L’arte “misurata” di Andrea Solario

In mezzo a mostre ricorrenti e un po’ invasive su alcuni personaggi – da Munch a Caravaggio agli Impressionisti – è utile ricordare una rassegna su un artista un tempo esaltato ed oggi poco noto come il Solario (1470 circa – 1524), protagonista del momento più glorioso dell’arte milanese ai tempi del soggiorno di Leonardo alla corte degli Sforza.
Prestiti eccezionali per la rassegna che si svolge nello stupendo Museo Poldi Pezzoli. Come ad esempio, dal Louvre quella Madonna del cuscino verde che è forse il lavoro più popolare e prezioso del pittore.
Andrea appartiene ad una famiglia di scultori e architetti, suo fratello Cristoforo è uno scultore di valore, e il fascino di Leonardo su di lui, per quanto visibile, non lo uccide, ma lo lascia libero di dire una parola di bellezza che è solo sua. La sfumata umanità leonardesca in lui si muove con tatto e con misura, con un gusto per l’armonia che si rivela nell’accostamento dei colori dolci e forti, nella naturalezza dei sentimenti, nella visione di una natura pacificata e chiara.
La Madonna allatta il Bambino che si stringe i piedini con gioia, ed è gioia il sentimento di Maria, posta di tre quarti, che guarda con tenerezza il figlio steso sopra un cuscino verde caldo, all’interno di una natura semplicemente ordinata, serena, dove ogni cosa sta bene con l’altra. Nessun sentimentalismo, una”misura” di affetti e di luci che fanno respirare l’anima.
La Dama ignota ritratta a Milano (Museo del Castello Sforzesco), certo risente dell’impostazione leonardesca ed anche alla lunga fiamminga, ma non è la Gioconda. Appare davanti a noi con una freschezza timida, ben vestita alla moda e ben pettinata, vera gentildonna milanese, giovane, con un sorriso appena visibile, forse con una sottesa malinconia. Ma è tutto appena percepibile, perché Andrea non esagera mai, è delicato, attento e sincero, ma non pesante come appare pure nel Ritratto di giovane zazzeruto (Brera), dal gran berretto, che ci guarda: un volto ossuto, lunghi capelli, un fare sicuro, invaso dal lume. Cosa pensi, Andrea non lo mostra e forse non lo vuole mostrare: la discrezione tutta lombarda non glielo permette. Lui, semplicemente lo fa apparire, come farà con un Ecce Homo o una Testa del Battista, ma che finezza di disegno, di luce espansa e dolce, di sicurezza d’impianto. E di colore alto ma non acuto.
La delicata fermezza delle sue opere, l’alto equilibrio in cui avvolge i personaggi ci trasmette un’arte di impareggiabile bellezza, calma, accogliente, aristocratica. Ci rende tranquilli.
L’imponente Ritratto di Charles d’Amboise – se è suo come credo – si slarga nel volto ampio come l’abbigliamento, solenne ma non prepotente, indagato nel volto “vissuto” e circondato da un’aura che lo rende austero e dignitoso, sicuro e in fondo un poco malinconico. Una immagine di virilità rinascimentale perfetta, degna distare alla pari con altri meravigliosi ritratti lombardi come quel terribile Uomo misterioso di Altobello Meloni a Brescia, fiero e pauroso. Mentre, al contrario, Andrea è serenamente superiore. Così fanno gli artisti di una” serenissima armonia”. Un pittore da incontrare.
Andrea Solario e il Rinascimento tra Italia e Francia. Milano, Poldi Pezzoli. Fino al 30.6