Un patto italo tedesco nel segno concreto della pace

Il senso di una lettera al presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier per un’Europa fondata su scelte economiche di giustizia
EPA/FRANCESCO AMMENDOLA / QUIRINALE PRESS OFFICE /

Si è recato più volte nel nostro Paese e parla un buon italiano il presidente della Repubblica federale tedesca Frank-Walter Steinmeier, esponente del partito social democratico che ha ricoperto anche il ruolo di ministro degli Esteri dal 2005 al 2009 e dal 2013 al 2017. Nota e dichiarata è la sua fede cristiana, come sottolinea l’agenzia delle Federazione delle Chiese evangeliche in Italia.  Molto intensa e significativa la citazione dal suo intervento sulla rivista Chrismon, nel 2017,  con riferimento ai 500 anni della Riforma protestante: «Il messaggio di Lutero era chiaro: immischiatevi! La vostra responsabilità davanti a Dio e davanti al mondo è da prendere sul serio! È questo che ancora oggi mi appassiona della Riforma e di Lutero: l’invito ad ogni singolo individuo a battersi nel qui ed ora a favore dell’amore e non dell’odio, della riconciliazione e non del conflitto».

Da tale prospettiva si comprende lo spessore e l’intensità del suo discorso che ha voluto fare il 25 agosto 2019 andando in visita, assieme al presidente italiano Sergio Mattarella, a Fivizzano, in Toscana, uno dei luoghi poco conosciuti delle stragi compiute dai “tedeschi” durante il secondo conflitto mondiale.

L’autenticità e la schiettezza di Frank-Walter Steinmeier ha fatto sorgere l’esigenza in alcuni cittadini italiani, parte dei quali riveste ruoli di rappresentanza di associazioni grandi e piccole, di fare tesoro di tale memoria condivisa per portare lo sguardo sulla realtà attuale attraversata da venti di guerra che appaiono lontani e invece chiamano in gioco la nostra responsabilità diretta, come dimostra il caso, affrontato più volte su Città Nuova, della fabbricazione in Italia di bombe destinate all’Arabia Saudita e usate nella guerra in Yemen.

La società italiana è controllata da una multinazionale tedesca e l’annuncio della sospensione dell’invio di tali armi pesanti ai Paesi in conflitto armato, decretata dal governo italiano, dopo mozione accolta in Parlamento e in ossequio alla legge 185/90, ha comportato l’annuncio di un piano di licenziamenti. Una conferma della mancanza apparente di alternative all’occupazione della filiera delle armi in un territorio, come quello sardo del Sulcis Iglesiente dove è collocato il sito produttivo, segnato pesantemente dalla crisi economica.

La lettera rivolta al presidente della Repubblica federale della Germania manifesta l’esigenza di un cambio di prospettiva nel segno di una collaborazione italo tedesca attiva a costruire un’Europa come soggetto di pace a livello internazionale. Un forte appello alla coscienza personale e delle nazioni a «battersi qui e ora» per una causa comune di giustizia.

Non chiede perciò di aprire ulteriori raccolte firme già attivate sulla questione tragica del conflitto in Yemen da parte da numerose organizzazioni umanitarie e dei diritti umani, ma un gesto personale di ciascuno che vorrà aderire a tale esigenza di promuovere investimenti e risorse per un’economia disarmata, alternativa a quella che uccide, non solo con le armi.

Ecco il testo della lettera:

Pregiatissimo

Presidente della Repubblica Federale di Germania

Frank-Walter Steinmeier

In queste ore siamo rattristati per il recente orribile attentato antisemita avvenuto ad Halle in Germania e restiamo sgomenti davanti alla tragedia che si sta consumando con l’operazione militare della Turchia nel Nordest della Siria contro i curdi siriani. Proprio a partire dalla complessità della situazione attuale che alcuni descrivono come “geopolitica del caos”, sentiamo la necessità di rivolgerci a lei su una questione che lega i nostri due popoli. 

Nei suoi ultimi interventi in Italia ha messo, infatti, in evidenza il peso delle vicende storiche che hanno legato il nome “tedesco”, senza aggettivi di appartenenza, alle stragi consumate sulla popolazione italiana dopo l’ambiguo armistizio dell’8 settembre 1943.

È certamente necessario non dimenticare l’abisso del male scatenato da una serie complessa di responsabilità e così ristabilire il senso di umanità e fraternità che lei giustamente richiama nei suoi discorsi. La memoria viva ci aiuta a comprendere il momento presente che vede una azienda italiana (la Rwm Italia) controllata dalla multinazionale tedesca Rheinmetall Defence, costruire ed inviare componenti di bombe d’aereo utilizzate nel conflitto in corso nello Yemen. Il recente stop del parlamento italiano a tali transazioni commerciali, denunciate da settori della società civile anche nell’assemblea dei soci della società con sede a Monaco di Baviera, ha comportato l’annuncio di un forte ridimensionamento del personale addetto nello stabilimento italiano, in un territorio che già vive gli effetti di una crisi economica di lunga durata. La mano che oggi dobbiamo disarmare è quella che pone il dilemma tra l’occupazione finalizzata all’invio di armi pesanti all’Arabia Saudita e la povertà per carenza di lavoro in una regione ricca di bellezza e dignità. Consideriamo irricevibile la tesi di chi giustifica il concorso nella fornitura di armi ai Paesi in guerra perché altrimenti altri lo farebbero al nostro posto.

Crediamo sinceramente di poter condividere con lei l’esigenza di escogitare tutti i modi possibili per uscire da tale contraddizione che mina alle fondamenta l’ideale di un’Europa capace di essere promotrice di pace nella giustizia. A livello internazionale e dentro le mura del Vecchio continente. Tante sono le risorse che possono trarci fuori da questa logica del ricatto che ci umilia come esseri umani che si indignano per le stragi orrende di un recente passato e rimuovono lo sguardo dalle tragedie dei nostri giorni dove si bombardano impunemente anche scuole e ospedali. 

Poco dopo la fine del secondo conflitto mondiale, una donna del popolo, Lucia Pisapia Apicella, che viveva facendo la fruttivendola al mercato, rimase inorridita dallo scempio che si consumava sui resti di tanti giovani tedeschi morti nel tentativo di fermare l’avanzata degli anglo americani nel periodo seguente allo “sbarco di Salerno” del settembre 1943. Lucia, chiamata poi in Germania “Mutter der Toten”, riuscì a dare sepoltura a oltre 700 corpi di soldati, agevolandone l’identificazione, perché considerati giustamente unici e irripetibili nella loro dignità umana. 

Possiamo, Presidente Steinmeier, partire da questa memoria di bene possibile per costruire una vera unità europea come da lei auspicato assieme al nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Come ha detto con grande consapevolezza, lo scorso 25 agosto, a Fivizzano, davanti ai discendenti delle vittime di quel paese toscano, «Non dobbiamo dimenticare, per evitare che le nostre coscienze tornino a farsi sedurre e a oscurarsi».

Roma 14 ottobre 2019

Andrea Goller e Rosalba Poli, Movimento dei Focolari Italia

Giovanni Paolo Ramonda, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

Susanna Camusso, Cgil

Marco Piccolo e Simone Siliani, Fondazione Finanza Etica

Alfio Nicotra, Un Ponte per…

Silvio Minnetti, Movimento Politico per l’Unità

Mao Valpiana, Movimento nonviolento

Maurizio Certini, Centro internazionale studenti Giorgio La Pira Firenze

Laila Simoncelli, Nicoletta Dentico, Carlo Cefaloni, Maria Bencivenni, Stefano Biondi, Claudio Paravati, Daniela Notarfonso, Alfredo Scognamiglio, Raffaele Natalucci, Domenico Palermo, Alessio Lanfaloni

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