Silenzio sulle armi per la guerra nello Yemen

Da Cagliari arrivano le foto con le bombe imbarcate con destinazione Arabia Saudita, ma Il ministero degli esteri continua a non rispondere alle richieste di Amnesty, Rete disarmo e Opal
armi

Il ministro degli Esteri Gentiloni sembra ignorare la richiesta di chiarimenti avanzata anche con diverse interrogazioni parlamentari. Non risponde neanche il radicale Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri competente per l’area geografica, circa l’invio di armi italiane in Arabia Saudita usate nel conflitto con lo Yemen che ha «finora causato più di 4mila morti (di cui almeno 400 bambini) e 20mila feriti – di cui circa la metà tra la popolazione civile – provocando una "catastrofe umanitaria" con oltre un milione di sfollati e 21 milioni di persone che necessitano di urgenti aiuti».

I numeri drammatici sono forniti da Rete Disarmo, Amnesty international e Opal  che già a settembre, come riportato da Città Nuova, hanno chiamato il governo italiano al rispetto della legge n. 185/90 che vieta l’esportazione italiana di armamenti in Paesi in guerra.

Nel frattempo le stesse organizzazioni fanno sapere che lo scorso 29 ottobre fonti di stampa locale hanno documentato l’imbarco di «diverse tonnellate di bombe e munizionamento presso l’aeroporto di Cagliari Elmas su un cargo Boeing 747 della compagnia azera Silk Way con destinazione Arabia Saudita». Grazie ai sistemi di rilevamento è accertato che il cargo azero «è giunto a Taif, dove c’è un base militare della Royal Saudi Armed Forces».

Secondo Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio OPAL di Brescia, si tratta «con ogni probabilità di una nuova fornitura di bombe fabbricate nell’azienda tedesca RWM Italia di Domusnovas che prosegue le spedizioni degli ultimi anni. Sappiamo che ordigni inesplosi del tipo di quelli inviati dall’Italia, come le bombe MK84 e Blu109, sono stati ritrovati in diverse città dello Yemen bombardate dalla coalizione saudita».

Evidentemente il silenzio prolungato su un fatto così preoccupante si è reso finora possibile per una mancata pressione dell’opinione pubblica. Come osservava lo stesso  Henry Stimson, ministro della guerra statunitense ai tempi delle bombe sul Giappone nel 1945, «c’è qualcosa di sbagliato in un Paese in cui nessuno protesta» davanti a tali tragedie. 

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