Vaccini per tutti
«Sarebbe triste se nel fornire il vaccino si desse la priorità ai più ricchi, o se questo vaccino diventasse proprietà di questa o quella Nazione, e non fosse per tutti». Più volte, durante i suoi discorsi, papa Francesco è tornato a chiedere un vaccino per tutti che possa essere distribuito e prodotto da ogni Paese al di fuori della logica della massimizzazione del profitto. Ad un male globale occorre rispondere con un bene comune globale.
In questi giorni di vaccinazione, che in Italia porterà presto all’immunità di gregge, stride ancora di più la diseguaglianza di accesso ai vaccini per i Paesi con meno opportunità. Accanto alla marginalità economica, sociale, ne esiste anche una sanitaria. Mentre in Europa si parla di 10 miliardi di dosi entro il 2021, in Gran Bretagna si annuncia il “primo studio al mondo” sugli effetti di una terza dose del vaccino per il Covid-19, in Italia si contano già 28 milioni di vaccinati, nella Repubblica Centroafricana si parla di solo 677 mila vaccinati.
In un mondo globalizzato, interconnesso, in cui nessuno si salva da solo è stata presentata oggi in una conferenza stampa online l’iniziativa Vaccine for all che promuove una campagna di sensibilizzazione per garantire l’accesso per tutti ai vaccini contro il Covid-19 e il lancio di un’azione per portare le cure alle popolazioni che vivono lungo le rive del Rio delle Amazzoni in Brasile.
Organizzato da più di 30 tra associazioni e movimenti tra cui i Focolari, la Comunità di Sant’Egidio, Economy of Francesco, Ucoii, Retinopera, «l’azione – spiega Mario Bruno, presidente Movimento politico per l’unità internazionale – intende stimolare i governi a praticare l’internazionalismo dei vaccini, che è l’esatto opposto del nazionalismo chiuso che non potrà mai sconfiggere il virus. L’iniziativa vuole far crescere una sensibilità popolare che agisca da spinta propulsiva verso i governi che proprio il 21 maggio a Roma, nell’ambito del G20, si riuniranno per un vertice mondiale sulla salute. Urge, infatti, la sospensione dei brevetti per le case farmaceutiche, la condivisione delle licenze, prezzi calmierati dei vaccini e contratti più generosi per i Paesi più poveri». L’obiettivo è che ogni persona del pianeta abbia accesso ai vaccini in modo universale, equo, gratuito, veloce.
Il progetto prevede anche azioni concrete per la popolazione dei ribeirinhos che vivono ai margini del fiume Rio delle Amazzoni. «Si tratta – è intervenuto Stefano Comazzi, presidente dell’associazione Azione mondo unito – di intervenire in 7 municipalità dello Stato del Parà in Brasile dove vivono 259 mila persone. Sono popolazioni isolate che non hanno accesso agli ospedali delle città vicine. A tutt’oggi non si sa ancora come e quando potranno ricevere i vaccini. Intendiamo aiutarli con l’acquisto di vaccini, dal costo di 5-6 euro, in base all’evoluzione delle normative locali, di Kit Covid per l’igiene e la prevenzione dal virus, materiali di protezione e per l’assistenza alle cure durante e dopo la malattia, dal costo di 15 euro l’uno, aiuti alimentari di base per le popolazioni indigene con pacchi da distribuire con il costo previsto di 17 euro l’uno. Ma l’idea fondamentale resta la reciprocità, non l’assistenzialismo: creare legami, duraturi, di fraternità».
L’iniziativa è anche interreligiosa e nel suo intervento Yassine Lafram, presidente dell’Unione Comunità islamiche d’Italia (Ucoii), ha ricordato il rischio che la forbice delle diseguaglianze si allarga ancora di più «tra chi è vaccinato e chi non lo è. Molte nazioni – ha aggiunto – non hanno potuto vaccinare neanche il personale sanitario e nella Striscia di Gaza è stato bombardato l’unico laboratorio anti Covid». Disuguaglianze evidenti anche in Israele con oltre il 60 per cento di vaccinati contro solo il 3 per cento della Palestina. «Siamo tutti interconnessi – ha concluso – e la responsabilità va condivisa».
Dall’India Vinu Aram – direttrice del Centro internazionale Shanti Ashram – ha sottolineato l’importanza della campagna Vaccine for all in un Paese come l’India dove attualmente ci sono 26 milioni di contagiati, con il picco di numero di morti giornalieri. «Abbiamo sperimentato nel nostro Paese – ha commentato – come le persone vaccinate dopo la seconda ondata della pandemia, hanno sintomi tali da non essere ospedalizzati. Quelli che sono vaccinati non muoiono per cui questa campagna è un impegno e una comune responsabilità per tutti».
«Anche a papa Francesco piacerà questa iniziativa». Spiega Suor Alessandra Smerilli, sottosegretario del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e coordinatrice della task-force Economia della Commissione vaticana Covid-19. «Questa iniziativa concreta è una icona di quello che chiede papa Francesco alla Commissione vaticana Covid 19. Non è un progetto di carità, ma un debito di giustizia. Sul breve periodo si devono distribuire i vaccini per tutti, nel lungo periodo ci vogliono vaccini non progettati e prodotti solo in Occidente».
Simbolo dell’iniziativa è una nave, il “Barco Hospital Papa Francisco”, che dà il nome al progetto di aiuto ai ribeirinhos, un ospedale fluviale voluto da papa Francesco per garantire l’assistenza sanitaria a circa 700 mila persone che non hanno accesso ad altre forme di cura e non possono raggiungere gli ospedali.
L’idea è di un vescovo, monsignor Bernardo Bahlmann, pastore di Óbidos nello Stato del Pará, nel Nord del Brasile, che l’ha sviluppata in collaborazione con i religiosi della Fraternità San Francesco d’Assisi nella Provvidenza di Dio, i quali gestiscono gli ospedali di Óbidos e Juruti nel Pará occidentale.
Solo una campagna mondiale di donazioni può permettere al “Barco Hospital Papa Francisco” di raggiungere le comunità più isolate.