siano i big planetari molto più che gli outsider dei bassifondi, da sempre attrezzati alla fatica e a sopravvivere con poco. Questo 2005 pare fin d’ora destinato ad esprimere altri verdetti. E state pur certi che saranno ben più significativi di quelli che ci scodellerà il prossimo Sanremo. Il meglio del 2004 Ray CHARLES GENIUS LOVES COMPANY Emi – Il più commuovente degli addii. PAOLO CONTE ELEGIA Cgd-Warner. LEONARD COHEN DEAR HEATHER Sony – Quando l’attesa vale la pena. BEN HARPER & BLIND BOYS OF ALABAMA THERE WILL BE A LIGHT Virgin – Il gospel del Terzo Millennio. KEANE HOPES AND FEARS Universal. MAROON 5 SONGS ABOUT JANE Bmg – Il meglio del pop-rock radiofonico. ANGELIQUE KIDJO OYAYA! Sony – Dall’Africa ai Caraibi, passando per il cuore. N.E.R.D. FLY OR DIE Virgin. JILL SCOTT BEAUTIFULLY HUMAN Sony – Il nuovo che avanza. PATTI SMITH TRAMPIN’ Sony. U2 HOW TO DISMANTLE AN ATOMIC BOMP Universal – Il rock dalle sette vite. BRIAN WILSON GETTIN’ IN OVER MY HEAD – SMILE Cgd-Warner – Il bello della nostalgia.

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