13 maggio: per una civiltà dell’amore

Nei discorsi del papa a Fatima si evidenzia il duplice messaggio di una riscoperta dell’autenticità del messaggio cristiano, nella ricerca della fraternità universale tra i popoli della Terra
Il papa a Fatima

13 maggio. Una giornata storica che vive nel passato e nel presente. Si ricorda la prima apparizione di Maria ai tre pastorelli alla Cova da Iria il 13 maggio 1917, l’attentato a Giovanni Paolo II nel 1981 e il decimo anniversario della beatificazione di Giacinta e Francesco. Il presente ci parla di una folla immensa, 500 mila persone, che ha assistito, sulla spianata del Santuario di Fatima, alla Messa presieduta dal papa.

 

Da una lettura della sua omelia emerge l’essenza del cristianesimo come capacità di dare e ricevere amore, riflesso del fuoco ardente della vita trinitaria. E la presenza di Maria a Fatima sarebbe stata proprio per introdurre «i piccoli veggenti nell’intima conoscenza dell’Amore trinitario e portarli ad assaporare Dio stesso come la cosa più bella dell’esistenza umana». «Un’esperienza di grazia – prosegue il papa – che li ha fatti diventare innamorati di Dio in Gesù, al punto che Giacinta esclamava: «Mi piace tanto dire a Gesù che Lo amo! Quando Glielo dico molte volte, mi sembra di avere un fuoco nel petto, ma non mi brucio». E Francesco diceva: «Quel che m’è piaciuto più di tutto, fu di vedere Nostro Signore in quella luce che la Nostra Madre ci mise nel petto. Voglio tanto bene a Dio!» (Memorie di Suor Lucia).

E proprio con l’esempio della loro vita, i tre pastorelli sono stati  modello di «un amore che si sacrifica per gli altri ma non sacrifica gli altri» perché Maria, come una maestra, li ha forgiati ad «aprire il cuore all’universalità dell’amore». In particolare Giacinta, sebbene molto giovane, dedicò la sua vita agli altri e «soltanto – sottolinea il papa – con questo amore di fraternità e di condivisione riusciremo ad edificare la civiltà dell’Amore e della Pace».

 

È a questo punto che il papa pronuncia la frase che maggiormente è stata citata dai media: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa». Il messaggio che emerge è quello di ieri e di sempre: solo attraverso il sacrifico personale di ognuno, il «saper sopportare tutte le sofferenze» per amore dell’umanità, si possono superare tutti i «gretti egoismi di nazione, razza, ideologia, gruppo, individuo». Per aprirsi alla causa della solidarietà fraterna, per una civiltà dell’amore.

 

E proprio nel secondo appuntamento della giornata con le organizzazioni della pastorale sociale il papa ha fornito alcuni spunti per un processo di sviluppo umano integrale che conduca verso la civiltà dell’amore nelle sue dimensioni sociali e politiche. Obiettivo raggiungile con la formazione di una nuova generazione di leader servitori, con persone e istituzioni che abbiamo una evidente identità cristiana, con una attenzione alla totalità della persona umana nelle sue molteplici dimensioni, per saper collaborare con ogni tipo di cultura e con gli organi degli Stati onde raggiungere obiettivi comuni nella ricerca della fraternità universale.

 

Oggi quarto e ultimo giorno della visita del papa in Portogallo che si conclude a Porto.

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