Cosa è lo stato profondo?

Un concetto definito negli anni 20 in Turchia per indicare l’apparato composto da membri militari, dei servizi segreti e di altre agenzie governative che gestisce un potere reale e parallelo a quello istituzionale. Perché, senza cedere ai complottismi, è importante vigilare
EPA/YURI KOCHETKOV

Ci sono parole che descrivono lo spirto del tempo ed una di queste è “stato profondo”. A rilanciarla -perché si tratta di una parola che data almeno un secolo – è stato Donald Trump in una delle sue molteplici polemiche, già nello scorso mandato presidenziale.

Essendo il tema piuttosto controverso, si può attingere all’Intelligenza Artificiale (ChatGPT) per una “definizione neutra” che recita: «Il termine “stato profondo” (in inglese “deep state”) è utilizzato per descrivere un presunto gruppo di funzionari governativi, militari, o altri membri di istituzioni e poteri burocratici che esercitano un’influenza occulta, invisibile e indipendente sulle decisioni politiche, al di fuori del controllo diretto delle autorità elettive. Questi gruppi sono visti da alcuni come attori che, pur non essendo direttamente visibili nel processo politico pubblico, mantengono una notevole capacità di influire sulle politiche di un paese e sulle decisioni chiave, talvolta in modo contrario agli interessi dei governi democraticamente eletti».

Si tratta di un tipico concetto-contenitore, che può includere il funzionario pubblico che agisce per il proprio tornaconto ma anche organizzazioni criminali che infiltrano i loro affiliati, passando per lobby e gruppi di pressione di varia natura. Insomma, un’espressione che si presta facilmente a teorie del complotto, con una “Spectre” sempre incombente sull’immaginario collettivo.

“Stato profondo” è un termine utilizzato per la prima volta dal politico turco Bülent Ecevit per definire l’apparato di potere parallelo – composto da membri militari, dei servizi segreti e di altre agenzie governative – fondato dal padre della patria Mustafa Kemal Atatürk nel 1923.

In Turchia la definizione è resistita nel tempo, tanto che allo “Stato profondo” turco sono associate vicende come il colpo di stato militare del 1980 o le operazioni contro i separatisti curdi del PKK. Dal Bosforo il concetto si è poi diffuso in altri Paesi, fra cui gli Stati Uniti.

Uno degli studi più conosciuti è quello condotto da Mike Lofgren con il testo “The Deep State: The Fall of the Constitution and the Rise of a Shadow Government“(Lo stato profondo, la caduta della Costituzione e l’ascesa di un governo ombra) uscito nel 2016, giusto a ridosso del primo mandato Trump.

Da insider –  Lofgren è stato trent’anni a Capitol Hill- offre una riflessione frutto delle sue osservazioni sulle dinamiche di potere del governo a stelle e strisce. Circoscrive i gruppi di potere in una rete che comprende le forze armate, le agenzie di intelligence (come la CIA e la NSA), le grandi aziende e le lobby che influenzano le scelte politiche anche attraverso finanziamenti.

Secondo lo stesso Lofgren e altri studiosi lo “stato profondo” avrebbe le caratteristiche di un soggetto permanente, che persegue interessi propri di lungo periodo.  Altri considerano “stato profondo” una situazione temporanea, come il caso di finzione raccontato dalla recente serie televisiva “Zero-Day” con lo straordinario Robert De Niro.

Se di apparato si tratta, secondo lo studioso americano, si sarebbe sviluppato nella guerra fredda, ingrandito e reso sempre più autonomo dalla politica.

Ed è proprio su questa autonomia che il presidente Trump si è scagliato, ragione che spiega in parte l’incarico conferito ad Elon Musk per la riforma della pubblica amministrazione americana in un assetto meno costoso e soprattutto più obbediente alla politica. E questo ha qualcosa di paradossale, considerata la lobby che ha occupato il palazzo e la politica stessa!

Di “Stato profondo” si può parlare anche nel caso italiano della Loggia P2, definita dalla presidente della Commissione d’Inchiesta Tina Anselmi come una vera e propria «organizzazione criminale» ed «eversiva», e nella stessa misura di Musk, è quanto meno singolare che alcuni dei suoi membri più famosi non siano stati minimamente penalizzati dal consenso popolare, né politico nè mediatico.

Il concetto di “Stato profondo” – pur nella sua controversia – ha il merito di sollevare questioni rilevanti quali il confine fra dinamica di potere e cospirazione, e fra potere visibile e potere invisibile, tematiche che toccano tutte le organizzazioni.

Un tema che si collega anche al finanziamento della politica: ci si chiede mai chi finanzia i nostri rappresentanti? Se stanno facendo gli interessi degli elettori o dei finanziatori? Per capirlo basterebbe osservare i provvedimenti votati a livello locale, nazionale ed europeo, ma quanti cittadini lo fanno?

Indubbiamente, la mancanza di trasparenza e di discussione pubblica è l’elemento che in primis alimenta i rischi di “Stato profondo” o, diversamente detto, di “governo-ombra”. Per questo, non è un caso che i soggetti più colpiti siano i giornalisti seri, che entrano nel backstage dei governi democratici per guardare   e raccontare ciò che davvero succede.

È ancora una drammatica sfida della democrazia, sempre in bilico nella composizione degli interessi. Ma ognuno di noi può fare la propria parte, vigilando senza complottismi sull’esercizio del potere che conferiamo ai nostri rappresentanti e facendone tesoro come cittadino attivo, negli acquisti come nelle preferenze elettorali.

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