Verso un noi sempre più grande
«A tutti gli uomini e le donne del mondo va il mio appello a camminare insieme verso un noi sempre più grande, a ricomporre la famiglia umana, per costruire assieme il nostro futuro di giustizia e di pace, assicurando che nessuno rimanga escluso». È l’appello di papa Francesco nel Messaggio per la 107ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, presentato in Vaticano. «Il futuro delle nostre società è un futuro “a colori”, arricchito dalla diversità e dalle relazioni interculturali. Per questo dobbiamo imparare oggi a vivere insieme, in armonia e pace».
Il buon samaritano è l’icona cui fare riferimento, colui che ha superato il divario tra noi e loro che, quando si avvicina all’uomo ferito che incontra lungo la strada, ha tutto da perdere e niente da guadagnare, ha sottolineato il card. Czerny, S.I., Sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale nel corso della conferenza stampa. Per sopravvivere, specialmente in questo tempo di pandemia, occorre abbandonare l’egoismo per prendersi cura degli altri. «Cosa succede quando i sopravvissuti in una scialuppa di salvataggio devono tutti aiutare a remare a riva?», ha chiesto il cardinale. «E se alcuni prendono più della loro parte delle razioni, lasciando altri troppo deboli per remare? Il rischio è che tutti periranno, i ben nutriti e gli affamati allo stesso modo».
Per costruire un mondo sempre più inclusivo, papa Francesco nel Messaggio traccia un percorso in sei tappe: la dimensione del noi, che deve aspirare ad essere grande come l’umanità; un’applicazione del noi alla chiesa, chiamata ad essere un’unica famiglia; la «chiesa in uscita», invitata a «curare chi è ferito e cercare chi è smarrito» e «pronta ad allargare la sua tenda per accogliere tutti»; il futuro delle nostre società, per la cui edificazione «dobbiamo impegnarci tutti per abbattere i muri che ci separano e costruire ponti che favoriscano la cultura dell’incontro, consapevoli dell’intima interconnessione che esiste tra noi»; la cura della Casa comune; un invito a sognare insieme, come un’unica umanità, come compagni di viaggio, come sorelle e fratelli.
«Il tempo presente, però, ci mostra che il noi voluto da Dio è rotto e frammentato, ferito e sfigurato», avverte il papa. «In ambito economico non è difficile scorgere questo noi sfigurato, e la pandemia lo ha reso più evidente», ha commentato sr Alessandra Smerilli, Sottosegretaria del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Se la logica prevalente sarà «cosa è meglio per me» e non «per noi», non sarà possibile sanare l’economia. Tuttavia, ricorda, ci sono segni di speranza come l’istituzione della commissione Covid che si propone come priorità cibo, lavoro e salute per tutti e lo fa ascoltando chi non ha voce, mettendo insieme chi ha idee nuove. Nell’Ecomomy of Francis più di 2000 giovani economisti di tutto il mondo lavorano insieme e fanno progetti di trasformazione dell’economia, «vogliono riportare al centro dell’economia quella scena della vita di San Francesco, e cioè l’abbraccio con il lebbroso, che i ricchi di Assisi non hanno voluto pagare per la realizzazione, tra gli affreschi della basilica: non si voleva far sapere che ad Assisi ci fossero i lebbrosi», racconta sr Alessandra. Troppo spesso gli scartati escono dal racconto della storia, invece devono essere al centro, con un noi che abbia il sapore del Vangelo. In un mondo interconnesso siamo tutti sulla stessa barca. Anche oggi, per fare fronte alla pandemia, se i vaccini non arrivano a tutto il mondo, non ci salveremo.
È tempo di unire le forze. «In modi piccoli e concreti, possiamo tutti partecipare a questo progetto condiviso per ricomporre una famiglia umana comune. Perché ci sono tesori da trovare quando ci sforziamo insieme di abbattere i muri che ci dividono», ha detto poi Sarah Teather, Direttrice Jesuit Refugee Service UK. «Il sogno di una famiglia umana è un sogno che vale la pena realizzare».