Sciiti e cattolici. La cultura dell’incontro
Sappiamo tutti in quale clima socio-politico stiamo vivendo, soprattutto in Europa e in Occidente in generale. Il terrorismo ha stravolto gli equilibri internazionali e riportato la religione alla ribalta, come detonatore di violenza più che come chiave di soluzione dei problemi. Eppure le fedi, soprattutto gli uomini e le donne di fede, possono essere strade di soluzione e vie di speranza, come le migliaia di musulmani che hanno dimostrato cosa significa Islam – sottomissione e pace – sulla Rambla di Barcellona dove pochi giorni prima erano rimasti a terra, morti o feriti, decine di corpi di innocenti cittadini del mondo.
Nei giorni scorsi, lontano dalla Catalogna, un gruppo di musulmani e cristiani hanno lanciato un messaggio forte. Una cinquantina di sciiti e di cattolici quasi tutti fra i venti ed i quarant’anni sono, infatti, arrivati nella valle trentina del Primiero per dar vita ad una Summer School, organizzata congiuntamente dall’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Firenze) e dall’Islamic Institute of England di Londra (UK) e dal Risalat Institute di Qum (Iran).
Insieme professori cattolici e sciiti hanno animato un gruppo di studenti e studentesse provenienti da Filippine, Iran, Stati Uniti, Canada, Inghilterra, Argentina, Brasile, Paraguay, Salvador ed Italia. Ma è bene sottolineare che il gruppo dei giovani sciiti ha origine diversificate nell’area medio-orientale (Libano, Iran, Iraq, Kuwait) e nel sub continente indiano. Già il tema del corso – On the wongs of unity , Sulle ali dell’unità – lanciava un messaggio di speranza a fronte di proclami di guerra, discriminazioni razziali e religiose, stragi più o meno annunciate.
Tuttavia, come il fenomeno terroristico, anche questi messaggi di pace non nascono dal nulla. Il Dr. Mohammad Shomali e sua moglie Mahnaz dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso sono impegnati in Europa prima, in Iran, poi, ed ora nuovamente a Londra, a costruire ponti di dialogo soprattutto fra l’Islam sciita e il cristianesimo. Si sono aperte diverse strade e, a fronte di un dialogo più tipicamente monastico insieme al mondo benedettino, hanno iniziato una proficua e ricca collaborazione con il Movimento dei Focolari. Per vari anni, infatti, si sono realizzate visita di gruppi di studenti in Italia ed una di rappresentanti dei Focolari a Qum, fino alla permanenza, nel 2015, di un gruppo di giovani studentesse iraniane nella cittadella di Loppiano. Qui il Prof. Shomali, dal 2015 direttore dell’Islamic Centre di Londra, ha incontrato il teologo italiano Piero Coda, Rettore dell’Istituto Universitario Sophia. Nei due studiosi è nata l’idea di approfondire un argomento coinvolgente, e non solo dal punto di vista accademico: l’unità di Dio e l’unità in Dio. Se la prima parte dell’argomento parla chiaramente della sensibilità musulmana, la seconda si radica nella prospettiva cristiana, in particolare nella sensibilità cresciuta attorno al carisma di Chiara Lubich che ha letto il Vangelo in chiave tipicamente comunitaria.
L’evento di Primero, nella vallata e nei borghi che hanno visto maturare le prime profonde intuizioni della Lubich negli anni Quaranta del secolo scorso, 40 studenti delle due religioni si sono aperti a un confronto sereno e impegnato su questi due argomenti.
Si sono alternati momenti di riflessione e condivisione su passi delle rispettive Scritture, lezioni frontali sul tema del corso, ma anche sul rapporto di cristianesimo e islam con seguaci di altre fedi. Non sono mancati momenti di preghiera, secondo le rispettive tradizioni ma alla presenza di coloro che desideravano parteciparvi. Decisiva la giornata passata in montagna proprio sulle Pale di San Martino, dove la condivisione è cresciuta in vera comunione nel contesto di una natura incomparabile e dove, al termine della giornata, si è concluso con una preghiera-patto che ha sigillato un comune impegno al dialogo.
La settimana di dialogo sciita-cristiana ha rafforzato in tutti la certezza che il dialogo è un dovere come recita papa Francesco nella Evangelii Gaudium.
A questo proposito, nel corso di una intervista con la Radio Vaticana, il Dr Shomali ha affermato che “se nel passato noi vedevamo che le diverse culture non interagivano fra di loro e ciascuna era isolata nelle diverse parti del mondo, oggi vediamo che nelle stesse città le comunità e le culture, anche se vicine, non si mettono insieme e rimangono comunque isolate all’interno dei propri quartieri. Quindi quello che noi possiamo fare per superare questo isolamento e questa separazione, è dare alle persone una maggiore sicurezza che la loro identità rimane e non si perde nell’ incontro con gli altri.
Quello che io mi sto impegnando a fare con i professori e i giovani musulmani del mio Istituto è proprio dire loro che puoi essere religioso e molto attaccato alla tua fede, ma nello stesso tempo puoi aprirti ai tuoi fratelli cristiani.
E posso dire che i miei amici del Movimento stanno facendo lo stesso con i giovani studenti cristiani.”
L’esperienza, destinata ad avere importante ricadute nei Paesi di origine dei giovani partecipanti, è stata un passo importante “per formare le nuove generazioni a uno spirito di dialogo, e più in generale a quella cultura dell’incontro a cui ci invita papa Francesco, come lievito di una nuova civiltà”.