Il pilota bolognese passato dalla Formula 1 al ciclismo ha conquistato l'argento ai mondiali danesi per l'handbike. La sua disabilità non vince sulla voglia di competere
Può un fenomeno dell’automobilismo trasformarsi in un campione di ciclismo? Alex Zanardi non ha dubbi: si può. Una prova? L’argento mondiale appena conquistato dal pilota bolognese (perché, meglio ricordarlo, Zanardi non ha mai abbandonato l’amore per le quattro ruote) ai Mondiali di Roskilde, in Danimarca. Ciclismo, specialità handbike, ovvero quel particolare tipo di bicicletta che si muove grazie alla forza delle braccia. E di forza Alex ne ha, eccome.
Forza fisica e, soprattutto, forza di volontà. Quella che ha permesso a Zanardi di rialzarsi dopo un incidente che gli ha portato via entrambe le gambe. Rialzarsi, è proprio il caso di dirlo. Perché anche senza gambe, il pilota bolognese è rimasto un tipo attivo, positivo, propositivo. In fondo, Alex è fatto così. Sorridente, schietto, loquace… un “compagnone”, potremmo dire. Bolognese di Castel Maggiore, racchiude in sé tutta la genuinità della sua terra. E la voglia di fare, di competere, di lottare. Attitudini delle quali non ha mai fatto difetto, in pista come in strada.
Dalla Formula 1 alla Formula Cart, campionato che lo ha visto trionfare per due anni di fila, conquistando l’affetto e la stima del popolo americano. Poi il ritorno, poco fortunato, in Formula 1, e la nuova avventura a stelle e strisce. Che si conclude il 15 settembre 2001 sul circuito tedesco del Lausitzring (tappa oltre confine del campionato automobilistico più amato dagli americani). A tredici giri dal termine Zanardi è tranquillo al comando della corsa, rientra dai box e, improvvisamente, perde il controllo della macchina (forse per via di una macchia d’olio). La monoposto va in testacoda e si posiziona al centro della pista proprio mentre, a tutta velocità, sta sopraggiungendo Alex Tagliani. Un cognome drammaticamente profetico. Il terribile impatto, un’estrema unzione un po’ frettolosa, il coma, il risveglio. Il buio, come lo definisce Zanardi, e la ripresa.
Fenomenale, come lui. Capace di scherzare sulla propria disabilità dicendo che, se si dovesse rompere di nuovo le gambe, questa volta basterebbe soltanto una chiave a brugola per rimetterlo in piedi, e che ora non rischia più di buscarsi un raffreddore camminando scalzo.
Un personaggio, Alex, amato in Italia, in Europa e anche (o soprattutto) negli Stati Uniti, tanto da guadagnarsi l’invito come ospite al celebre David Letterman Show. Uno che non si è mai accontentato di tornare a camminare: gli ultimi tredici giri della gara del Lausitzring, ad esempio, li ha corsi un anno e mezzo dopo. Una passerella? Niente affatto, perché il suo giro migliore gli sarebbe valso la quinta posizione sulla griglia di partenza dell’imminente gara. E poi il ritorno alle corse automobilistiche, l’approccio con l’handbike, le prime competizioni, le maratone e l’argento iridato a cronometro. Può un fenomeno dell’automobilismo trasformarsi in un campione di ciclismo? Certo che può. E diventare campione olimpico, magari l’estate prossima a Londra? Glielo auguriamo