10 proposte contro lo smog

32 città hanno superato nel 2016 la soglia di polveri sottili consentita per legge. Come risolvere il problema? Ecco 10 proposte di Legambiente

Torino, Milano, Frosinone, Treviso, Venezia, Vicenza, Padova sono in testa alla classifica dei capoluoghi di provincia che hanno superato la soglia limite di polveri sottili nello scorso anno, secondo Legambiente (fonte dati Arpa). La legge prevede uno sforamento massimo di 35 giorni l’anno con concentrazioni superiori ai 50 microgrammi al metro cubo. Ma Torino si attesta su 86 giorni, Frosinone su 85, Milano e Venezia su 73, Vicenza su 71, Padova e Treviso su 68.

Il sindaco di turno emana una programmazione che non riesce a risolvere il problema perché servirebbero tempi più lunghi rispetto al mandato elettorale.

C’è bisogno quindi di un piano nazionale che aiuti i primi cittadini a sostenere misure strutturali e permanenti, con investimenti largamente al di sopra della portata dei Comuni, stretti dal patto di stabilità.

 

LE PROPOSTE DI LEGAMBIENTE

A tal proposito, Legambiente ha stilato un vademecum di 10 punti per avviare un serio programma contro lo smog delle città.

 

  1. Ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città per favorire sicuri spostamenti a piedi e in bicicletta 

Il primo punto riguarda la riorganizzazione dello spazio pubblico. Attualmente l’80% è destinato alla carreggiata e al parcheggio: bisogna ribaltare questo rapporto favorendo lo spazio pedonale, della relazione (con piazze, panchine e tavolini), del mercato e dello scambio, in cui far convivere tram e mezzi di locomozione diversi (dalle tavolette alle bici, quadricicli leggeri e city car). Inoltre è essenziale il limite di velocità massimo di 30 km/h: l’obiettivo finale è di estendere questo limite in tutti i centri abitati, con l’eccezione delle principali arterie di scorrimento.

Gli effetti si vedranno sulla riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico e benefici sulla sicurezza, riducendo notevolmente gli incidenti.

Pratiche già attuate: i quartieri senz’auto di Friburgo e Copenaghen, il Lungosenna di Parigi, che si trasforma tutte le estati in spiaggia. La zona 30 km/h di Torino (Mirafiori).

 

  1. Una rete che attraversa la città per spingere la ciclabilità

Le città in vetta alla graduatoria a causa dello smog sono quelle che non avrebbero problemi di spostamenti con le biciclette perché maggiormente pianeggianti. L’esperienza delle città europee dimostra che si può arrivare ad avere numeri significativi di spostamenti ciclabili se si passa da una visione di piste ciclabili ad una di “rete” che attraversa, nelle diverse direttrici, la città.

L’obiettivo finale è di arrivare a una rete diffusa in tutte le aree urbane che renda sicuri e competitivi, rispetto all’auto privata, gli spostamenti in bici.

Per quanto riguarda le risorse economiche serve un’azione da parte del Governo che co-finanzi insieme a Comuni e Regioni questi interventi.

Pratiche già attuate: Reggio Emilia nel 2015 registra il valore più alto dell’indice (41,1 metri equivalenti/100 abitanti) grazie a una rete complessiva di piste ciclabili che si estende per 235 km (completata da 115 km di zone 30, dati Ecosistema Urbano 2016).

 

  1. Una mobilità a “emissioni zero”

Al di sotto dei 100 km al giorno è possibile muoversi ad emissioni (quasi) zero: non solo a piedi o in bici, ma anche con la trazione elettrica (e-bike, moto, auto, bus), almeno per il 90% degli spostamenti quotidiani degli italiani.

Lo Stato dovrebbe incentivare e agevolare imprese nell’uso delle tecnologie a zero emissioni. Le città devono prevedere incentivi diretti e indiretti verso queste tecnologie, e anche nella gestione dell’emergenza smog.

Pratiche già attuate: Amburgo ha già ridotto le sue emissioni non industriali del 40% rispetto al 1990.

 

  1. Bus più rapidi, affidabili ed efficienti

Le corsie preferenziali sono importantissime per l’aumento della velocità del trasporto pubblico. Per realizzare questo obiettivo i Comuni devono definire la rete e realizzare ogni anno un’estensione della stessa per completare gli obiettivi entro 5 anni. Per capire l’importanza della sfida vale la pena citare il dato (fonte Legambiente, Ecosistema Urbano) di Roma: oggi la città ha solo 112 km di percorsi di bus in sede dedicata/protetta su un totale di 3636 (appena il 5%).

 

  1. Potenziamento trasporto pubblico: 1000 treni pendolari, metropolitane, tram e 10 mila bus elettrici o a bio-metano

Lo smog viene causato anche dagli autobus obsoleti e inquinanti. Occorre potenziare il trasporto pubblico e intervenire con un ricambio del parco pubblico circolante, per diminuire l’utilizzo dell’auto e ridurre gli impatti rispetto al parco esistente.

Governo e parlamento devono stanziare le risorse attraverso una programmazione pluriennale per treni, metro, tram, autobus in un fondo che coinvolga le regioni e i comuni.
Pratiche già attuate: per la metrotranvia di Firenze nel 2015, a 5 anni dalla sua attivazione, i viaggiatori avevano superato i 13 milioni annui (contro le stime che parlavano di circa 10 milioni). Si tratta di 3 milioni in più di cittadini che ogni anno lasciano a casa l’auto (200 mila l’anno).

 

  1. Fuori i diesel e i veicoli più inquinanti dalle città

Fissare standard ambientali nazionali sempre più alti per l’utilizzo dei veicoli privati circolanti nelle città. Limitazioni analoghe devono essere previste anche per i veicoli e i macchinari utilizzati nei cantieri all’interno delle aree urbane e ai veicoli commerciali destinati al trasporto e alla movimentazione delle merci in città.

Per far questo il sindaco, il presidente della regione, il ministro della Sanità hanno poteri di intervento per la salvaguardia della salute pubblica: il sindaco delibera le misure contingenti, la regione coordina e definisce il piano di risanamento dell’aria, il governo deve concedere poteri e possibilità di spesa per i controlli e le misure compensative dei comuni.
Pratiche già attuate: Parigi (che vieta la circolazione sino agli euro 2) ha già anticipato entro quest’anno il divieto alla circolazione Euro 3 e prevede un crescendo sino a vietare nel 2020 la circolazione dei veicoli diesel euro 5 (quelli venduti sino ad oggi).

 

  1. Solo uno spostamento su tre in macchina entro 5 anni

Tutte le città con più di 50 mila abitanti e i comuni capoluogo devono promuovere gli spostamenti senza auto (mezzi pubblici, bicicletta, personal movers elettrici leggeri, sharing mobility, car pooling e soprattutto a piedi che fa bene l’attività motoria), con l’obiettivo di limitare la circolazione dei mezzi privati a motore non più di un terzo dei chilometri percorsi in città. Il governo deve intervenire con linee guida rivolte ai piani comunali, prevedendo obiettivi, premiabilità e disincentivi, e imponendo alle regioni nuovi Piani risanamento dell’aria e di trasporto.

Pratiche già attuate: sempre città europee come Amsterdam, Amburgo, Copenhagen, Madrid

 

  1. Road pricing e ticket pricing

Per limitare l’ingresso nei centri abitati di veicoli inquinanti e per favorire la mobilità dolce e l’uso di veicoli più efficienti e a zero emissioni, bisogna istituire zone a pedaggio urbano (sul modello dell’Area C milanese) e implementare una differente politica tariffaria sulla sosta. I ricavi ottenuti devono essere interamente vincolati all’efficientamento del trasporto pubblico locale e di forme sostenibili di mobilità.

 

  1. Riqualificazione degli edifici pubblici e privati

Ricordiamo che a inquinare l’aria non sono solo i mezzi di trasporto: la dispersione degli edifici è fonte di inquinamento dei nostri agglomerati urbani. Bisogna avviare un piano di riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico e privato ad energia “quasi zero”, con l’obiettivo di riqualificare in 30 anni tutti gli edifici pubblici e privati, ovvero il 3% all’anno. Per fare questo si stimano oltre 400 mila interventi all’anno tra ristrutturazioni radicali e ricostruzioni (così si incentiva anche il lavoro edilizio).

A tal proposito ci sono già obblighi normativi nazionali: come previsto dalla legge n. 63/2013 (che recepisce la direttiva UE 31/2010) è obbligatorio, dal 2021, per tutti gli edifici, garantire almeno il 50% del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili. Per gli edifici pubblici l’obbligo sarà incrementato del 10% e tale scadenza è anticipata al 31 dicembre 2018.  Le conoscenze e le capacità tecnologiche ci sono, così come gli strumenti (detrazioni fiscali e agevolazioni per l’efficienza energetica) per l’uso di tecnologie a zero emissioni già vigenti.

 

  1. Riscaldarsi senza inquinare

Vietare l’uso di combustibili fossili, con esclusione del metano, nel riscaldamento degli edifici e incentivare, a partire dalle aree urbane, l’utilizzo delle moderne tecnologie che migliorano l’efficienza e riducono le emissioni (come le pompe di calore – che possono svolgere una funzione sia di riscaldamento che di raffrescamento o le stufe automatiche e più efficienti a pellet o cippato che hanno un fattore di emissione di polveri di oltre 10 volte minore rispetto ai caminetti a legna tradizionali).

Far rispettare l’obbligo di applicazione della contabilizzazione di calore nei condomini per ridurre i consumi. Attuare in maniera concreta e sistematica i controlli sulle caldaie (come previsto dalla legge) e sulle emissioni prevedendo un sistema sanzionatorio efficace.

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