Sebastiano Tusa: un grande archeologo

È scomparso nell’incidente aereo delle Ethiopian Airlines. Per molti anni responsabile della Soprintendenza del Mare siciliana (prima in Italia), paleontologo di fama, ha istituito i parchi archeologici di Segesta e di Pantelleria. Un ricordo

Un volo da Addis Abeba, diretto in Kenya. A bordo 149 passeggeri, oltre ai membri dell’equipaggio. Sono morti tutti nel terribile incidente aereo che si è verificato pochi minuti dopo il decollo. Il pilota aveva chiesto di tornare indietro per effettuare un atterraggio d’emergenza, ma non ne ha avuto il tempo. L’aereo, un Boeing 737 della Ethiopian Airlines diretto a Nairobi, si è schiantato nei pressi di Bishoftu. Otto vittime sono italiane: Carlo Spini, Gabriella Vigiani, Matteo Ravasio, Paolo Dieci, Maria Pilar Buzzetti, Virginia Chimenti, Rosemary Mumbi, oltre all’assessore regionale ai beni culturali ed all’Identità Siciliana, Sebastiano Tusa.

Tusa avrebbe dovuto partecipare ad una conferenza internazionale dell’Unesco a Malindi. Molti dei passeggeri a bordo erano diretti lì, provenienti da ogni parte del mondo. Non a caso, le vittime sono di 33 nazionalità.

Archeologo di fama internazionale (laureato in Paleontologia all’università La Sapienza di Roma), era figlio di Vincenzo Tusa, anch’egli archeologo di fama. Si era specializzato in archeologia orientale, aveva effettuato studi e scavi in Iran, India, Pakistan, ma anche a Pantelleria e Mozia, dove aveva fatto importanti ritrovamenti.

Quando nel 2004 nasce in Sicilia la Soprintendenza del Mare, prima in Italia, Sebastiano Tusa è chiamato a guidarla. Un compito che manterrà fino all’11 aprile 2018, quando viene chiamato dal presidente della Regione, Nello Musumeci, per sostituire Vittorio Sgarbi alla guida dell’assessorato alla Cultura. Resta in carica 11 mesi. Fino a quando, il 10 marzo 2019, un tragico schianto lo porta via per sempre.

Fin dall’arrivo ha dato la sua impronta. Concreto, efficace, profondo conoscitore non solo dell’archeologia, ma anche dei beni storici e architettonici della Sicilia. In piena estate, il 5 ed il 15 agosto, aveva istituito due nuovi parchi: dapprima a Segesta, poi a Pantelleria. Proprio nel giorno di Ferragosto si era svolta la cerimonia con la storica firma nel castello di Barbacane. Dall’approvazione della legge regionale 20 del 2000, che ha previsto la nascita dei Parchi archeologici, in Sicilia ne erano stati istituiti tre: Agrigento, Naxos-Taormina, Selinunte-Cave di Cusa. Tusa ha dato un’accelerazione, istituendo i parchi archeologici di Segesta e di Pantelleria.

«Firmare il decreto di istituzione del Parco proprio sull’isola e alla presenza di tanti cittadini panteschi – disse durante la cerimonia a Pantelleria –, significa mantenere una promessa, dando la concreta possibilità di sviluppo e di tutela del territorio alle popolazioni delle isole minori, troppo spesso in passato abbandonate ai numerosi problemi con cui debbono confrontarsi giornalmente. Anche in piena estate, lavoriamo affinché in breve tempo il sistema dei Parchi sia completato. Dalla loro istituzione passa la concreta possibilità di sviluppo del territorio, della ricerca scientifica, della tutela e della valorizzazione dei beni culturali siciliani, straordinaria occasione per una terra che della cultura può e deve fare elemento trainante di progresso».

Viaggiava molto, in giro per la Sicilia. Aveva visitato città e monumenti, aveva ascoltato le richieste degli amministratori. Il 27 febbraio era stato in provincia di Ragusa: a Ispica, dove aveva consegnato i lavori di riqualificazione del Parco Forza, sito archeologico rupestre, insediamento preistorico abitato fin dall’età del bronzo, poi a Modica, al castello dei Conti, a Santa Croce Camerina e a Comiso.

Sebastiano Tusa in visita al laboratorio del museo di Comiso, insieme a Gianni Insacco.
Sebastiano Tusa in visita al laboratorio del museo di Comiso, insieme a Gianni Insacco (foto Francesca Cabibbo).

L’ho incontrato durante la visita a Comiso. La sua attenzione non era scontata, né superficiale. Era attenta e competente. Quando a Comiso aveva inaugurato il laboratorio del Museo civico di Storia Naturale era rimasto a lungo ad ammirare i reperti paleontologici presentati dal conservatore del Museo, Gianni Insacco. Le sue domande erano precise, puntuali, competenti. Ad un certo punto si era rivolto a uno dei suoi collaboratori: «Vedi cosa c’è a Comiso?». Quel museo vanta oggi 25 mila reperti (di cui circa 12 mila paleontologici), ma solo una parte è esposta al pubblico. Aveva promesso di tornare, rispondendo ad un invito del sindaco, Maria Rita Schembari. Con il suo segretario, aveva già inserito nella sua agenda la data destinata a Comiso: il 15 aprile. Sarebbe stata un’intera giornata dedicata a Comiso ed ai suoi gioielli architettonici.

L’ultimo suo intervento, in ordine di tempo, era rivolto a Frazzanò, in provincia di Messina. Qui, un banale contenzioso tra il comune e un privato aveva portato al rischio di un pignoramento del monastero di Fragalà. Tusa era intervenuto subito. Da dicembre la Sovrintendenza di Messina aveva avviato la procedura per vincolare il bene archeologici. Il 9 marzo era intervenuto all’Ars, rispondendo all’interrogazione di un parlamentare. Aveva informato che era stato avviato l’iter per il vincolo. Era stato l’ultimo momento pubblico. Poi era salito sull’aereo che lo aveva condotto ad Addis Abeba e da lì stava proseguendo per Nairobi. Dove non è mai arrivato.

 

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