TAV: una ferita che non si rimargina
Il Presidente del Consiglio Conte ha confermato ciò che era nell’aria: la TAV, la linea alta velocità Torino-Lione, da anni ormai oggetto di discussione, analisi e contestazione si farà. «Oggi bloccare il Tav costerebbe più che completarlo», la sua laconica resa davanti alle telecamere.
Di Maio, apprendendo la decisione di Conte, ha annunciato la richiesta di un passaggio parlamentare (non ritenuto necessario da Conte), per ratificare la decisione. Un modo, forse, per dare la possibilità al M5S, forza politica che ha costruito gran parte delle suo successo proprio sul NO all’opera e il suo sostegno al movimento NOTAV, di votare contro questa decisione, cercando di limitare così i danni con i propri elettori, senza però produrre nessuna conseguenza politica, data la prevedibile maggioranza a favore dell’opera che siede trasversalmente in Parlamento.
«Quando si ha a che fare con accordi internazionali tra due Paesi, già ratificati da entrambi i Parlamenti, si hanno infatti due strade per venir meno alla precedente intesa: o si raggiunge un nuovo accordo bilaterale – strada che, come ho detto, ho perseguito fino alla fine invano –, oppure si assume la responsabilità di procedere con una determinazione unilaterale», ha spiegato Conte al Parlamento. Tradotto, l’Italia non si può tirare indietro.
Anche perché dopo la bocciatura con l’analisi costi-benefici, l’Unione Europea ha promesso l’aumento del 55% dei fondi, altri sono stati trovati da Toninelli e un ulteriore accordo con la Francia sulle nuove quote di finanziamento della tratta transfrontaliera può ridurre ancora di più i costi, azzerando così la possibilità di far ricadere sulla voce economica la bocciatura dell’opera.
Le reazioni, soprattutto del mondo NOTAV
Dopo l’annuncio di Conte, sul web è un ribollire di sentimenti e reazioni diametralmente molto diversi tra loro, per un annuncio che ha finito per rendere scontenti tutti. Da una parte infatti ci sono i favorevoli all’opera che pur esultando chiedono il conto del tempo (e denaro) perso: «Ma questa quanto ci è costata in termini economici tra consulenti, super consulenti, commissioni, relatori, indagini costi/benefici, danni di immagine, ecc.?», si chiede Gerardo.
Tra i sostenitori del M5S l’annuncio di Conte sembra la goccia che fa traboccare un vaso ormai colmo e che porta ad una resa dei conti interna. Delusione e risentimento sono i sentimenti più ricorrenti sui social: «Dopo quel che ha detto Conte, dovreste almeno avere la decenza di tacere e dimettervi, la Valsusa adesso vi odia», scrive Walter commentando il post con cui il M5S e il suo capo politico Luigi Di Maio provano a smarcarsi dalla responsabilità del SI all’opera. «Caro Di Maio, se davvero sei contrario alla #Tav, avendo il M5S la maggioranza relativa dei parlamentari, basterebbe far cadere il governo. Altrimenti è solo ammuina e (comprensibile) desiderio di salvare la poltrona». Quella espressa da Fabio su Twitter è un’accusa che ricorre spesso, anche con commenti decisamente più coloriti, e che arriva anche dal senatore 5S piemontese Airola, da sempre in prima fila nella lotta NOTAV.
La sindaca di Torino Chiara Appendino, che molto del proprio successo lo deve alla sua posizione NOTAV, parla di «amarezza e frustrazione per il sì alla TAV».
Durissime le accuse al Governo che piovono copiose, ovviamente, dai comitati NOTAV: «Dopo la diretta Facebook del Presidente Conte c’è finalmente chiarezza e come abbiamo sempre sostenuto: amici dalle parti del governo non ne abbiamo mai avuti. La manfrina di tutti questi mesi giunge alla parola fine e il cambiamento tanto promesso dal governo getta anche l’ultima maschera, allineandosi a tutti i precedenti».
C’è chi rincara la dose: «Il presidente del Consiglio sa che la Torino-Lyon non serve a nulla, sa che si creerà un problema di ordine pubblico. Conte ha ben chiaro che perderà tanti voti e rispetto politico, ma non conosce la determinazione del movimento No Tav».
«Trent’anni di lotta popolare non possono finire così: i costi non solo economici, ma ambientali e sociali, mai entrati nel computo costi-benefici, ma già ora pesantissimi, devastanti per il futuro, noi non siamo disposti a pagarli, né a farli pagare a chi verrà dopo di noi. [..] Siamo pronti a resistere ancora, sempre: il conflitto contro l’intollerabilità del sistema non ci fa paura!», il messaggio di Nicoletta Dosio che rimbalza velocemente nei diversi gruppi NOTAV.
Nonostante solo a fine maggio in Valsusa la Lega (da sempre a favore dell’opera) abbia superato nei consensi il 5S in alcuni comuni strategici, il popolo contrario alla linea alta-velocità non vuole arrendersi, e chiama a raccolta in Valsusa migliaia di militanti per il Festival Alta Felicità, che ha in programma per sabato un sit-in al cantiere, momento che si preannuncia ancora più a rischio.
Equilibrio
In mezzo a due schieramenti oggi più che mai contrapposti ed inconciliabili, c’è anche però spazio per prese di posizione più realistiche ed equilibrate, come quella di un utente che su Twitter si firma con un nickname: «Anch’io sono NoTAV, ma ad un certo punto bisogna dargliela, su. Ogni opera ha pro e contro e grazie alle proteste, il progetto è migliorato molto, diminuito l’impatto ambientale, ridotti i costi… Il parlamento (i rappresentanti del popolo, che ci piaccia o no) la vuole, ci fu una grande manifestazione #SiTAV dimostrando che una parte della popolazione la vuole e sono disposti a scendere in piazza. La protesta è un diritto e andava fatta, ma è un comportamento civile anche ammettere che si è in minoranza, ed è ora di finirla… anzi, inizia una nuova parte: vigilare che tutto sia fatto nel migliore dei modi».
L’auspicio è che sia questo equilibrio a contraddistinguere e accompagnare i prossimi passi di una questione che sembra non riuscire a chiudersi mai. Comunque vada a finire.