Nuove alleanze commerciali in Asia e con la Ue, avanza il multilateralismo

Le conseguenze della decisione degli Stati Uniti d’America di imporre dei dazi reciproci, annunciata in pompa magna da Donald Trump, lo scorso 2 aprile, non si sono fatte attendere. Il primo effetto è stato il calo del dollaro, seguito da quello della borsa americana. Ma la conseguenza più grave, seppure meno percepita, è la crescente frammentazione economica in tutto il mondo.
Questo nuovo contesto commerciale pone problemi a chi esporta molto, come l’Unione europea (Ue), ma anche a Paesi come Cina, Giappone e Corea del Sud, tre potenze manifatturiere che dipendono fortemente dal commercio estero, che si avviano a stringere legami più stretti per preservare la stabilità economica dell’Asia e attutire l’impatto del nuovo unilateralismo americano. I tre paesi rappresentano il 20% della popolazione mondiale, il 24% dell’economia mondiale e il 19% del commercio mondiale.
Infatti, i tre paesi, la scorsa domenica, durante il 13° incontro dei ministri dell’economia e del commercio, il primo da cinque anni, che si è svolto domenica a Seul, in Corea del Sud, al quale hanno partecipato il sudcoreano Ahn Duk-geun, il giapponese Yoji Muto e il cinese Wang Wentao, hanno annunciato di avere deciso di accelerare i negoziati sul loro accordo di libero scambio trilaterale e di migliorare la cooperazione nella gestione della catena di fornitura e nei controlli delle esportazioni, nonché di approfondire la collaborazione nell’economia digitale e verde, migliorare la cooperazione locale e promuovere un ambiente più favorevole per le attività commerciali transfrontaliere.
Proprio Ahn Duk-geun ha affermato che i tre Paesi devono rispondere congiuntamente alle sfide globali, poiché «l’attuale contesto economico e commerciale è caratterizzato da una crescente frammentazione dell’economia globale» e, nel corso del vertice, «i tre paesi hanno scambiato opinioni sull’ambiente commerciale globale e […] hanno condiviso la loro comprensione della necessità di continuare la cooperazione economica e commerciale».
Nel quadro del cosiddetto Partenariato economico regionale globale, Cina, Giappone e Corea del Sud hanno già stabilito una serie di termini reciproci e impegni di accesso al mercato. Tale partenariato potrebbe essere la basa per ampliare la cooperazione al libero scambio anche nel commercio di beni e servizi, ma anche nell’allineamento reciproco delle rispettive politiche commerciali. Infatti, nonostante gli Stati Uniti si stiano adoperando da tempo per spingere Giappone e Corea del Sud a ridurre il rischio e al cosiddetto decoupling (separarsi, ndr) dalla Cina, ciò avverrà difficilmente, poiché le economie dei paesi del Nord-est asiatico hanno legami economici profondamente intrecciati.
Al contrario, le nuove politiche della Casa Bianca hanno accresciuto le preoccupazioni tra gli alleati asiatici di Washington, in particolare Giappone e Corea del Sud, spingendoli a rafforzare la cooperazione regionale e di migliorare quella con la Cina. Del resto, Cina e Giappone hanno visto il loro scambio commerciale bilaterale scendere dello 0,6 % su base annua a 324,07 miliardi di yuan (44,72 miliardi di $) nei primi due mesi del 2025, mentre il valore delle esportazioni e delle importazioni tra Cina e Corea del Sud è sceso dello 0,1% su base annua a 335,51 miliardi di yuan. Tra l’altro, il Giappone e la Corea del Sud sono interessati all’importazione di materie prime per semiconduttori dalla Cina, mentre la Cina è interessata ad acquistare chip da Giappone e Corea del Sud.
L’Europa, però, nondimeno resta alla finestra! Infatti, il 4 aprile, dopo molti incontri preparatori, si è tenuto a Samarcanda, in Uzbekistan, il primo vertice tra l’Ue e i Paesi dell’Asia centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan), con l’obiettivo di intensificare i rapporti politici e commerciali, promuovere programmi congiunti e progetti di cooperazione nei settori dell’innovazione, dell’energia verde, dell’estrazione mineraria, dell’agricoltura, dei trasporti, della logistica, della digitalizzazione e altro. L’accordo sarà perfezionato e tradotto per poi essere firmato, probabilmente, a giugno.
La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha osservato che la posizione strategica di quei paesi «può aprire rotte commerciali globali e flussi di investimento e che questi nuovi investimenti rafforzeranno la sovranità, le economie e creeranno nuove amicizie». Il partenariato rafforzato porterà a nuove opportunità in settori quali energia, turismo, commercio e trasporti, mentre ha annunciato un pacchetto di investimenti da 12 miliardi di €, che prevede il finanziamento di progetti nei settori dei trasporti (3 miliardi di€), materie prime essenziali (2,5 miliardi di€), acqua, energia e clima (6,4 miliardi di €), nonché connettività digitale, alcuni dei quali sono già stati approvati e stanziati dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo.
L’accesso all’energia pulita e alle cosiddette terre rare è fondamentale per l’Ue, che mira a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e ad aumentare la propria autonomia nei settori strategici. Infatti, a livello globale, quote considerevoli dell’estrazione, della lavorazione e del riciclaggio globali di alcune delle materie prime essenziali, come il litio, indispensabili per lo sviluppo di energia rinnovabile, articoli di uso quotidiano e sistemi di difesa, sono controllate dalla Cina, dalla quale l’Ue, questa sì, vuole fare decoupling. Invece, l’Asia centrale ospita grandi giacimenti di terre rare, tra cui il 38,6% del manganese a livello mondiale, il 30,07% di cromo, il 20% di piombo, il 12,6% di zinco e l’8,7% di titanio.
Il Presidente del Consiglio europeo, António Costa, che pure ha partecipato al vertice, ha osservato che «nel contesto internazionale odierno, l’importanza di un ordine multilaterale funzionante e basato su regole non può essere sopravvalutata», evidenziando che il vertice «incoraggia una cooperazione ancora maggiore tra l’Unione Europea e l’Asia Centrale nei forum multilaterali, rafforzando il nostro impegno comune per un mondo pacifico e un ordine globale prospero». Costa ha anche sottolineato le comuni sfide alla sicurezza, di fronte alle minacce del terrorismo, dell’estremismo violento e del traffico di droga. Egli ha osservato che, sebbene «la nostra relazione non abbia ancora raggiunto il suo pieno potenziale», vero è che «la nostra partnership è un viaggio, non una destinazione» e che «questo summit segna l’inizio di una nuova dimensione nelle nostre relazioni, e non sarà un evento isolato».
Infine, nella giornata dell’8 aprile, Ursula von der Leyen ha telefonato al Primo ministro cinese, Li Qiang, con il quale ha avuto un confronto «costruttivo e fatto il punto sulle questioni bilaterali e globali», con l’obiettivo di trovare con «urgenza soluzioni strutturali per riequilibrare le relazioni commerciali bilaterali e garantire un migliore accesso delle imprese, dei prodotti e dei servizi europei al mercato cinese». A quanto pare, la direzione è chiara per tutti: direzione Asia!