1973. Fenomeno genfest

Il primo maggio a Loppiano migliaia di giovani di 43 nazioni proclamano e cantano illoro ideale: l'uomo-mondo al di là di ogni barriera. Da Città Nuova rivista di quell'anno

Il Genfest si è svolto il primo maggio, a Loppiano. È stata una grande manifestazione fatta di esperienze di vita, dette e cantate promossa dal Movimento Gen e organizzata in collaborazione coi giovani della scuola internazionale che vivono nella “cittadella” presso Incisa Valdarno. ll Genfest è quest’anno alla sua seconda edizione. L’anno scorso vi accorsero quattromila giovani da varie nazioni; quest’anno l’affluenza e il numero delle nazioni partecipanti son più che raddoppiati.
 
Allo slogan centrale del convegno, «L'uomo-mondo al di là di ogni barriera» sintesi degli ideali di pace del movimento Generazione Nuova, si sono ispirati i rapidi, forti interventi di alcuni gen, all’inizio e alla fine, il discorso di don Foresi, che ha anche letto un caldo messaggio del papa, le esperienze, le canzoni dei vari complessi e gruppi che si sono alternati per tutta la giornata, provenienti da molte nazioni europee, e quelle di complessi e gruppi della scuola internazionale di Loppiano, rappresentanti tutti i continenti. La presenza di giovani di ben 43 nazioni, uniti, è stata una splendida e impressionante conferma vivente di questo programma.
 
Non so se è il rosso che predomina o il giallo; o 1’azzurro unito di verde. Forse, sotto questo primo sole di maggio, verso il mezzogiorno che si avvicina è senz’altro il bianco che fa da padrone, il bianco delle pagodine di cartone anti-insolazione e anti-conformismo, del momento che tutti ce l’hanno.
 
Otto, diecimila?! Ma… contali, se ti riesce. Io do le dimissioni da questo incarico. D’altra parte, mi
ero già dimessa sull’autostrada quando qualcuno mi aveva suggerito di «dare una contatina» ai pullman e alle macchine che sostavano per lungo tratto nella corsia d’emergenza prima di raggiungere il casello di Incisa Valdarno.
Poi, chi li conta ormai più i Gen, oggi? Si parla di un’ottantina di nazioni in cui questa Generazio-
ne Nuova si è diffusa e ce ne rendiamo conto dando un'occhiata a questo anfiteatro naturale che li accoglie mentre vi penetrano da tutte le parti. C’è un cartello tenuto alto con su scritto “Francese” che fa da dirimpettaio ad un altro con su scritto “Inglese” e stanno là per indicare i luoghi dove si traduce simultaneamente a mezzo cuffia, ma poi ti accorgi che una minoranza soltanto ubbidisce al loro richiamo e al richiamo di altri, perché di Gen francesi, inglesi, tedeschi, svizzeri, americani, indiani, africani ce ne sono sparsi un po’ dappertutto. Anzi, più si mischiano e più fa Genfest.
 
«A me, il mondo così com’è non piace». Valerio parla di quel mondo che questa mattina non è qui; di quello che conosce i colori delle razze e li distingue e disdegna gli usi e i costumi diversi. Parla del mondo, insomma, che si odia.
«Io dimentico di chiamarmi Valerio… ricordo solo te… ». « Hai sete? Aspetta: vado a prenderti da bere». È veramente un mondo diverso, questo qui. E sì che a pochi chilometri di distanza, due se le suonavano di santa ragione per motivi di viabilità. Oh! Mica si trattava di arrivar prima a possedere un Eden… Si trattava semplicemente di circa tre metri, la lunghezza cioè di una macchina, ma tant’era: quella che doveva star dietro, era passata avanti. Tutto qui. E se le davano.
Ecco perché a Loppiano si respira meglio: anche perché si rimuovono con amore le macchine incomode e perché ognuno è contento che quella dietro passi avanti. E in questa gara, tutti camminano. E si arriva prima.
 
Loppiano. Ormai non è più un nome strano. Oggi, poi, sono in più a parlarne, perché è questa cittadella ad accogliere ragazzi e ragazze di ogni parte del mondo venuti per il Genfest. E non c’è ospitalità più squisita e più completa. Sono molte le cose che te lo dicono: perfino i cavatappi appesi con una cordicella, un albero sì, un albero no, lungo tutti i viali che portano al Campogiallo. Si capisce come anche un semplice utensile da poche lire possa diventare una mano tesa verso il fratello. Ma non deviamo… Fermiamoci all’ombra di questi due signori, visto e considerato che i posti all’ombra degli alberi hanno già accusato l’esaurito. Sono vestisti tanto stranamente, questi due signori, e si divertono come bambini. Ogni tanto si guardano compiaciuti e muovono il capo in segno di assenso. Forse, sono anche un po’ contestatori se annuiscono rumorosamente, e vivacemente, a frasi come questa: «I soldi dei ricchi sono il lavoro di chi non ha nulla». «Il Signore può venire all’improvviso e nascondersi nel pianto». Sono i Gen dell’Argentina e di non so quale altra parte del mondo che adesso hanno preso la parola e… i microfoni sul grande palco allestito a valle di questo splendido anfiteatro sui generis.
 
Durante le pause, si stringono le mani, parlano dialetti diversi, sorridono alla stessa maniera, mentre sotto lo striscione che reclama un “Uomo-mondo al di là di ogni barriera”, continua un avvicendarsi alacre. È la volta di un gruppo di tedeschi della Baviera che esordisce con un «Noi siamo contro la guerra», seguiti a ruota da alcuni svizzeri dalle giacche multicolori che mimano la felice evoluzione di un disperato, di un sognatore, di un affarista, di un «santone», che riescono a uscire dai propri mondi particolari e armonizzare i propri talenti al servizio degli altri.
 
Gli irlandesi arrivano portando il loro immenso desiderio di pace: sono insieme, cattolici e protestanti, e cantano contro la guerra, loro che scendono proprio dal cuore di Belfast, dove la guerra se la fanno questi due gruppi. Strani, allora, questi Gen? Forse, un po’, se non indaghiamo più a fondo. Con questa sigla – Gen – hanno voluto distinguersi, si sa, ragazzi e ragazze della Generazione Nuova, in mezzo ad un mondo dove tanta gioventù insoddisfatta va a cercare nelle rivolte e nella droga una risposta o un’evasione alle proprie aspirazioni. Ecco, questi ragazzi qui che oggi ci dilettano con una manifestazione carica di simpatica bellezza, domani torneranno, ciascuno nel proprio paese d’origine, ad influenzare gli ambienti più vari: la scuola, le associazioni, i riformatori, le baracche, i ricoveri…
 
«La nostra ambizione – ha detto uno presentandosi alla ribalta con una chitarra a tracolla – è quella di essere come Cristo: un segno di contraddizione. È Lui l’Uomo-Mondo che al di là di tutte le barriere, di tutti nazionalismi, di tutte le razze è l’unico vero Ideale. Egli è il centro e il fine della storia umana; in Lui è possibile risolvere tutti i problemi umani e spirituali dell’individuo, delle nazioni, della società intera e delle sue strutture e realizzare l’unità di tutti gli uomini».
A questo punto mi viene spontaneo dare una sbirciatina ai miei datori di ombra e ai loro stranissimi vestiti, fatti di jeans, giubbotti e maglioni degli strani colori: sono ancora più felici e i loro occhi brillano.
«Cosa pensano di questa manifestazione?», chiedo loro. «Oh! è una cosa bellissima. Non ce l’aspettavamo. Ci piace lo spirito di questi giovani, perché non mettono fuori niente di proprio: mettono fuori Gesù che è in loro. Per questo è tutto bello qui…».
Mi accorgo che gioiscono come bambini… «Siamo due padri cappuccini: di Roma e della Svizzera». Non mi stupisce neanche, allora, nonostante l’abito, che mi salutino, allargando le braccia, con un «Pace e bene!».
 
Scorgo un vecchietto, tutto solo – se così si può dire data la moltitudine – che se ne sta leccando un cono di gelato. Fa a metà con il sole che gliene scioglie buona parte lungo le mani e sui bordi della giacchetta.
«Buongiorno, nonnino… È contento se lo chiamo così?». «Eccome no?! Sono nonno: di dieci… Ma stamani mi sento nonno di tutti questi figlioli. Gessù Mmaria, icchè gliè!!! ». Non ci vuole eccessiva immaginazione per classificarlo toscanismo. «Di Lucca, sono. Mi chiamo Florindo… Gli anni? Beh! Lasciamoli andare gli anni, tanto stamani e un li sento… Cosa penso dei giovani? Mah!… un so più icchè pensare, che dire, stamani. L’è un Paradiso, ecco. Che la un ci crede, lei?! Così glié, i' Pparadiso: musica, canti, gente che si vuole bene e, ni’ mmezzo, i' Ppadre ’Terno con la Madonna… L'è così… Parole di Florindo».
 
Sì, deve essere proprio così. Diventa Paradiso ogni posto dove ci si vuol bene, che ci siano o no le chitarre… Ed è chiaro che ci debbano essere, per forza, nel mezzo, Gesù e la sua Mamma. Del re-
sto: parole di Florindo. Ho dimenticato di dire che, scivolando verso il nonnetto con il gelato, sono arrivata, non proprio per via aerea, in mezzo ad un gruppo di ragazzi di Gubbio. Anche a loro ho chiesto l’impressione sulla manifestazione in atto. Mi risponde, per primo, il capogruppo: «Senta: la prima impressione è la meraviglia. Tutti questi ragazzi… E tutto il contagio che hanno trasmesso. Fa veramente impressione…. È una manifestazione, questa, che non finisce qui. Quando si vedono tutte queste persone tanto diverse le une delle altre, eppure tanto ben fuse, allora non diventa difficile sperare in un mondo diverso».

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