“La porta stretta”, un libro per dire l’Italia

Gli ultimi cinque anni della storia del Paese nella riflessione del presidente della Cei, Angelo Bagnasco. Il libro, presentato all’Auditorium Conciliazione di Roma,raccoglie le sue prolusioni alle assemblee dei vescovi italiani dal 2007 al 2012.«Apprendere le verità della vita scansando illusioni ammalianti e voraci»
IL cardianl Bertone e il cardinal Bagnasco

Voci autorevoli alla presentazione del libro La porta stretta (Cantagalli, 2013) del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei. Voci ben differenziate.

Quella di Joseph H.H. Weiler, della New York University School of Law, fa da spartiacque. Il professore, ebreo americano «ma non praticante» come si definisce, riassume in cinque punti quanto «ho imparato dalla lettura del libro»: il valore politico della religione cristiana quale voce che va ascoltata perché parte integrante della civiltà occidentale; la crisi presente che non è solo crisi economica ma esistenziale e spirituale; il ruolo del cristiano nell’ambito politico che si appella all’argomentazione e alla ragionevolezza e non alla fede; e infine che nell’attuale crisi sociale emerge il meglio della Chiesa in quanto a saggezza, finezza di analisi, profondità e che la categoria della santità supera la moralità ed è caratterizzante l’uomo religioso.

E’ seguito l’intervento, centrale, del segretario dello Stato vaticano, Tarcisio Bertone. Riferendosi all’impegno del cardinale Bagnasco ha affermato che «a differenza del teologo, che può in un certo senso scegliere con maggiore libertà gli ambiti della sua ricerca, il Pastore non può astrarsi dai problemi che suscita la cronaca ed è vincolato dal suo essere immerso e partecipe delle gioie e dei dolori della comunità che presiede».

La Chiesa presenza responsabile. «Si può con piacere rilevare”, afferma ancora il cardinale, che tra il portone spalancato della distrazione e della latitanza, volto a raccogliere il plauso di chi si attende dai pastori della Chiesa poco più di una rituale benedizione che anestetizzi le coscienze, e la porta dell'ingerenza miope, che mira ad acquisire qualche vantaggio immediato, cercando di vincere tante piccole battaglie di Pirro, c'è la porta stretta di una responsabile presenza nella società e nella cultura italiana». Bertone poi precisa le caratteristiche di questa presenza: «stimolo e proposta alta, quale terreno fertile di confronto e di dialogo rispettoso, senza sconti facili e senza zone franche dal giudizio e dal discernimento».

Un aula ed un maestro da ascoltare.  «C’è un serio bisogno di un gigantesco  ripensamento culturale collettivo”, ha continuato il cardinale Bertone riferendosi al delicato momento che sta vivendo l’Italia. E citando la prolusione di Bagnasco del 21 maggio scorso ha detto:«Auspichiamo che il nostro Paese diventi come una grande aula dove tutti ci facciamo alunni attenti per apprendere le mai concluse lezioni della vita; per tornare alle verità perenni che hanno forgiato la saggezza dei singoli e dei popoli. Verità che non di rado sono state oscurate da illusioni ammalianti e voraci. Il maestro, in questa ideale aula, è la vita stessa che si declina nelle vicende della storia di ieri e di oggi». Le esperienza della quotidianità non bastano senza «un altro Maestro, Cristo, la Verità piena che raccoglie in sé tutto ciò che di vero, buono e bello vi è in questo straordinario universo”.“In questa aula a cielo aperto, ci sembra di sentire una prima lezione sull’uomo, proprio su di noi, su chi siamo e dove stiamo andando».  Serio poi è stato l’appello a ricostruire con urgenza « la cultura dei legami e a favorire una cultura del dono nel segno della gratuità».

Il voto per migliorare la società. Concludendo il suo intervento, il segretario di Stato ha affermato che «la forma più concreta per cambiare o migliorare la società è la partecipazione al voto col quale esprimere il proprio discernimento»,  che confermi l’affidabilità dei programmi e delle persone che li sostengono. «Questa partecipazione resta in definitiva per tutti il segno concreto dell’assunzione di un impegno, senza disertare dalle proprie responsabilità».

Discernimento collegialeoltre che personale, ma anche parlare profetico. Su queste dimensioni riflette il teologo Piero Coda, preside dell’Istituto universitario Sophia, nell’introduzione a La porta stretta. «Il discernimento, per essere autenticamente evangelico, ha da esercitarsi collegialmente e ha da essere intriso di quella Sapienza che è dono dello Spirito». Un compito impegnativo «che non s’improvvisa», ma che, come auspicato da Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte, «chiede una formazione e una spiritualità specificamente comunitaria, capace di mettere in rapporto ed equilibrio l’ascolto della voce di Dio, nella coscienza personale, con l’ascolto di quanto lo Spirito dice oggi alla Chiesa nella risonanza molteplice e reciprocamente condivisa delle voci che risuonano nel concerto del Popolo di Dio».

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