Sassoli, cambiare l’Europa del debito
Appare strano l’attacco subito in Italia, anche all’interno al suo partito, da David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, per il contenuto di una intervista rilasciata a Repubblica dove si limita a considerare una «ipotesi interessante» quella di cancellare i debiti contratti dai Paesi Ue per rispondere all’emergenza da Covid 19.
Se e quando passerà la pandemia resteranno, infatti, i debiti che gli Stati stanno accumulando come un fardello per le generazioni future. Debiti pubblici resi possibili dalla sospensione del patto di stabilità e dell’interventismo della Bce, senza i quali non si parlerebbe di decreto ristori, reddito di emergenza, cassa integrazione e di tutte le misure necessarie per evitare la caduta nella miseria di una larga fascia di popolazione oltre a quella che già la sperimenta.
Sappiamo che l’intervento europeo è destinato ai piani di ripresa per uscire dalla crisi e ripagare quindi il debito. Come è messo in chiaro sul sito ufficiale dell’UE «Il bilancio a lungo termine dell’UE, unito all’iniziativa Next Generation EU, strumento temporaneo pensato per stimolare la ripresa, costituirà il più ingente pacchetto di misure di stimolo mai finanziato dall’UE» per un «totale di 1.800 miliardi di euro».
Oltre all’intralcio nell’avvio del Recovery plan, provocato dalle impuntature di Polonia e Ungheria, esiste il problema sottolineato, in una pubblicazione scientifica, da Marco Buti, uno dei più stretti collaboratori del commissario europeo all’economia Paolo Gentiloni, sul ritardo nella consegna, in Europa, del piano di ripresa da parte dell’Italia.
Andando oltre le formule generiche, ma accattivanti sulla “generatività” o “rigenerazione”, la proposta per risolvere il fardello di un debito insostenibile, contratto senza colpa alcuna dagli Stati, non è una formula estemporanea ma una tesi sostenuta da molto tempo da un nutrito gruppo di autorevoli economisti internazionali e rilanciata, in Italia, tra l’altro, da Leonardo Becchetti. Il professore di Roma Tor Vergata ha ripreso più volte e commentato il piano di ristrutturazione del debito PADRE (Politically Acceptable Debt Restructuring for the Eurozone) avanzato da Pierre Paris e Charles Wyplosz.
Da ultimo è arrivata la tesi su titoli irredimibili garantiti dalla Bce avanzata da Francesco Giavazzi, economista della scuola liberale, e Guido Tabellini, ex rettore della Bocconi. Si tratta ovviamente di entrare nel dettaglio delle proposte, ma è un segnale della straordinaria situazione che ci troviamo a vivere e che, nel caso di un debito insostenibile, comporterebbe la necessità di intervenire con tagli alle spese sociali, comprese quelle sanitarie pubbliche che tutti oggi lodano come indispensabili per impedire l’avanzare dell’epidemia.
Impedire di parlare di una ipotesi di lavoro in esame a livello europeo rappresenta, per Emanuele Felice, responsabile economico del Pd che si distacca da altri commenti, come una semplice espressione di miopia e provincialismo.
L’altro scandalo suscitato dall’intervista di Sassoli è relativo alla proposta di svincolare i prestiti possibili per le spese sanitarie dai legami di uno strumento come il Mes per farli rientrare in un ambito comunitario e non più intergovernativo dove prevalgono gli stati più forti, liberando cioè la questione dal timore latente di clausole imperative sul recupero del credito.
Un modo pragmatico per scongelare i 400 miliardi di euro del Meccanismo europeo di stabilità su cui grava il ricordo dei gravi errori di gestione della crisi del 2008, che non è stata affatto generativa, come testimonia il caso greco.
Sassoli si spinge inevitabilmente a dire che occorre cambiare il governo dell’Europa e quindi «mettere mano ai trattati». Affermazione importante se formulata dal presidente di quel Parlamento europeo che è riuscito, l’11 novembre, a spuntare un accordo con il Consiglio europeo per far rientrare nel budget pluriennale di spesa le risorse inizialmente tagliate su salute e ricerca.
C sono quindi elementi che meritano un confronto aperto a livello politico nel merito delle tesi avanzate da Sassoli senza censure preventive, ma questo non può avvenire restando all’interno del perimetro del dibattito interno ai partiti.
Come fa notare Becchetti, citando la ricerca autorevole di Carmen Reinhardt e Christoph Trebesch, «la cancellazione parziale del debito è un evento non infrequente nella storia anche recente, anche per le nazioni ad alto reddito»: esistono 48 casi di cancellazione parziale del debito accaduti nel Ventesimo secolo con «effetti positivi e significativi su stock e servizio del debito, Pil pro capite negli anni successivi e assenza di peggioramento nel successivo rating creditizio».