I rischi del decreto sicurezza

Le nuove norme in materia di immigrazione viaggiano veloci verso l’approvazione definitiva con il voto di fiducia della Camera. Intervista al padre scalabriniano Gabriele Beltrami sugli aspetti critici del decreto

Ormai sembra fatta. Il “decreto sicurezza” procede veloce verso la sua approvazione anche alla Camera per la conversione in legge entro il 3 dicembre.

Venerdì 23 novembre, la commissione Affari costituzionali non ha discusso gli emendamenti presentati, anche dai partiti della maggioranza, relativamente ad alcuni aspetti critici che appaiono in contrasto con le garanzie costituzionali e dei diritti riconosciuti nelle Convenzioni internazionali. Continuano manifestazioni, appelli e sit-in, ma il governo Conte è determinato a porre la questione di fiducia.

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I missionari cattolici scalabriniani sono da sempre in prima fila per la giusta accoglienza delle persone migranti («Ero straniero…»). Abbiamo perciò rivolto alcune domande a padre Gabriele Beltrami, responsabile della comunicazione della congregazione, per entrare nel merito della criticità di alcune norme del decreto.

Non sembra che ci siano margini per ottenere qualche cambiamento in materia, visto che anche i pochi “dissidenti” del M5S sembrano rientrati nei ranghi. Cosa è che vi preoccupa di più dei provvedimenti decisi dal governo?

Le misure contenute nel Decreto sicurezza e immigrazione – già questa congiunzione dei due macro temi è un primo grosso punto interrogativo per noi – restano all’interno della “logica” dell’emergenza, certamente non adeguate se si ritiene di voler gestire il fenomeno delle migrazioni umane. Modificare l’impianto normativo attuale per quel che riguarda la protezione internazionale e l’accoglienza, conferma una lettura della realtà della mobilità umana e di conseguenza un approccio superficiale, dai forti tratti denigratori. Preoccupa anche il peggioramento delle condizioni dei lavoratori migranti, i quali continueranno a cadere nelle grinfie del caporalato e, stando così le cose, anche in una maggiore irregolarità proprio per la mancanza del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Senza diritti e senza permesso di soggiorno la vulnerabilità è garantita e con essa l’illegalità alla quale sempre più persone andranno incontro.

Vista la forte diminuzione degli ingressi di migranti in Italia, è necessario, come fa il governo, far valere le ragioni dell’Italia contro l’indifferenza degli altri Paesi europei?
Se di “ragioni” si deve parlare, queste sarebbero legittime se non fosse, ahimè, vero che l’Italia, la quale non perde occasione per rinfacciare agli Stati dell’Ue di prendersi i “suoi” migranti o richiedenti asilo, non ha sempre ottemperato agli impegni che ha preso essa stessa nei confronti dei partner. Un “prendere” e un “dare”, o meglio “rifiutare” esseri umani che ormai non fa vergognare più nessuno dei nostri leader politici e lascia sempre più impietriti coloro che ancora si riconoscono nella razza umana. Un Paese come l’Italia, con i suoi 7.456 chilometri di coste aperte al Mediterraneo, con la sua storia e il suo patrimonio culturale e religioso, non può permettersi certe semplificazioni di problematiche complesse o addirittura talune distorsioni della realtà, atte solo a destabilizzare la gente comune, fomentando odio e guerra tra poveri. Occorre perciò un approccio al tema migratorio che sia scevro da pregiudizi, aperto ad un confronto ampio, dialogico, costruttivo con tutte le componenti della società odierna, smettendo un certo martellamento stile spot elettorale che parla solo alla pancia e al portafoglio sempre più vuoto delle persone, fomentando reazioni di odio e razzismo.

Quando si dice comunemente che “non possiamo accogliere tutti”, cosa rispondete? Esiste un ragionevole limite al numero degli ingressi nel nostro Paese?
Papa Francesco, se si vuole dire le cose come stanno, parla sì di accoglienza, ma raccomanda di unirla alla virtù della prudenza, considerando «le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi» (messaggio per la Giornata mondiale della Pace 2018). È questo il punto delicato sul quale non si possono fare semplificazioni faziose, soprattutto da parte di chi preferisce leggere la storia a compartimenti stagni e negare il carattere strutturale della mobilità della persona umana fin dagli albori della sua presenza su questa terra. Sappiamo benissimo, e le ricerche recenti di Caritas ce lo ricordano, che per gli italiani l’immigrazione è più un problema che un’opportunità. Opinione che appare associata con il livello di fiducia verso il nostro Paese. Considerando fragili le istituzioni e non ritenendole in grado di governare il fenomeno migratorio, anche coloro che vivono l’esperienza della mobilità pagano le dirette conseguenze vedendosi additati come “il” problema del momento. Un percorso da compiere urgentemente è, al contrario, quello che porti ad accogliere, tutelare, promuovere, integrare – per usare le ormai celebri parole del papa – a patto che sia serio e duraturo, che garantisca a tutti coloro che vi si inseriscono la possibilità reale di ricostruire quanto la guerra, la persecuzione, l’impoverimento del terreno a causa di mutamenti climatici ha tolto loro.

 Avete aperto a Roma una casa di accoglienza nel quartiere multietnico di Torpignattara, teatro di un delitto efferato a sfondo razziale nel 2014. Come procede il vostro lavoro? Non sarebbe opportuno evitare di concentrare solo in alcune zone della città la presenza multiculturale dei ceti sociali più popolari?
La scelta di aprire CasaScalabrini634 (questo il nome tratto dal numero civico di via Casilina in cui si trova) nel quartiere di Torpignattara è stata motivata unicamente dalla presenza di una struttura della congregazione scalabriniana, sede dell’Istituto Teologico che 5 anni fa ha cambiato sede. Dovendo decidere cosa farne, durante un’assemblea dei missionari operanti in Europa ed Africa si è proposto di farne la sede del progetto attuale. CasaScalabrini634 procede a gonfie vele, grazie agli operatori presenti e ai tanti volontari che si alternano per e varie attività sorte in questi 4 anni. È una casa, è bene sottolinearlo, che accoglie tutti: migranti, rifugiati e italiani e con tutti e tre questi gruppi coinvolge nelle varie azioni che sostengono il progetto. Tra le punte di diamante è attiva anche la webradio “OnTheMove” che si prefigge di dare voce agli ospiti della casa ma non solo. Essa raduna infatti e offre spazio al territorio per far conoscere le tante buone pratiche attive e poco conosciute ma che da anni vivono e animano quartieri e aree della Capitale, mostrando che la diversità è sempre ricchezza e che tutti, come dice lo scrittore Tahar ben Jelloun,«siamo sempre lo straniero di qualcun altro».

qui il decreto sicurezza spiegato in 10 punti

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