I 10 rischi di una guerra lunga
Abituati alla rapidità della comunicazione digitale, che fa appassire rapidamente ogni nuovo evento, ci stupiamo che la guerra non sia ancora finita. Ma non è finita, e non sembra che possa finire nel giro di poche ore, anche se gli sforzi diplomatici vanno avanti, seppur affievoliti dal muro contro muro. Ma quali possono essere le conseguenze dell’enlisement, cioè della continuazione normalizzata della guerra? Una decina sembrano gli elementi da tenere sott’occhio.
Purtroppo, la prima conseguenza è di una banalità pura, eppure drammatica: ci saranno più morti e più feriti, più senzatetto e più profughi. Le cifre sono sottotraccia, la propaganda menzognera propria della guerra non permette di avere una mappa precisa delle vittime, ma che ormai si contano a migliaia tra i civili, a decine di migliaia tra i combattenti, a centinaia di migliaia tra i profughi.
Una seconda conseguenza della continuazione della guerra è che le infrastrutture dell’Ucraina, ma c’è da crederlo anche per la Russia, sono sotto stress: gli ospedali fanno fatica ad assorbire i nuovi ricoverati, gli approvvigionamenti in farmaci traballa, e anche le filiere energetiche e alimentari faticano a scaldare le case e a riempire gli scaffali dei supermercati.
Le truppe migliori sono state schierate, è ormai il tempo dei veterani e delle reclute (se non dei mercenari) che hanno però degli inconvenienti: viene immessa in battaglia gente meno addestrata, meno giovane, meno motivata. Il caso dei mercenari porta effetti diversi: se da una parte combattono come professionisti della guerra, hanno motivazioni molto meno forti di chi combatte per la patria (in Yemen, un esercito ipertecnologico come quello saudita non riesce ancora a vincere una “piccola guerra” perché il suo esercito è composto quasi esclusivamente da mercenari).
Quarto elemento, da non sottovalutare, è il morale della popolazione, indispensabile per sostenere una guerra: quando le bare dei soldati tornano a casa, i funerali si trasformano spesso e volentieri in manifestazioni pacifiste. È forse per questo che in Russia attualmente sono vietati i funerali dei soldati morti, che in realtà rimangono ora non lontani dai campi di battaglia.
La tentazione dell’arma risolutiva è poi una tentazione evidente se la guerra non la si riesce a vincere con gli armamenti tradizionali. I V2 tedeschi ne siano un ricordo terribile. Oggi le armi che potrebbero essere usate, oltre alle mille variazioni delle armi convenzionali, si chiamano armi chimiche e armi nucleari. Tentazioni a cui non si vorrebbe nemmeno pensare, ma il cui utilizzo purtroppo non è escluso.
Sesto, le relazioni diplomatiche sono sempre più difficili, i negoziatori si aggrappano ai cavilli pur di spuntare qualcosa. Se non si manifesterà una chiara supremazia sul terreno – i russi non sono ancora riusciti a conquistare né Mariupol, né Odessa, né tantomeno Kyiv − che cosa dovranno mettere in saccoccia per poter dire di aver vinto la guerra e quindi concedere il cessate il fuoco? La città sul Mare d’Azov? Quella sul Mar Nero? La capitale?
Sotto gli occhi di tutti è poi il deterioramento economico della situazione generale, sia in Ucraina, il che pare ovvio, ma anche in Russia, dove gli effetti delle sanzioni occidentali si fanno sentire, più in alcuni prodotti a cui ormai i russi si erano abituati da tempo che sull’essenziale per vivere. Ma gli economisti dicono che è facilissimo salire nella curva del benessere, e difficilissimo discenderla. Quindi anche la mancanza di mozzarella o di vino può essere un elemento di grande contestazione sociale.
Non va poi sottovalutato lo sfilacciamento, fino alla rottura, dei molteplici e variegati legami sociali, culturali e politici che una globalizzazione ormai assestata ovunque ha creato tra i popoli. Pensiamo solo alle collaborazioni nella ricerca, o agli scambi tra musei e tra enti culturali per capire quanto può essere pauperizzante una guerra che si prolunga all’infinito.
Nono, una guerra che non riesce a trovare la sua fine rischia di sollecitare l’entrata in guerra di altri attori, in questo caso qualche scheggia della Nato o dell’Unione europea, o dall’altra parte la Cina. Una guerra che si allarga diventa una nuova guerra.
Infine, decima complicazione possibile riguarda la cyberwar, la guerra digitale che già sta impazzando in tutto il pianeta. Gli attacchi hacker sono tali da poter tramortire un’amministrazione, una banca, persino un esercito. Con la non secondaria conseguenza di un aumento della “propaganda sporca”, basata su fake, su falsi sempre più intrecciati.
Vogliamo capirlo o no che nessun essere umano che non sia indottrinato ha il benché minimo interesse a proseguire una guerra idiota?