Usa, l’attacco alla democrazia e la potenza delle istituzioni

Un commento su quanto è accaduto nelle scorse ore negli Usa, dai riti istituzionali della democrazia a stelle e strisce, con il riconoscimento della vittoria di Joe Biden e Kamala Harris, alla violenza che ha cercato di interrompere il circolo virtuoso delle istituzioni
Usa, supporter del presidente Trump assaltano il Campidoglio a Washington, foto Ap.

Ho seguito nottetempo le noiose procedure di riconoscimento della vittoria di Joe Biden e Kamala Harris dinanzi alle due camere nella Capitol Hill di Washington. Non lo avrei mai fatto se non avessi prima assistito, come tanti uomini e donne nel mondo intero, all’assalto in diretta dei sostenitori di Donald Trump al cuore della democrazia Usa. E, ancor prima, all’incredibile discorso, dinanzi ai suoi supporter, di un presidente fuori di sé, anche per la recentissima e bruciante vittoria dei democratici nelle elezioni per i due seggi decisivi di senatori della Georgia, che hanno dato al neoeletto presidente la maggioranza in entrambe le camere del Parlamento prossimo venturo.

L’emozione è grande, perché la gigantesca macchina elettorale statunitense s’è inceppata di nuovo, come nel 2000 in Florida tra Al Gore e George W. Bush, ma non per l’incertezza reale dell’esito dei conteggi, quanto per i capricci e la disperazione di un presidente abbandonato da buona parte del suo partito, dal suo stesso vice-presidente, da sempre un fedelissimo, ma improvvisamente costretto a scegliere tra la Costituzione e il suo capo, colui che sperava di sostituire come candidato alla presidenza nel 2024. Trump è probabilmente convinto di essere stato defraudato, anche per il castello di “post-verità”, cioè di verità da lui stesso voluta e costruita senza il necessario riscontro nella realtà, che ha messo su in questi anni coi suoi tweet a raffica.

Dopo la violenza che ha provocato morti e feriti, i toni nelle aule del Senato e della Camera sono pacati e fermi, anche in coloro che ancora non hanno rinunciato a sostenere le accuse di brogli nelle elezioni in Pennsylvania, in Georgia, in Arizona e altrove. C’è una forte adesione, comunque, al bene comune democratico statunitense; sembra ci si stia finalmente rendendo conto che il più grande Paese al mondo come potenza economica e militare (ma che non sa difendere adeguatamente il suo Parlamento), non possa permettersi un ulteriore scivolone, un’altra vergogna internazionale.

Il tutto avviene in diretta tv, mentre i social stessi paiono d’improvviso afoni, non squilla più la voce di Trump: Facebook l’ha silenziato per 24 ore, Twitter per 12. D’improvviso ci si rende conto che, di fronte alla violenza e alla follia del potere a tutti i costi, le istituzioni sono dei veri baluardi, hanno un peso specifico superiore ad ogni partigianeria, sorreggendo Stato e democrazia.

Le istituzioni sono la sicurezza, le fondamenta stabili di un sistema. Se la certezza della legge non viene messa in dubbio – è questa la lezione di stanotte −, sono enormemente più importanti delle tribune digitali e delle piazze. Se si tolgono le istituzioni, anche noiose e retoriche, lo Stato stesso diventa un fantoccio che si sgonfia di fronte a un manipolo di scalmanati. Le istituzioni vanno sostenute fino a che la democrazia non le modifica. Ogni sistema è di per sé caduco, ma ha una dignità intoccabile stabilita dal popolo. Ogni sistema va rispettato, casomai migliorato: salvo in caso di gravi dittature e di gravi deroghe ai diritti della persona umana, il sistema democratico va rispettato scrupolosamente, perché è l’espressione dell’anima di un popolo.

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