13 febbraio, dalla parte delle donne
Dal Documento “Ecclesia in Europa”, emanato il 28 giugno 2003, troviamo questo passaggio a difesa e protezione della dignità della donna: «
Le costanti notizie di cronaca che in queste ultime settimane si susseguono con spudoratezza sui nostri giornali e nelle trasmissioni televisive e radiofoniche ci sgomentano e ci portano a pensare che siamo ancora molto lontani dal considerare la donna per ciò che è veramente e non semplicemente un oggetto o una merce da usare a piacimento per interessi personali. In molti ci domandiamo il perché di tutte queste notizie mediatiche e soprattutto ci chiediamo che immagine stiamo dando della donna e del suo ruolo nella società e nella famiglia, a prescindere dai fatti di cronaca, dalla veridicità o meno di ciò che ci viene presentato, dal linguaggio usato senza vergogna.
Come donne che vivono e operano per una vocazione di amore e servizio alla vita e al rispetto della dignità di ogni essere umano, non possiamo tacere esonerandoci dall’esprimere la nostra preoccupazione ed il nostro sdegno per lo scempio che stiamo facendo della donna e del mancato rispetto della sua sacralità e identità.
In questi ultimi tempi si è cercato di eliminare la prostituzione di strada perché dava fastidio e disturbava i sedicenti benpensanti e abbiamo voluto rinchiuderla in luoghi meno visibili, ma non ci rendiamo conto che una prostituzione del corpo e dell’immagine della donna è diventata ormai parte integrante nei nostri programmi e notizie televisive, alla portata di tutti. Tutto questo purtroppo educa allo sfruttamento, al sopruso, al piacere, al potere, senza alcuna preoccupazione delle dolorose conseguenze sui nostri giovani che vi vedono modelli da imitare. La donna è diventata solo una merce che si può comperare, consumare per poi liberarsene come un oggetto “usa e getta”.
La vita religiosa femminile lungo i secoli e la sua storia ha sempre avuto una’attenzione particolare al mondo femminile salvaguardando, difendendo e promuovendo la sua identità e dignità contro i soprusi e le discriminazioni di tutti i tempi e luoghi, particolarmente in situazioni di emarginazioni e di povertà.
Purtroppo, nonostante l’emancipazione acquisita dalla donna in questi ultimi anni in diversi modi e settori dobbiamo constatare con vergogna che purtroppo ancora oggi, nel 2011 la sua dignità è terribilmente minacciata e calpestata e la sua identità completamente offuscata.
In questi ultimi vent’anni le religiose hanno conosciuto in modo particolare sulle nostre strade il volto e gli orrori causati dalla tratta di esseri umani, specie di donne e minori per l’umiliante e degradante uso dello sfruttamento sessuale del loro corpo. La maggior parte sono giovani immigrate, usate come fonte di piacere e di guadagno. Molte delle nostre comunità religiose, fedeli ai loro carismi di fondazione, hanno accolto in questi ultimi anni migliaia di queste donne che si ribellavano a questo sfruttamento, offrendo loro protezione, rispetto e possibilità di ricostruire la loro vita distrutta e il loro futuro.
Quanto impegno e dedizione, amore e gratuità, servizio e solidarietà sono stati offerti a tante donne vittime della tratta e dello sfruttamento senza nessun tornaconto e aiuto finanziario dalle istituzioni, fidandoci esclusivamente della provvidenza. E quante vite salvate e ridonate alle loro famiglie e alla società! Quanta fatica e quanto tempo occorrono per poter guarire le ferite causate dall’egoismo umano per ricostruire la personalità di una giovane donna vittima di inganni e di soprusi!
A nome di tutte queste religiose che in varie parti d’Italia ogni giorno con coraggio e dedizione, non curanti dei rischi e della fatica, senza cercare pubblicità, consensi e tornaconto, ma semplicemente guidati dall’amore e dal rispetto vero per la persona, si chinano su queste donne ferite a causa dallo sfruttamento sessuale. Le aiutano a guarire e a scoprire il vero volto dell’amore, ridando loro la voglia di vivere, di crescere e di amare.
Voglio terminare questa mia riflessione citando un detto molto saggio e attuale: «Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce». Ciò è più che mai attuale in questo nostro contesto mediatico.
Nonostante il grande chiasso che si sta facendo in questi giorni per un albero che è caduto e che ha sconvolto e confuso molte persone, noi religiose continuiamo silenziosamente ma con determinazione a operare per proteggere la dignità e la sacralità di ogni persona, specie della donna e delle minorenni, che sono vittime di una società del consumo e dell’apparenza, della mancanza di moralità e del vuoto di valori.
Il nostro servizio di donne a favore di altre donne – oltre che continuare a essere una forte denuncia fatta non solo a parole bensì attraverso la testimonianza concreta della nostra vita – vuole essere una risposta adeguata a tante giovani, vittime in modi diversi dei nostri modelli di vita, affinché possano crescere e recuperare la dimensione e la gioia di ritornare ad essere protagoniste del loro futuro. Il loro successo vero ed il loro avvenire non possono essere basati sul denaro, sulla carriera o sui privilegi dei potenti, bensì sulle loro capacità umane, sulla loro bellezza interiore e sul loro senso di responsabilità.
E noi donne religiose che operiamo in questo ministero vogliamo continuare ad essere questi alberi che crescono senza far rumore offrire l’ossigeno che elimina l’inquinamento atmosferico e ricordare a tutti – società e Chiesa, politici e persone comuni, giovani e anziani, uomini e donne – che l’onestà, il rispetto della dignità e identità di ogni persona è il capitale più grande su cui un Paese civile deve saper investire e conservare per noi oggi e per le generazioni future.
Un giorno il nostro operato sarà giudicato non solo da Colui che ci ha creati e al quale dobbiamo rendere conto, ma saremo giudicati anche dalla stessa storia. Grazie.
Sr. Eugenia Bonetti MC, responsabile ufficio “Tratta donne e minori” – Usmi
con e per tutte le religiose che operano in Italia per combattere ed eliminare la tratta di donne e minori, specie per sfruttamento sessuale.
Lettera aperta da Caserta di suor Rita Giaretta
Caserta, 27 gennaio 2011 Festa di Sant’Angela Merici
«Se verrete a conoscere chiaramente che sono in pericolo la salvezza e l’onestà delle figliole, non dovrete per niente consentire, né sopportare, né aver riguardo alcuno, se non potrete provvedere voi, ricorrete alle madri principali e, senza riguardo alcuno, siate insistenti, anche importune e fastidiose» (Sant’Angela Merici).
Da anni, insieme a tre mie consorelle (suore Orsoline del S. Cuore di Maria), sono impegnata in un territorio a dire di molti “senza speranza”. Un territorio, quello casertano, sempre più in ginocchio per il suo grave degrado ambientale, sociale e culturale, dove anche la piaga dello sfruttamento sessuale, perpetrato a danno di tante giovani donne migranti, è assai presente con i suoi segni di violenza e di vera schiavitù.
Come donna, come consacrata, provocata dal Vangelo di Gesù che parla di liberazione e di speranza, insieme alle mie consorelle, ho scelto di “farmi presenza amica” accanto a queste giovani donne straniere, spesso minorenni, per offrire loro il vino della speranza, il pane della vita e il profumo della dignità.
Oggi, osservando il volto di Susan chinarsi e illuminarsi in quello del suo piccolo Francis, scelto e accolto con amore, ripensando alla sua storia – una tra le tante storie accolte, la quale ancora bambina (16 anni) si è trovata sulle nostre strade come merce da comprare, da violare e da usare da parte di tanti uomini italiani – sono stata assalita da un sentimento di profonda vergogna, ma anche di rabbia.
Ho sentito il bisogno, come donna, come consacrata e come cittadina italiana, di chiedere perdono a Susan per l’indecoroso spettacolo a cui tutti, in questi giorni, stiamo assistendo. E non solo a Susan, ma anche alle tante donne che hanno trovato aiuto e liberazione e alle tante, troppe donne, ancora schiave sulle nostre strade. Ma anche ai numerosi volontari e ai tanti giovani che insieme a noi religiose credono nel valore della persona, in particolare della donna, riconosciuta e rispettata nella sua dignità e libertà.
Sono sconcertata nell’assistere come da “ville” del potere alcuni rappresentanti del governo, eletti per cercare e fare unicamente il bene per il nostro Paese, soprattutto in un momento di così grave crisi, offendano, umilino e deturpino l’immagine della donna. Inquieta vedere esercitare un potere in maniera così sfacciata e arrogante che riduce la donna a merce e dove fiumi di denaro e di promesse intrecciano corpi trasformati in oggetti di godimento.
Di fronte a tale e tanto spettacolo l’indignazione è grande!
Come non andare con la mente all’immagine di un altro “palazzo” del potere, dove circa duemila anni fa al potente di turno, incarnato nel re Erode, il Battista gridò con tutta la sua voce: «Non ti è lecito, non ti è lecito!».
Anch’io oggi, anche a nome di Susan, sento di alzare la mia voce e dire ai nostri potenti, agli Erodi di turno, non ti è lecito! Non ti è lecito offendere e umiliare la “bellezza” della donna; non ti è lecito trasformare le relazioni in merce di scambio, guidate da interessi e denaro; e soprattutto oggi non ti è lecito soffocare il cammino dei giovani nei loro desideri di autenticità, di bellezza, di trasparenza, di onesta. Tutto questo è il tradimento del Vangelo, della vita e della speranza!
Ma davanti a questo spettacolo una domanda mi rode dentro: dove sono gli uomini, dove sono i maschi? Poche sono le loro voci, anche dei credenti, che si alzano chiare e forti. Nei loro silenzi c’è ancora troppa omertà, nascosta compiacenza e forse sottile invidia. Credo che dentro questo mondo maschile, dove le relazioni e i rapporti sono spesso esercitati nel segno del potere, c’è un grande bisogno di liberazione.
E allora grazie a te, Susan, sorella e amica, per aver dato voce alla mia e nostra indignazione, ora posso, come donna consacrata e come cittadina, guardarti negli occhi e insieme al piccolo Francis respirare il profumo della dignità e della libertà.
Sr. Rita e sorelle comunità RUT