Attacchi di panico: riconoscerli, per imparare a gestirli

L’attacco di panico arriva in modo inaspettato e improvviso e può essere un’esperienza destabilizzante per chi la vive.
Ragazzo impaurito (Foto Pixabay)

Quando si parla di “panico” spesso siamo in un mondo che varia di intensità e durata, con diverse sfumature che vanno dalla paura all’ansia, fino al reale panico, oppure, al terrore catastrofico e all’evitamento fobico. Tanti paroloni difficili da differenziare: proviamo allora a delineare delle piccole diversità che ci possono aiutare a orientarci (per approfondire leggi anche gli articoli “Ma che ansia” e “Attento a non perdere te stesso“).

In un testo che ho pubblicato sul panico, ho rappresentato le sfumature della paura attraverso la metafora del termometro: si va da un 36, che rappresenta un piccolo timore, poi sale l’ansia fino ad arrivare a 40 di “febbre” che diventa panico. L’attacco di panico è caratterizzato da una rapidità che non lascia spazio a un’elaborazione simbolica. Cosa vuol dire? Che la reazione corporea emozionale è così forte e rapida che non si riesce a elaborare la causa, ma si affrontano solo gli effetti.

Dal vero attacco di panico non si può fuggire: è improvviso, di una durata molto limitata nel tempo, pochi minuti e raggiunge un’intensità molto alta. La persona percepisce l’attivazione fisiologica come estranea, non riconducibile a qualcosa di controllabile e porta con sé un senso di impotenza devastante.

C’è una sensazione di minaccia rispetto alla propria integrità psicofisica. Dal punto di vista psichico vi è un malessere generale, senso di annientamento, paura di morire, paura di perdere coscienza, paura di impazzire, di perdere il controllo o di provocare disastri.

Dal punto di vista psicosensoriale vi è ipersensibilità ai suoni, il pensiero accelera, disorientamento spaziale e temporale, e a volte c’è una sensazione anche di distaccamento dal proprio corpo. Il sistema neurovegetativo reagisce con sensazioni di caldo e di freddo, dolori, pressione toracica, sensazione di mancanza d’aria, costrizione alla gola, senso di vertigine, cefalea, tachicardia, tremori.

Non per forza si presentano tutti i sintomi, tuttavia, per essere un vero attacco di panico sicuramente bisogna stare in questo quadro sintomatologico. E cosa si fa dopo che si è scoperto questo? Ho visto molte persone andare prima in ospedale per un ipotetico attacco cardiaco e poi dallo psicologo. Oggi penso che con una buona psicoeducazione possiamo imparare a riconoscerlo, e a dargli risposta con un percorso adeguato che può essere di tipo psicoterapeutico e alle volte integrato anche con l’uso di farmaci quando necessari.

Tuttavia, se si risponde alle attacchi di panico solo a un livello farmacologico, non si andranno a risolvere i problemi alla base che gli hanno determinati, dunque, si rischia di cronicizzare il problema o di diventare dipendenti dai farmaci. Un approccio psicoterapico sicuramente sarà di lunga durata poiché in una prima fase prevede la gestione dei possibili attacchi e la diminuzione dell’ansia attraverso diversi strumenti che si possono adoperare. Per andare a risolvere più profondamente cosa ha generato questo tsunami emotivo, bisogna andare più a fondo nel rielaborare la propria storia e quelle che possono essere le “fratture” emotive che nel tempo hanno generato un aumento dello stress e un indebolimento delle risorse resilienti.

Più persone di quanto immaginiamo hanno avuto almeno un attacco di panico nella vita, per diventare un disturbo occorre che si presenti con una certa frequenza e con determinate caratteristiche. Chi ha avuto l’attacco di panico ne comprende bene le sfumature e impara a riconoscerlo. Esistono anche dei momenti in cui siamo particolarmente predisposti all’esordio, come  nelle fasi critiche di passaggio, o di separazione.

Alcuni colleghi hanno anche individuato dei protocolli che aiutano le persone a gestire l’attacco di panico. Nel tempo, gli attacchi possono determinare anche una depressione secondaria e problemi di evitamento di situazioni sociali o di particolari ambienti come: supermercati, ristoranti, metro, ecc… Affrontare il problema fin da subito può essere molto utile per contenerlo e non cronicizzarlo. L’attacco di panico nasconde una verità in sé che va scoperta, è un’onda anomala dentro che ci sta dicendo qualcosa. Facendo uno zoom più ampio sulla vita… potrebbe essere una grande rivoluzione!

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