I tempi della politica

In epoca di visibilità, di digitale e di post-verità, i ritmi della cosa pubblica sembrano accelerare, mentre spesso in realtà rallentano
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump nella Sala Est della Casa Bianca a Washington, DC, USA, 8 aprile 2025. Foto: EPA/Al Drago / POOL

Stiamo tutti seguendo con una certa apprensione quel che sta succedendo nel nostro pianeta ormai transnazionale (e forse postnazionale nei fatti, meno nelle intenzioni) a proposito delle regole del commercio mondiale per via dei dazi minacciati, ritirati, rimodulati, riproposti da Trump e, al suo seguito, dai maggiori giocatori nella partita del commercio globale. Avvolti nell’infosfera che coglie ogni sospiro di noi umani, li seleziona e amplifica solo quelli che rispondono alla regola prima della convivenza civile del Terzo Millennio, cioè la visibilità, abbiamo bruciato in un mostruoso autodafé centinaia di miliardi di capitalizzazione (per poi recuperarne buona parte). Il fatto è che l’economia internazionale, a dispetto dell’altalena degli umori dei potenti, vuole stabilità, cosicché ogni minimo sommovimento degli equilibri diventa una tempesta. Non solo il clima meteorologico sta diventando tropicale, ma anche la nostra economia, e giocoforza anche la politica.

Sembrerebbe, quindi, che uno starnuto di Trump (o piuttosto una sua parolaccia) sconvolga la tradizione e metta in moto fibrillazioni accelerate: la guerra del Donbass sembrava finisse in qualche giorno, e così quella di Gaza; pareva che mezzo apparato statale statunitense sarebbe stato licenziato, ma non è stato così; sembrava, ancora, che i dazi calcolati in modo buffo e improprio dal presidente degli Stati Uniti avrebbero cambiato le regole del commercio internazionale, ma il tycoon ha fatto marcia indietro; sembrava poi che la Le Pen salisse al potere rapidamente in Francia, ma dopo tre presidenziali perse è ancora lì con la spada di Damocle della ineleggibilità sulla testa; sembrava pure che la liberazione della Siria da parte di una coalizione mista tra supporter turchi ed ex-membri del Daesh sotto lo sguardo benevolo di statunitensi ed europei, operazione capeggiata da al-Jalani, avrebbe posto fine a ogni dittatura in Siria, per giunta con una svolta tollerante e democratica dei fondamentalisti islamisti, e invece le ultime vendette nel centro del Paese hanno fatto tornare gli incubi del califfato dello Stato islamico… E si potrebbe continuare con gli esempi di accelerazione della storia, poi smentiti dai fatti.

Il fatto è che i mezzi di informazione sempre più centrati (e drogati) sulla diretta a ogni costo, e le reti social che ormai hanno preso il posto dei partiti nelle relazioni tra governanti e governati determinando il successo di coloro che sanno usarli meglio, hanno portato i governanti a spingere sull’acceleratore delle dichiarazioni sconvolgenti e ad effetto. I politici hanno un canale diretto coi cittadini nell’infosfera, quindi usano una comunicazione “calda”, ad effetto, mentre i popoli continuano ad avere una logica più “fredda”, gli apparati amministrativi non hanno perso la loro apatia, le economie non hanno abbandonato le regole del risparmio e dell’investimento a lungo termine, seppur facendo l’occhiolino alla politica.

E allora i tempi della politica non sono diventati così accelerati come vorrebbero farci credere: i dazi saranno oggetto di negoziati come d’altronde si era già cominciato a fare da un decennio a livello globale, per arrivare a una nuova Bretton Woods per le transazioni internazionali; le guerre verranno risolte solo se i nodi politici e militari verranno sciolti, e non solo se qualcuno penserà di essere diventato un demiurgo; i movimenti politico-religiosi radicali non si risolveranno con accordi del momento, ma se l’educazione scardinerà dalla mente dei piccoli umani l’idea della sopraffazione vincente; e così le tendenze assai identitarie di certi governi dell’est europeo ex sovietico si stempereranno solo quando certi effetti psico-sociali del socialismo reale saranno superati dal convincimento endogeno dei popoli…

E allora, non lasciamoci ingannare solo alle apparenze: il mondo nel suo insieme e i popoli nel loro particolare hanno loro logiche che si modificano solo a medio, lungo o lunghissimo termine.

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