Un’etica per l’Intelligenza Artificiale
«La “galassia digitale”, e in particolare la cosiddetta “intelligenza artificiale”, si trova al cuore del cambiamento d’epoca che stiamo attraversando. Tocca tutti gli aspetti della vita, sia personali che sociali. Incide sul nostro modo di comprendere il mondo e anche noi stessi». Parole forti, quelle di papa Francesco, lette davanti alle mille (!) persone partecipanti al convegno organizzato a Roma dalla Pontificia Accademia per la Vita (PAV).
L’occasione è la firma di un documento (Call for an AI Ethics) nato per sostenere un approccio etico all’Intelligenza Artificiale. Aziende, governi, istituzioni internazionali, esperti e pubblica opinione sono chiamati a una responsabilità condivisa, affinché il progresso tecnologico rimanga al servizio dell’umanità.
È forse la prima volta che la Chiesa cattolica prende la leadership, fin dall’inizio, della riflessione su un processo tecnologico decisivo come questo. Vorrei sottolineare alcune frasi del breve ma intenso discorso del papa: «I nuovi dispositivi possono “disporre” della nascita e del destino delle persone»; «L’asimmetria, per cui alcuni pochi sanno tutto di noi, mentre noi non sappiamo nulla di loro, intorpidisce il pensiero critico e l’esercizio consapevole della libertà»; «L’omologazione si afferma come criterio prevalente di aggregazione: riconoscere e apprezzare la differenza diventa sempre più difficile».
Di fronte a questa sfida, il pontefice non ha paura, non invita al boicottaggio. Anzi chiarisce che, con l’Intelligenza Artificiale (IA), «siamo davanti a un dono di Dio, cioè a una risorsa che può portare frutti di bene». E ringraziando la PAV per aver coinvolto nell’elaborazione del documento anche aziende tecnologiche, istituzioni internazionali e governi, chiarisce che «come credenti non abbiamo nozioni già prestabilite con cui rispondere alle domande inedite che la storia oggi ci pone. Il nostro compito è piuttosto di camminare insieme agli altri, ascoltando con attenzione e mettendo in collegamento esperienza e riflessione».
Collegare esperienza e riflessione, gestire in modo etico questi potenti strumenti tecnologici (che non sono “neutrali”) è una responsabilità di tutti, per cui «non basta semplicemente affidarci alla sensibilità morale di chi fa ricerca e progetta dispositivi e algoritmi; occorre invece creare corpi sociali intermedi che assicurino rappresentanza alla sensibilità etica degli utilizzatori e degli educatori».
Qualcuno ha coniato una parola nuova di zecca: “algor-etica”. Si vuole, in pratica, inscrivere i valori nelle tecnologie digitali, verificando «i processi con cui si integrano i rapporti tra gli esseri umani e le macchine nella nostra era». Gli algoritmi devono includere valori etici e non solo numerici. Bisogna contaminare l’informatica con l’etica.
Questo in pratica è il contenuto dell’appello firmato da mons. Vincenzo Paglia (presidente PAV), Brad Smith (presidente Microsoft), John Kelly (vice presidente esecutivo IBM), Dongyu Qu (direttore generale FAO), Paola Pisano (ministro innovazione Governo italiano), alla presenza di Davide Sassoli (presidente del Parlamento Europeo).
Sul palco mancava forse un rappresentante del continente africano, che peraltro è stato evocato più volte come possibile fruitore dei servizi della IA, specialmente nel campo della salute. Se ne è parlato sia durante la cerimonia finale, sia durante il seminario che, nei due giorni precedenti, ha riunito nella sala del Sinodo esperti da tutto il mondo proprio per discutere gli impatti dell’IA sulla nostra vita, in particolare nei campi della salute e del diritto.
Una iniziativa della Santa Sede veramente lungimirante e al passo coi tempi. Speriamo che non si fermi qui, ma possa dar vita a «un movimento che si allarghi e coinvolga altri soggetti», come auspicato da mons. Paglia.