Sfida politica all’inverno demografico

Conferenza stampa del Forum delle associazioni familiari per presentare il #pattoxnatalità. Analisi e prospettive dagli interventi degli esperti di demografia Alessandro Rosina e Giancarlo Blangiardo

I palazzi romani del potere vengono presi d’assalto dagli esponenti della società civile come dalle lobby. Entrambe chiedono, in diversi modi, patti e impegni vincolanti su diverse questioni ad una classe politica indaffarata in queste ore a fare gli elenchi elettorali per piazzare candidati sicuri, o presunti tali, nei collegi uninominali o nel listino proporzionale plurinominale.

In Senato, l’angusta sala dei caduti di Nassyria, figli di una patria che li ha mandati nella guerra in Iraq nel 2003, ha ospitato la mattina di giovedì 18 gennaio una conferenza stampa promossa dal Forum delle associazioni familiari per presentare la  pretesa di rivolgersi a tutti come un’emergenza nazionale. Il Paese è alla deriva demografica da troppo tempo ormai. Come afferma il presidente del Forum Gigi De Palo, «nel 1965 nascevano in Italia un milione di bambini, oggi meno di 500 mila». L’Istat non può far altro che registrare, di anno in anno, i valori discendenti del tasso di natalità come può farlo un macchinario che indica il decadimento di un corpo malato.

Ma a che serve l’analisi senza una proposta di soluzione? Non lo può essere l’importazione massiccia di migranti all’estero, come spiega da tempo il demografo Blangiardo, docente alla Bicocca di Milano, il quale dimostra l’assestamento verso il basso della natalità anche delle famiglie che si stabilizzano in Italia proveniente dal Sud del mondo. Con una simulazione facile da dimostrare, in Italia, nel 2047 i morti saranno il doppio delle nascite ( 800 mila contro 400 mila)  ma già ora il sorpasso (660 mila contro 450 mila) è già avvenuto anche perché cresce il numero degli anziani ma anche quello dei decessi dei “vecchi fragili”, senza cioè quella qualità della cura e dignità che accompagna l’ultimo tratto dell’esistenza.

Una società diseguale 

Il venir meno di una popolazione attiva compromette gli equilibri previdenziali e quelli sociali, come si può vedere dall’incentivazione in atto verso la sanità e la pensione privata e integrativa. Lo spettro di una società diseguale nasce dalla miopia di coloro che considerano i figli come un bene privato, senza un’ottica di solidarietà che tiene assieme una comunità.

Non si tratta di incentivare le nascite , afferma Rosina, docente di demografia alla Cattolica di Milano, ma di rispettare il desiderio di paternità e maternità che oggi in Italia viene negato ai giovani che non hanno attese diverse dai loro coetanei francesi. Nel Paese d’Oltralpe esistono condizioni tali che non umiliano una generazione come avviene in Italia dove il rischio reale, come dice De Palo, è quello di rassegnarsi a vedere i propri figli solo con Skype, al di là di uno schermo del pc, perché costretti ad emigrare in luoghi più ospitali.

Davanti a tali dati di fatto servono a poco incentivi e bonus. Occorre una riforma di sistema. Il primo passo che il Forum richiede è l’attuazione di un criterio di giustizia fiscale che si chiama “fattore famiglia”. Fare un figlio è la prima causa di impoverimento anche per via di una tassazione iniqua che non tiene conto del carico familiare.

Non solo la leva fiscale

L’abbattimento del peso fiscale comporta una maggiore disponibilità nelle tasche delle famiglie con figli e una contrazione di quelle dell’erario. Una manovra che si presenta come un investimento moltiplicatore nel lungo termine, ma che chiede soluzioni sui tagli da fare, oggi, in altre parti del bilancio statale. «Decidere è difficile ma necessario» afferma De Palo. Una bella sfida politica che di solito sostenuta dal coro delle associazioni cattoliche, senza entrare, tuttavia, nel dettaglio. In una visione organica della società la questione fiscale è solo una leva da prendere in considerazione. Cosa dire di una politica della casa assediata dalla speculazione che impedisce l’accesso ad  abitazioni pubbliche dignitose e lo apre ad un mercato dei prestiti bancari esosi? E come può immaginare una famiglia di accogliere uno o più  figli se il contratto di lavoro, quando esiste, è a termine o ad intermittenza e quello a tempo indeterminato ha perso storiche garanzie di stabilità? Cosa si ha da dire, ad esempio, a quelle 1600 famiglie licenziate in tronco da Almaviva a Roma, o alle centinaia di nuclei familiari in pericolo perché multinazionali come la Honeywell in Abruzzo o la Whirpool in Piemonte decidono di delocalizzare la produzione all’estero?

Ecco perché la provocazione del #pattoxnatalità, che vuole agire come criterio di azione non solo prima delle elezioni ma durante la nuova legislatura, ha le caratteristiche per aprirsi ad un dibattito a 360 gradi con la società italiana. Il Forum annuncia un confronto il prossimo 26 gennaio con la rappresentanza delle donne espressioni del modo imprenditoriale e sindacale e poi con i direttori dei giornali. Sempre alla ricerca non di vane promesse ma di un impegno condiviso dalla società intera.

Perché «i figli non sono il problema ma la soluzione», come dice De Palo. La scelta di aver cura del mondo e di non escludere nessuno nasce dallo sguardo verso il futuro.

Non esiste solo il modello francese. Secondo gli studi citati da Rosina, una vero cambio di passo era avvenuto nelle regioni del Nord Italia, e nell’Emilia Romagna in particolare, prima dell’avvento della grande crisi del 2008. I 7 punti proposti dal Forum tengono assieme la questione del lavoro femminile, penalizzato dalla nascita di un figlio, alla mancanza strutturale di servizi e sostegni alla famiglia. C’è molto da discutere ancora.

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