Quanto siamo influenzabili? La tua opinione conta!
Per rispondere a tutte queste domande dobbiamo fare un passo indietro nella storia non troppo lontana.
All’inizio del secolo scorso nasceva la psicologia sociale, con l’intento di spiegare l’interazione tra individuo e gruppi. Per farlo occorreva approfondire i processi interni all’individuo, come le persone si influenzano, prendono decisioni, si motivano, si conformano, si danno dei ruoli, a quali condizioni mantengono o perdono la congruenza tra comportamento-valori-credenze, e molto altro.
Contemporaneamente si sviluppava la psicometria con i primi strumenti da un lato per misurare le abilità, i comportamenti e le caratteristiche di personalità e dall’altro lo sviluppo della psicodiagnostica utile a rilevare i disturbi mentali e la predisposizione ad essi.
Due occasioni diedero una spinta importante allo sviluppo della psicometria abbinata alle conoscenze di allora sul comportamento delle persone. Il governo statunitense si avvalse per la prima volta dell’uso di test per rilevare le caratteristiche personali degli arruolati alla prima guerra mondiale. Successivamente con la depressione del 29 dopo il crollo di Wall street, i generi alimentari scarseggiavano e bisognava invogliare le persone a consumare anche cibi che erano ritenuti di seconda scelta. Dai sondaggi emergeva che erano rifiutati a causa del gusto, dell’odore e dell’aspetto. Fu per promuoverne la vendita che cominciarono a diffondersi i primi corsi di economia domestica. I cibi nutrienti ritenuti di seconda scelta andavano resi appetibili avendo cura della loro preparazione e presentazione in tavola, e pubblicizzandone le qualità nutrizionali. Erano i primi esperimenti di marketing sociale.
Psicologi, sociologi, demografi, pubblicitari interagivano tanto in quel periodo che fu molto fervido per gettare le basi delle nostre attuali conoscenze sul comportamento umano.
Quattro concetti a mio avviso diedero il primo contributo essenziale allo sviluppo sempre maggiore della psicologia applicata al comportamento: 1) l’elaborazione da parte di Burrhus Skinner del “condizionamento operante” (un comportamento, se associato ad uno stimolo costante e ripetuto, può essere cambiato e mantenuto per via della riproposizione dello stimolo. Ad esempio, quando navighiamo in Internet e ci appare la pubblicità di un prodotto che avevamo cercato in precedenza, quel prodotto è uno stimolo potenzialmente capace di invogliarci all’acquisto e dunque di modificare il nostro comportamento); 2) la teoria dei bisogni di Abraham Harold Maslow con la sua meglio nota “piramide dei bisogni” (i bisogni si sviluppano secondo una gerarchia per cui una volta soddisfatti i bisogni di sussistenza e di sicurezza la persona può procedere verso livelli più alti di appartenenza, autostima e autorealizzazione. Conoscere questa gerarchia comporta terapeuticamente la possibilità di sostenere la persona nella presa in carico dei suoi bisogni trascurati, a livello di marketing offre la possibilità di stimolare attraverso diversi canali, ad esempio quello mediatico, bisogni specifici nella persona che da se stessa non è detto che rileverebbe o non in quel momento); 3) l’apprendimento per modelling di John Dollard e Albert Bandura secondo cui apprendiamo non solo per esperienza diretta ma anche indirettamente attraverso l’osservazione dell’esperienza altrui; 4) la teoria del campo di Kurt Lewin sulla soggettività dei processi percettivi, sull’interdipendenza tra i fenomeni sociali, l’importanza del contesto e il modo come interagiscono e si influenzano i gruppi ed i sottogruppi nei sistemi complessi (come ad esempio famiglia, gruppi di lavoro, gruppi amicali, partiti politici, società).
Il lavoro di questi psicologi è ancora oggi ritenuto molto importante per la comprensione, prevenzione ed il trattamento del disturbo psicologico ed è alla base dei processi di formazione e di marketing.
Leggi qui la seconda parte: Influenzare le persone si può
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