Il Nobel per la chimica al mio amico Karplus
«Il Nobel ad un 83enne non è per un periodo di particolare fecondità, è il premio per la maratona di una vita sempre nell’eccellenza scientifica e oltre. Lavorare con lui fu particolarmente bello; lavorammo alla teoria quantistica del legame chimico secondo l’approccio Valence Bond, lungo l’alveo tracciato da Pauling e sviluppato ad Harvard e a Milano»
È entusiasta il professor Mario Raimondi, già docente di chimica fisica all’università di Milano, per il Nobel al suo amico e collega Martin Karplus. Con lui aveva incominciato acollaborare all’Università di Harvard nel 1970, collaborazione che è continuata nella stesura di articoli scientifici. E poi ancora, in periodi diversi, all’Università di Parigi.
Nella sua casa affacciata sul Lago di Como, il professor Raimondi racconta volentieri del suo periodo negli Stati Uniti, della collaborazione e dell’amicizia nata con Karplus. «Il rapporto stabilitosi con lui sin dai tempi del mio post dottorato ad Harvard e della successiva collaborazione presso il laboratorio Cecam (Centre Europenne de Calcul Atomique et Molecolaire) del Cnrs a Parigi mi aveva spinto ad imbarcarmi nell’apprezzamento confidenziale… così, nel viaggio di ritorno in macchina da Villa Olmo a Milano mi avventurai nel tentativo di giustificare il tardare del riconoscimento al suo lavoro scientifico. Cercai di dirgli che lui usciva dal solito cliché del Nobel, legato ad una scoperta. Era una eccellenza difficile da recepire; neanche la sua famosissima “formula di Karplus”, nell’ambito della risonanza magnetica nucleare, presentata in tutti i libri di testo, era bastante. Neanche l’idea innovativa di impiegare le traiettorie calcolate con la meccanica classica utilizzando una energia potenziale ottenuta dalla meccanica quantistica, mediante metodi teorici sofisticati, cosiddetti “ab initio”, era sufficiente a fargli ottenere un premio meritato».
Karplus e Raimondi lavorarono insieme per arrivare a simulare le reazioni chimiche; con la sua capacità di passare poi ad aggredire problemi enormemente più complessi quali la previsione teorica della conformazione delle proteine.
Professor Raimondi, ma chi è Karplus? «La sua grandezza – risponde –, la descriverei così: passione per la descrizione scientifica rigorosa della realtà, dalla complessità della biologia, alla conformazione delle proteine, fino alle reazioni enzimatiche. Ma tutto sempre sulla base del calcolo, di una descrizione matematica verificabile e ripetibile, che ha poggiato sempre su una rigorosa descrizione chimico fisica molecolare. Per questo occorreva eccellenza a tutti i livelli. Karplus ha saputo andare oltre la descrizione del dettaglio microscopico delle molecole, con la “creatività” di affrontare la complessità della biologia. Ad Harvard avevo incontrato anche Arieh Warshel (anch’egli premiato col Nobel per la chimica di quest’anno). Sono veramente contento per Karplus».