Regno Unito: è Liz Truss la nuova premier

È finita l'era di Boris Johnson. I Tories hanno eletto una nuova leader, che assume anche le funzioni di prima ministra del Regno Unito. Bassa, però, la percentuale delle preferenze ricevute.
Liz Truss, nuova prima ministra britannica, foto Ap.

Il partito conservatore britannico ha annunciato che la sua nuova leader è Liz Truss, ministra degli Esteri negli ultimi 12 mesi nell’esecutivo di Boris Johnson, dimessosi dopo una gestione confusa della pandemia di Covid-19, una politica economica da molti criticata e una serie di scandali venuti alla luce nella prima metà di quest’anno, che gli sono costati la disaffezione della maggior parte dei suoi elettori e dei membri del suo partito, ma anche di molti dei suoi stessi ministri che si sono via via dimessi.

L’altro sfidante alla guida del governo era Rishi Sunak, già cancelliere dello Scacchiere. Hanno partecipato al voto circa 142 mila membri del partito, che hanno espresso più di 81 mila voti per Truss, una percentuale più bassa di qualsiasi leader nella storia recente.

La campagna elettorale ha riguardato molti temi: dall’inflazione al carovita, dall’aumento delle bollette a quello relativo ai prezzi delle materie prime. Infatti, il Regno Unito è afflitto dalla più grave crisi economica degli ultimi 40 anni, che vede l’aumento dei prezzi dei generi alimentari che ha accelerato la spirale inflazionistica: non solo pane e cereali, ma anche latte e derivati, hanno raggiunto i livelli più alti degli ultimi 14 anni, portando il tasso d’inflazione oltre il 10%, il più alto tra gli Stati membri del G7.

Truss, che sarà formalmente nominata prima ministra dalla regina Elisabetta II probabilmente oggi pomeriggio, ha subito annunciato «un piano audace per tagliare le tasse e far crescere la nostra economia», aggiungendo che affronterà anche le sfide poste dalle bollette energetiche elevate o dal servizio sanitario nazionale in crisi, dicendosi sicura di «una grande vittoria per il partito conservatore nel 2024», al più tardi nel gennaio 2025, quando si terranno le prossime elezioni nazionali.

È la terza volta nella storia britannica che una donna assumerà l’incarico di prima ministra, la terza volta negli ultimi anni che si verifica un cambio di primo ministro senza passare per le elezioni nazionali, quarto premier negli ultimi sei anni turbolenti caratterizzati dalla Brexit. Infatti, la sua nomina arriva a conclusione di un iter di voto a livello nazionale da parte degli iscritti al partito conservatore che è durato diverse settimane nel corso dell’estate.

Il primo ministro britannico uscente, Boris Johnson (AP Photo/Kirsty Wigglesworth).

Non sarà facile per la nuova leader serrare le fila di un partito conservatore in crisi interna, se non propriamente dilaniato. Infatti, oltre metà dei conservatori (55%) pensa che il partito non avrebbe dovuto costringere Boris Johnson a dimettersi. Inoltre, il partito laburista ha maturato un vantaggio di oltre il 10 % su quello conservatore, mentre oltre metà degli elettori vorrebbe un voto entro l’anno.

Alcuni commentatori hanno paragonato Truss a Margaret Thatcher, prima ministra conservatrice in carica dal 1979 al 1990. Chi non stima Truss, afferma che lei dice quello che gli altri vogliono sentire e cambia idea a seconda di dove soffia il vento. Senza dubbio, certo trasformismo ha finora caratterizzato la sua carriera politica: da presidente degli studenti Liberal Democratici dell’Università di Oxford, quando sosteneva la legalizzazione della cannabis e l’abolizione della famiglia reale, si è poi spostata su posizioni conservatrici, con una rapida ascesa nel partito conservatore.

Truss è stata membro degli ultimi esecutivi britannici, con David Cameron, Theresa May e Boris Johnson, quale ministra dell’Istruzione, poi dell’Ambiente, quindi della Giustizia, passando per il Commercio internazionale e le Pari opportunità, per finire agli Affari esteri. Quel che è certo è che le sue posizioni verso l’Europa sono alquanto rigide e aggressive; infatti, durante la campagna elettorale, ha promesso che intende far scattare l’articolo 16 che sospende il protocollo sull’Irlanda del Nord. Tale iniziativa avrebbe, indubbiamente, gravi conseguenze, determinando un peggioramento delle relazioni tra l’Unione europea (Ue) e il Regno Unito, nonché una serie di controversie complesse.

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