Il lavoro: un volano che spezza le catene dei detenuti

Muoversi nella stessa direzione – rappresentanti istituzionali, professionisti, imprenditori e comuni cittadini – per garantire alle persone recluse un accesso graduale, ma reale, al mondo del lavoro. Questo l’obiettivo del convegno dal titolo: “Il reinserimento lavorativo delle persone ristrette: impresa e valore sociale del lavoro”, che si è svolto venerdì 11 aprile a Parma, nella sede storica dell’Unione Industriali, Palazzo Soragna, dove si sono dati appuntamento quanti hanno a cuore il mondo carcerario.
Il convegno è stato un’importante occasione di confronto e di approfondimento. Si è parlato di strumenti, di opportunità e di buone pratiche per costruire, un ponte tra il mondo carcerario e la cittadinanza. Ciò testimonia l’attenzione costante che Parma riserva alle persone detenute e in questo modo può e deve diventare un modello per altre città in ambito carcerario.
L’iniziativa è sorta dopo che tante realtà del territorio si sono unite per siglare un protocollo d’intesa con l’Unione parmense degli Industriali, con l’obiettivo dell’inclusione economica, sociale e lavorativa dei detenuti. Questo protocollo ha un grande valore non solo perché è nato all’interno del carcere, ma anche perché nato dall’ascolto, dall’incontro con i detenuti nella loro area educativa. Tale protocollo non solo è diventato un modello per altre realtà provinciali dell’Emilia Romagna, ma è di grande aiuto per chi ricopre dei ruoli importanti o ha responsabilità all’interno del sistema carcerario.
La firma di questo protocollo è stato un atto di enorme significato, perché il lavoro per chi è in carcere è un volano di libertà, è la seconda possibilità per un detenuto, uno strumento efficace per l’abbattimento della recidiva. Il lavoro è fondamentale perché dà dignità alla persona, è un’occasione per ritrovare se stessi e ricostruirsi. Grazie ad esso il detenuto occupa il suo tempo, è consapevole delle proprie capacità ed attitudini, recupera la stima di sé. Il lavoro è un’ancora di salvezza oltre ad avere un fortissimo impatto sociale. Il carcere non deve essere una sorta di discarica, ma un luogo di opportunità e di crescita. Né deve essere un contenitore per passare il tempo stesi su un letto a guardare il soffitto o la televisione.
Ci sono tante ed importanti industrie a Parma, a Bologna e nel resto dell’Emilia Romagna, quindi la possibilità di offrire un’occupazione ai detenuti è reale: per loro è un’occasione di riscatto, ma soddisfa anche il bisogno che le aziende hanno di colmare i vuoti. Esse, però, hanno bisogno di una mano d’opera qualificata, per cui occorre cercare in ogni istituto penitenziario quei “cervelli” che possono servire alle industrie, utilizzando i profili professionali ed attitudinali dei detenuti.
È necessario affiancare le persone che hanno sbagliato per introdurle gradualmente nel mondo del lavoro e fare di tutto perché l’industria dia loro questa opportunità. Naturalmente essa viene offerta a coloro che si ravvedono e che fanno un percorso introspettivo.
Sono 16 gli istituti che lavorano con l’obiettivo comune di trovare cervelli da formare, specializzare, in modo poi da essere opportunamente utilizzati nelle aziende del territorio. Occorre infatti offrire un’opportunità lavorativa a chi vuole cambiare vita ed essere una risorsa per la società. In questo percorso si devono abbattere i pregiudizi, che sono nella testa di molta gente e rendersi conto che il vero nemico da combattere non è la delinquenza, ma la povertà di chi si caccia nei guai.
Serve tempo per valutare l’idoneità del detenuto ad andare fuori. Si è parlato giustamente di profilazione, tema nevralgico, importante per individuare nei detenuti capacità, interessi e abilità per formarli in modo che acquisiscano delle competenze. Si deve far loro capire che non sono esclusi dal mondo del lavoro. La profilazione è compito dell’Istituto penitenziario.
È opportuno però, accelerare i processi di inserimento. C’è la necessità di interagire con la società civile. Ma la società non è che vuole “liberi tutti”, occorre “sanare” l’individuo prima di liberarlo e avere a cuore la sicurezza, servono azioni di sistema curando l’omogeneità nei vari penitenziari.
In questo convegno fuori dagli schemi sono state condivise riflessioni e si è parlato con intelligenza ed attenzione del cammino che il detenuto compie all’interno del carcere. Si valuta il progetto del carcerato, ma anche il lavoro da affidargli. È uno stimolo ad un percorso di lavoro e di impegno che occorre incentivare con risorse ed opportunità, che possono poi sfociare in un’attività all’esterno. Ciò deve avvenire in sinergia tra gli operatori del carcere e la magistratura di sorveglianza, alla quale spetta la valutazione di merito.
Ciascuno deve dare il meglio di sé collaborando tutti, gli uni con gli altri. Occorre interagire, condividere i percorsi dei detenuti, per ragionare insieme. Non basarsi solo su ciò che è scritto sulla carta di quel detenuto, ma vedere se quella persona è davvero cambiata perché non si parte tutti dallo stesso punto. Fare insieme una valutazione di quel percorso è fondamentale.
Credere nella possibilità di cambiamento, credere e dare fiducia senza dimenticare il controllo e le regole. Siamo in un Paese dove esiste l’eccellenza di buone pratiche, industrie che offrono lavoro e accanto ad esse, 15.000 realtà associative. Si rimane sbalorditi dalla loro quantità e dalla qualità. Questo deve essere sicuramente un punto di partenza, ma per andare oltre.
Non c’è mai stata un’attenzione così alta nella nostra società e si può notare dai numerosi partecipanti a questo importante convegno, che tra i tanti obiettivi aggiunge quello di volere abbattere i pregiudizi che si annidano nel cuore umano, l’etichettatura, ma anche la povertà, che accomuna molti detenuti. Uno dei relatori ha parlato di un suo viaggio in Amazzonia, dove ha visitato un carcere molto desolante. Lì ha imparato a non giudicare chi è in carcere, poi ha pensato che prima di essere detenuti, erano stati bambini, quindi innocenti e si è chiesto quale potesse essere per quei detenuti la seconda possibilità e ha pensato al lavoro.
Ad aprire e fare poi da moderatore ha provveduto Giuseppe La Pietra, residente in provincia di Parma, uno dei 15 illustri componenti del Segretariato permanente del CNEL per l’inclusione economica, sociale e lavorativa delle persone private della libertà personale. Cito soltanto alcune delle personalità di spicco presenti all’evento di cui ho parlato.
È intervenuto il consigliere Emilio Minunzio, presidente del Segretariato permanente, che ha analizzato la complessa situazione del sistema carcerario italiano, ponendo l’attenzione sull’abbattimento della recidiva attraverso il potenziamento della piattaforma SIISL, già in uso presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Sono intervenuti Gabriele Buia, presidente dell’ordine parmense degli industriali, Silvio De Gregorio, provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria dell’Emilia Romagna, Maria Letizia Venturini, presidente del Tribunale di sorveglianza di Bologna, e Laura Torre, direttrice UDEPE di Reggio Emilia, Stefano Mendogni, vicepresidente dell’ordine dei commercialisti, Veronica Valente, garante cittadina per i diritti dei detenuti.
Ciascuno di loro ha contribuito a rendere questo appuntamento altamente formativo e stimolante, per la varietà e la ricchezza dei contenuti, ma soprattutto per il reale interesse verso le persone private della libertà. Per noi i detenuti sono persone che contano molto!
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