106 femminicidi, 106 vite spezzate dal non amore
Un altro femminicidio. A Fano, un uomo ha strangolato la moglie e poi ha tentato il suicidio. La vittima aveva 66 anni mentre l’uomo 70, a dare l’allarme è stato uno dei figli della coppia. Mentre nell’aria riecheggiava forte il nome di Giulia Cecchettin, la ragazza ventiduenne veneta, per il cui femminicidio è stato arrestato l’ex Filippo Turetta.
E prima ancora un lungo elenco di 104 donne uccise da partner o ex. Sgomento, dolore, tristezza, sfiducia negli uomini, questi sono alcuni sentimenti che sento accanto a me e nei miei pazienti. Spesso ascoltare queste notizie fa risuonare esperienze simili, si riaprono ricordi traumatici dolorosi, nelle pareti del mio studio sono riemerse ferite vecchie e recenti, si lavora sulla paura, sul senso di colpa, si attraversa il dolore, si mettono confini psichici e si fortifica l’assertività delle donne. La violenza di genere è più diffusa di quanto quotidianamente immaginiamo e viene esercitata contro le donne con l’obiettivo di distruggerne la soggettività dal punto di vista psicologico, economico e sociale. Si parla poi di femmicidio quando avviene l’uccisione di una donna per mano di un uomo, una morte cruenta e perpetrata.
Ci sono alcuni segnali d’allarme, alcune caratteristiche osservate di frequente negli aggressori di cui bisogna fare attenzione, possono essere il presagio di altro. Sono uomini controllanti, temono la perdita della propria autorità e del proprio dominio; incapaci di concepire l’autonomia altrui, (vissuta come una minaccia di abbandono) creano per tale motivo uno stato di dipendenza; ricercano l’approvazione e hanno bisogno di un continuo rinforzo della propria autostima e reagiscono con rabbia in caso di critica; cercano rapporti fusionali con le donne e agiscono con violenza alla minaccia di perdita dell’oggetto d’amore (la donna). Se avete visto di recente il film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, di grande attualità e successo, questo è il profilo ritratto nel personaggio del fidanzato della figlia. Vedendo questi segnali, Delia sabota il fidanzamento della ragazza per proteggerla da un potenziale uomo violento, poiché lei stessa conosceva bene la violenza.
Alcuni fattori predisponenti che caratterizzano l’aggressore negli episodi di femminicidio sono: l’aver subìto violenze da bambino, l’aver assistito a violenze domestiche, l’abuso di alcol, una condizione di disparità di genere e un basso tasso di scolarizzazione.
L’omicidio delle donne per mano dei loro partner o ex-partner è un grave problema sociale. Lo psicologo e criminologo Raúl Aguilar Ruiz ha pubblicato uno studio che rivela quattro diversi profili psicologici del femminicida. I soggetti selezionati per questo studio sono uomini che soffrivano di un disturbo mentale al momento della perpetrazione del reato.
Siamo a pochissimi giorni dal 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999. Una data che ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare in quel giorno attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della non violenza contro le donne.
In questi giorni, dopo l’uccisione della giovane Giulia, il nostro Governo sta velocemente cercando di attivare nuove norme per rispondere a questo grave problema sociale. Inoltre, tante donne e molti uomini stanno muovendo battaglie di lotta e sensibilizzazione. Si parla di educazione sentimentale… basterà? Tutto serve, sono tutti tasselli di un puzzle, a mio avviso, dal punto di vista psicologico sia per gli uomini (aggressivi), che per le donne (per non stare in certe situazioni di dipendenza) occorre lavorare sull’identità, sull’abitare la propria casa psichica e costruire dei confini, sull’assertività, sull’autocompassione, sanando le ferite del non-amore.
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