Suoceri, generi, nuore e la giusta distanza

L’immaginario comune dipinge la relazione tra suoceri, nuore e generi come conflittuale, ma è sempre così? Cosa può fare ciascuno per impostare e mantenere nel tempo una relazione ottimale?

Pranzi e feste in famiglia possono essere tanto momenti di grande gioia e condivisione quanto momenti di tensione e scontri, diretti o velati, tra genitori, figli, generi e nuore. Non è cosa facile trovare quella “giusta distanza” che da un lato tutela da intrusioni, sovrapposizioni, confusioni di ruolo, discrediti e competizioni e dall’altro permette di essere super partes e dunque più obiettivi con se stessi e con l’altro. Una pista c’è.

Ieri genitori, oggi genitori e suoceri

Il compito principale dei genitori è di preparare i figli alla vita adulta. Potrebbe accadere che quando gli viene chiesto di entrare nel ruolo di suoceri, non abbiano una immediata capacità di sintonizzarsi sul nuovo ruolo. O che per svariati motivi sono sappiano farlo. La storia familiare e dei singoli, il modello educativo di riferimento possono dare molte informazioni in merito, ma qui non entreremo nel tema. Al ruolo dei suoceri appartiene il beneplacito a formare la nuova famiglia, approvazione che ha una grande importanza tanto per il figlio/a quanto per il nuovo arrivato in famiglia. La possibilità che il genitore ha di esprimere la propria opinione dovrebbe necessariamente essere filtrata dalla consapevolezza di cosa si sta dicendo, cosa lo origina, l’utilità o meno del dirlo e valutare il momento e la modalità opportuna per dirlo.

Idee, giudizi e preconcetti se espressi troppo velocemente non hanno elementi a supporto e potrebbero essere addirittura esplicitazioni di timori che appartengono alla propria persona ma che non riguardano la realtà.

Ieri figli, oggi figli generi e nuore, domani genitori

I figli restano sempre figli. Quando sono adulti da “oggetto” di attenzioni diventano “soggetti” capaci di offrire attenzione. L’arrivo di un fidanzato interrompe un idillio, una terza persona si inserisce in una relazione privilegiata che generalmente è di tipo incrociato: madre-figlio/padre-figlia. Il genitore non è più “il” punto di riferimento emotivo per il figlio. Le difficoltà possono manifestarsi principalmente a tre livelli: 1) il genitore teme la perdita del figlio ed entra in competizione col nuovo arrivato; 2) la relazione tra i due genitori è statica ed impedisce all’altro genitore di svolgere un ruolo di mediazione importante per permettere ad esempio al padre di facilitare la separazione dalla figlia, e viceversa alla madre quella dal figlio; 3) il figlio pur avendo una autonomia abitativa ed economica, continua interiormente a pensarsi come figlio ed a contare sull’appoggio e validazione genitoriale dei suoi bisogni.

Quando il figlio si trova ad essere nel ruolo di genero/nuora la prospettiva è diversa. Da figlio interagisce in maniera diretta con i suoi genitori, da genero o nuora non sempre questo è possibile o utile. Generalmente si verificano due casi: 1) la persona è accolta e riesce addirittura a svolgere una funzione di mediazione e di unione sia con la propria famiglia di origine che con quella del coniuge. In questo caso gode di una posizione privilegiata. 2) La persona si è sentito o è stata apertamente rifiutata, criticata, giudicata, o si vive continue intrusioni. In tal caso necessita di una complicità maggiore con il fidanzato/coniuge affinché sia egli (ella) a svolgere una funzione di mediazione con la sua famiglia di origine ribadendo i confini non oltrepassabili. Se l’irruenza, la paura di essere giudicati, la competizione o la voglia di essere apprezzati troppo frettolosamente possono essere elementi di disturbo nella relazione con i futuri suoceri non sempre la difficoltà nella relazione ha a che vedere con qualcosa che si fa, si dice o per come si è. In ogni caso il livello di adultità dei partner, la capacità di funzionare come coppia, di avere una buona sintonia e una comunicazione chiara e onesta diventa vitale per entrambi. È utile in questo caso essere aiutati a vedere e distinguere le proprie dalle altrui mancanze possibilmente in maniera oggettiva. Inutili autorecriminazioni o accuse sarebbero dannose.

 

La funzione mediativa di ciascuno, nessuno escluso, diventa importantissima per l’evoluzione del rapporto sia all’interno della coppia che con la propria e l’altrui famiglia di origine.

Questa funzione dovrebbe essere schiva da: giudizi e pregiudizi, da confronti e competizione, da timori e minacce tanto per se stessi quanto per gli altri. E consiste nel mostrare all’altro qualcosa che l’altro dalla sua angolazione non riesce ancora a vedere ma è un pezzo di strada da fare per raggiungere piano piano quell’equilibrio verso cui la relazione normalmente dovrebbe tendere. Talvolta può significare: svelare all’altro la ripetizione di un “modus operandi” sempre identico a se stesso che tiene le persone agganciate ad vecchio modo di funzionare non più adatto alla nuova compagine relazionale, altre volte cogliere l’intenzionalità positiva nel comportamento dell’altro distinguendola dai modi fastidiosi, e così via.

Il tempo e la costanza sono variabili di cui necessitano le relazioni durature per migliorarsi anche quando i risultati sembrano tardare. Numerose sono infatti le storie di generi e nuore apprezzati nel tempo per la loro capacità di saper attendere il loro momento, di suocere che hanno imparato a farsi da parte, di papà felici per la riuscita matrimoniale della loro figlia nonostante gli iniziali contrasti. La “giusta distanza” è infatti una misura molto personale e può avere forme diverse nel tempo.

 

 

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