Il dramma di Tracey Emin

Sex and Solitudine è la rassegna di Palazzo Strozzi sull’artista britannica. In cerca di pace
Tracey Emin foto Palazzo Strozzi

The End of the Day (2022), “La fine del giorno” è il titolo del ritratto – forse di sé stessa – che si anima nei tratti realistici che pure sfiorano l’astrazione nelle sale del palazzo, la cui misurata architettura fa balzare in avanti le opere della pittrice londinese. Un ritratto aggrovigliato, macchiato e zeppo di dolore. L’artista ha molto sofferto nel corpo e nell’anima e la sua voce ne porta le ferite, le esplora perché non si sono mai cicatrizzate: ce le getta addosso con una furia disperata. Sono spesso corpi confusi nelle pulsioni sessuali, sintetizzati in linee nervose, allusive, fredde come il grande neon che ci accoglie all’ingresso del palazzo.

Dove è l’anima di Tracey che a suo tempo, nel 1999, si è mostrata nuda mentre dipingeva in una stanza affastellata di colore, di disegni e oggetti? Si sente forse “perduta“ quest’artista il cui corpo ha molto sofferto ed anche molto cercato nell’amore e nel sesso. Resta il cercare di riempire una solitudine divorante che rappresenta l’essenza della sua arte così graficamente impetuosa, linearisticamente intrecciata e compulsiva. Confusa, all’apparenza, nel groviglio di un vortice descrittivo, eppure, gridante l’aspirazione ad una tranquillità interiore.

Questa artista esprime molto dell’Occidente odierno, la sua disperante follia, l’illusione dell’amore, del rapporto sereno con l’altro. Perciò i suoi lavori, che siamo quadri o piccole o grandi sculture di corpi femminili, gridano l’eccesso di una vita che si cerca, e non si trova.

Arte difficile, intrisa di paure, ma in cerca di spiragli di luce. Se questa luce verrà.

In un lavoro del 2023 You Should have Saved me “Avresti dovuto salvarmi”, un dipinto che riecheggia le litografie di Munch – un autore a cui, insieme a Schiele, è legata -, Tracey indaga l’intreccio tra solitudine e desiderio, rivolgendosi all’amato di un tempo, senza trovare una via d’uscita.

Il Crocifisso del 2022 – linee impazzite a trovare la sagoma del Morto -,  mostra piccoli bagliori bianchi. Non è la fede in un Cristo a cui non crede, ma l’attesa, forse, di un possibile spiraglio nella vita.

Passeggiare tra le opere gigantesche o minime di lei, non è un viaggio tranquillo, eppure non stanca, non deprime. Tracey dice quanto e quando abbia cercato l’amore, voluto e subito, esasperato.  Questa rassegna inquietante ci fa bene. La londinese che ha conosciuto così bene il dolore, ma anche il piacere, si rivela senza timori nell’intreccio di linee e di corpi. Forse sperando di uscire, quando sarà – come molti, oggi -dal dramma verso un attimo di pace.

Fino al 20.7 (catalogo Marsilio Arte)

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