Sui fatti di Macerata
I nomi delle stelle son belli:
Sirio, Andromeda, l’Orsa e i due Gemelli.
Chi mai potrebbe dirli tutti in fila?
Son più di cento volte centomila.
E in fondo al cielo, non so dove e come,
c’è un milione di stelle senza nome:
stelle comuni, nessuno le cura,
ma per loro la notte è meno scura
(Gianni Rodari)
I “fatti di Macerata” sono al centro del dibattito politico di questi giorni, fonte di contrapposizioni fortissime sul piano linguistico e politico. Bianchi e neri, terroristi e psicopatici, clandestini e regolari, sembra che l’umanità possa essere distinta – e quindi rappresentata – in due blocchi diversi e inconciliabili.
Questi ragionamenti non sono imposti solo dall’imminenza delle elezioni ma derivano da anni di divulgazione, da parte dei ministri e dei politici di turno (complici stampa e tv), di un forte senso di paura: lo straniero è necessariamente un terrorista, un violento, un prevaricatore. Uno che ruba il lavoro, le donne, che non paga i biglietti del treno e dell’autobus, che spaccia, che vende merce contraffatta.
Da questo confronto gli italiani (o comunque i “bianchi”) escono sempre vincitori: hanno tutte le ottime qualità di cui gli altri sono privi. Non serve approfondire ora questi temi, gli italiani conoscono bene sé stessi anche se difficilmente ammettiamo pubblicamente i vizi pubblici e privati che ci caratterizzano.
La cosa più grave è che trascuriamo di andare a cercare quella abbondante porzione di nostri concittadini che – vincendo la paura (e non è poco) – si lasciano andare a pensieri meno diffusi ma liberi e aperti, cedono alla curiosità di capire se davvero tutti gli stranieri sono cattivi e terroristi, aprono anche la loro casa per un pranzo o un week end a chi in fondo ha il sangue dello stesso colore: la pelle è diversa, ma le strutture vitali sono identiche.
Costruiscono così l’amicizia sociale (come l’ha definita anche papa Francesco) che è ben lontana dalla mera assistenza o accoglienza e che ci spinge quantomeno a chiederci chi sono le vittime, oltre Pamela, dei fatti dei giorni scorsi. Ci sono voluti tre giorni per sapere che i feriti hanno un nome e una storia: sono Jennifer, Mahamadou, Wilson, Festus e Gideon; che hanno tra i 20 e i 32 anni, che sono persone oneste e tranquille. Nulla a che fare con terroristi o fanatici di qualche ideologia serpeggiante.
Accantoniamo la paura, togliamo il volume a chi ripete sempre le solite frasi per farci il lavaggio del cervello, mettiamo in moto il nostro pensiero, forse confuso e incerto ma almeno libero, per prenderci la briga di guardare negli occhi e nella storia questi stranieri e clandestini e scoprire che possiamo convivere nella stessa terra.
La lunga tradizione sociale e civile del nostro Paese non può essere definitivamente compromessa e annullata da una decina di slogan politici proclamati da tutti i microfoni che vogliono annullare la capacità di tante persone di fare scelte consapevoli e responsabili di convivenza pacifica e fruttuosa.