Niger, Mali e Burkina abbandonano la Francofonia

«Il governo nigerino ha deciso sovranamente di ritirare il Niger dall’Organizzazione internazionale della Francofonia», ha affermato Laouali Labo, segretario generale del Ministero degli Esteri del Niger, in una lettera ai diplomatici del Paese. La stessa fonte ha anche invitato i responsabili delle missioni diplomatiche e consolari del Niger «a informare le rispettive giurisdizioni di accreditamento», senza tuttavia fornire le motivazioni di tale decisione.
Una decisione confermata dall’Oif: «Il Niger ha scritto alla Francia e la Francia ci ha informato di questa notifica», ha affermato Oria K. Vande Weghe, portavoce dell’organizzazione. L’Oif ha espresso il suo rammarico per questa decisione, ricordando il suo impegno a favore della cooperazione francofona.
L’organizzazione aveva ritenuto opportuno emanare direttive al Niger subito dopo il colpo di Stato militare contro il presidente Bazoum nel luglio 2023. Aveva chiesto il ritorno all’ordine costituzionale e il rilascio del capo di Stato deposto, che è ancora detenuto con la moglie nel palazzo presidenziale. Il 20 dicembre dello stesso anno, la Francofonia sospese il Niger da tutti i suoi organi. Quattro giorni dopo, le nuove autorità nigerine avevano annunciato la sospensione di ogni cooperazione tra il Niger e l’Oif.
Il Paese, che conta il 13% di cittadini francofoni, ovvero circa 3 milioni di abitanti, ritiene che questa organizzazione non corrisponda più ai suoi interessi strategici.
Ironia della sorte, l’Oif è stata creata nel 1970 proprio a Niamey, in Niger. Attualmente 91 Stati e governi ne sono membri. L’organizzazione ha la finalità istituzionale di promuovere la lingua francese, la diversità culturale e i diritti umani.
Da parte sua, il Mali ha annunciato martedì 18 marzo il suo ritiro dall’Oif, il giorno dopo l’annuncio dei suoi vicini e alleati Niger e Burkina Faso. Il Mali era stato sospeso dall’Oif nell’agosto 2020, dopo il colpo di Stato militare che aveva rovesciato il presidente Ibrahim Boubacar Keïta, che governava il Paese dal 2013, dopo anni di crisi politica, economica e di sicurezza.
«Il Mali non può continuare ad essere membro di un’organizzazione le cui azioni sono incompatibili con i principi costituzionali (…) fondati sulla sovranità dello Stato ‒ ha affermato il Ministero degli Affari Esteri in una lettera ‒. Di conseguenza (…) il governo ha deciso di ritirare il Mali dall’Organizzazione internazionale della Francofonia», prosegue la lettera indirizzata al Ministero degli Affari Esteri francese.
L’organizzazione aveva chiesto la liberazione del presidente Keïta, «così come l’istituzione, il più presto possibile, di un governo di transizione guidato da un’autorità civile». L’Oif aveva sospeso il Paese «mantenendo però le azioni di cooperazione a diretto beneficio delle popolazioni civili, nonché quelle che contribuiscono al ripristino della democrazia».
Niger, Burkina Faso e Mali si sono inoltre ritirati dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao), un’organizzazione che considerano subordinata alla Francia. La decisione, già annunciata nel gennaio 2024, è entrata in vigore lo scorso gennaio. Dopo gli infruttuosi tentativi di mediazione da parte della stessa Cedeao, alcuni Paesi membri vorrebbero ancora convincere i tre Paesi saheliani a tornare. Meno di una settimana fa, il presidente ghanese John Dramani Mahama ha visitato i tre Stati a questo scopo. Allo stesso tempo, gli alleati del Sahel colpiti dai mortali attacchi jihadisti, si sono avvicinati alla Russia sia diplomaticamente che militarmente. Dopo la partenza dei soldati francesi dal loro territorio, i tre Paesi saheliani, che hanno costituito la Confederazione degli Stati del Sahel (Esa), se la passano meglio di 10 anni fa nel contrastare i terroristi che flagellano i loro territori. I successi sono sbalorditivi, così come la riconquista di territori precedentemente controllati da bande armate. Gli amari fallimenti pronosticati loro dall’Occidente e da alcuni Paesi della Cedeao non si sono verificati. Ma oggi nessuno può sapere cosa ne sarà di questi tre Paesi che hanno deciso di isolarsi da tutti gli organismi in cui è implicata la Francia. La strada è ancora lunga e tortuosa, e l’influenza russa rischia di allargarsi.
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