Vince il no ma serve comunque una riforma

Dopo il referendum per le modifiche alla Costituzione, nessun diluvio universale. Ma l’impegno a rendere governabile il Paese. Per Renzi una battaglia persa, forse non ancora la guerra. Per i tanti vincitori della battaglia, la necessità di cercar di vincere la guerra
referendum costituzionale

Abbiamo votato e abbiamo scelto. Il Paese non si è riconosciuto nella riforma della Costituzione voluta da Renzi e dai suoi compagni di viaggio. Non sono state elezioni politiche ma un referendum “ad alto tasso politico”. Ci si permettano alcune considerazioni a caldo, tra le tante possibili, dopo la chiara sconfitta dei sì (appena sopra il 40 per cento) e la vittoria dei no (appena sotto il 60 per cento). In attesa dei commenti dei nostri lettori che cercheremo di pubblicare nel miglior modo possibile.

 

 

Innanzitutto deve essere chiaro che i risultati “politici” del referendum non si conoscono ancora, perché saranno noti solo dopo le prossime elezioni politiche, nella primavera del 2017 o in quella del 2018, dipenderà dalle scelte del presidente della Repubblica. Grillo vincerà? Il Pd si dividerà? Berlusconi che farà? La morsa Salvini-Grillo stritolerà il centro? Chissà chi lo sa.

 

 

Il risultato è in ogni caso una grave sconfitta politico-morale per Renzi, che mirava al plebiscito, ma non credo possa essere considerata già una sconfitta politico-numerica, nel senso che coloro che hanno votato sì probabilmente voterebbero in massima parte Renzi alle politiche, guarda caso nove decimali sopra quella soglia del 40 per cento che l’Italicum prevede per il premio di maggioranza. Renzi ha voluto personalizzare al massimo lo scontro, ed è stato sconfitto pesantemente, ma ha comunque saputo raggruppare attorno a sé più del 40 per cento degli elettori. Renzi saprà trasformare tale bacino di potenziali voti a suo favore in reali schede per il Pd alle politiche?

 

 

La sinistra Pd esulta, ma a breve s’arriverà al redde rationem e forse alla consumazione di uno scisma che però, probabilmente, la porterebbe alla marginalizzazione. In ogni caso il Pd resta maggioranza, fino a prova contraria, e dovrà responsabilmente gestire la situazione creatasi.

 

 

Il fronte del no è eterogeneo e non può quindi essere considerato una potenziale maggioranza politica. Raggruppava difensori convinti della Costituzione, gente con ambizioni governative, scontenti per le riforme della scuola e del jobs act, oppositori “a priori”… Le prime reazioni dei leader di destra e sinistra dimostrano come la situazione sul fronte vincitore sia varia e mutevole: c’è chi invoca le elezioni subito e chi invece vuole una legge elettorale proporzionale, come al solito. Vedremo.

 

 

Sergio Mattarella ha apparentemente più di un’opzione in mano. Potrebbe costituire un governo politico oppure tecnico con il compito di portare all’approvazione della legge elettorale e a rassicurare i mercati con una legge di stabilità adeguata. Oppure potrebbe indire subito elezioni anticipate. O, ancora, chiedere a Renzi di portare a termine la legislatura. O, perché no, cercare di portare avanti il progetto di una nuova “assemblea costituente” per cambiare la Costituzione. Ma tutto, o quasi, dipenderà dalle decisioni dalla prossima direzione del Pd.

 

 

Il vulnus di Renzi, secondo tanti osservatori, è stato il suo “solipsismo”, cioè il desiderio di mettersi contro tutti e apparire il salvatore della Patria. Ma non da oggi è finito il tempo degli “unti del Signore”, l’abbiamo già scritto e lo ripeteremo, non solo a proposito del premier tra poche ore dimissionario. È il tempo della concordia e della condivisione, nelle nostre società complesse che hanno bisogno di risposte complesse. Questa tendenza poco adatta ai tempi odierni dell’uomo solo al comando è emersa sin dall’inizio del governo Renzi, quando s’accese la spia dell’ingratitudine e della mancanza di fair play con i suoi stessi compagni di partito: i predecessori Letta, e anche Prodi, non andavano trattati con tanta spocchia e superiorità come è stato invece fatto da Matteo Renzi. La politica è anche una questione di stile e di capacità di attirare alleati.

 

 

Infine, dopo il tempo della scelta da quiz, ora è il tempo della concretezza. Il tempo dei progetti, dei percorsi, dei processi virtuosi. Il tempo di prendere sul serio le gravi fratture sociali che si sono create nel Paese. Il tempo di una riforma veramente condivisa, perché il nostro sistema politico è gravemente malato. Il Paese non può essere governato dai pur necessari no, deve essere guidato da una virtuosa serie di sì.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons