Palmieri: i valori di un centrodestra unito
Con il deputato di Forza Italia, Antonio Palmieri, abbiamo cominciato una disamina delle grandi questioni politiche osservate dalla prospetiva del centro destra italiano. Nella prima parte dell’intervista abbiamo inevitabilmente toccato il tema dei sistemi elettorali sul quale proseguiamo il diaolgo.
In tema di alleanze Berlusconi esorta il centrodestra all’unità, ma la Lega di Salvini e Fratelli d’Italia della Meloni spesso si trincerano su posizioni distanti. Il centro poi è più disgregato che mai: Alfano teme di scomparire se la nuova legge avrà soglie di sbarramento troppo alte, e Casini si dice “padre nobile, senza rivalse”. Anche i rapporti di forza sono molto diversi. Come si fa la sintesi di esperienze politiche che oggi sembrano molto lontane?
L’impianto valoriale è assolutamente identico. Lo abbiamo dimostrato per esempio col voto sulla legge sul testamento biologico alla Camera votando contro. La concezione della presenza dello stato nell’economia è assolutamente sovrapponibile. Oggi Salvini dice fuori dall’Europa, e vent’anni fa Bossi diceva fuori dall’Italia, ma questo non ha impedito di governare bene in tante regioni del nord e di continuare a farlo ancora adesso con la Lega di Salvini. Non ha impedito che Berlusconi sia stato il premier più longevo della storia repubblicana, né di mettere in campo tante riforme, molte cancellate dalla sinistra ma molte che sono ancora legge. Il dibattito del giorno per giorno politico e la necessità che ciascuno parli ai suoi elettori per tenerli insieme e motivarli non vanno confusi con l’impossibilità di stare insieme. Lo dimostra il passato ma anche il presente in Lombardia e Veneto e in molti comuni. Alle prossime amministrative in tutte le situazioni importanti noi corriamo con la coalizione.
E il rapporto con i centristi?
Con loro il rapporto è stato determinato dalla scelta fatta da Alfano di sostenere per quattro anni i governi della sinistra, ma anche qui ci sono tanti centri e i centristi che hanno votato no al referendum: Fitto, Quagliariello, Parisi, personalità con le quali è possibile recuperare un rapporto. Tutto dipenderà dal sistema elettorale: se prevederà il premio di maggioranza alle coalizioni o alla lista.
Un tema divisivo all’interno del centrodestra è quello delle primarie. Salvini e Meloni ne fanno una questione irrinunciabile, ma Berlusconi sembra irremovibile. Del resto le fanno tutti i maggiori partiti: Pd, M5S, Lega. Pensa che ci saranno aperture da parte di Fi?
Come ha detto Berlusconi, le primarie sono uno strumento in sé nobile; ma finché non saranno regolate con chiarezza da una legge sono esposte comunque al fatto di poter essere inquinate, come si vede nel Pd. Uno strumento fatto non all’americana ma “all’amatriciana” rischia di essere inquinato e di non corrispondere alla nobiltà della funzione per la quale è pensato.
Se la Corte di Strasburgo annulla la condanna in applicazione della Legge Severino, con la correlata incandidabilità per Silvio Berlusconi, che ruolo potrà avere il presidente nella prossima tornata elettorale?
Ha chiarito che a prescindere dalla sentenza lui sarà pienamente impegnato nella campagna elettorale, e questo è quello che importa per tenere insieme e motivare i nostri elettori.
Dalla vittoria di Macron in Francia che lezione viene ai partiti italiani?
Macron è stato preceduto nel 1994 da un signore che in tre mesi ha creato un partito e ha vinto le elezioni. Se i partiti tradizionali non sono capaci di rinnovarsi sono destinati a perire, se emerge una leadership diversa il vuoto lasciato dai partiti tradizionali è colmato da questa nuova leadership. Ma in Italia la situazione è diversa: c’è un fronte di centrodestra comunque presidiato, il Pd ha un segretario appena confermato, c’è Grillo: per cui non siamo nella situazione di sfascio dei partiti tradizionali paragonabile a quella che c’è in Francia da tanto tempo.
Quindi da noi la rottamazione, oltre ad esser fallita, non è nemmeno necessaria? Allora come si rinnovano i partiti?
Renzi ha scalato il suo partito, ha costretto ad andar via persone ancorate ad una visione diversa dalla sua, per cui lì è presidiato. Grillo, finché dura l’ondata del malcontento e del giustizialismo, può godere di una rendita di posizione che apparentemente non è scalfita nemmeno dai disastri che stiamo vedendo a Roma ormai a un anno dalle elezioni. Noi, come i sondaggi dimostrano, abbiamo una capacità competitiva se siamo tutti insieme, come è sempre stato nella nostra storia. Quando nel 1996 la Lega andò separata da noi perdemmo perché l’elettore del centrodestra vuole l’unità di chi lo rappresenta, ora presidiato da Berlusconi, Salvini e Meloni. Quindi non siamo paragonabili alla situazione francese.
Questo significa che non serve rinnovare Forza Italia?
Sì che serve, Berlusconi è ben consapevole dell’esigenza di un rinnovamento e ci sta lavorando da diverso tempo: ha detto che noi avremo un terzo dei candidati uscenti; un terzo di candidati promossi, ovvero sindaci e consiglieri che hanno già dato buona prova di sé e di esperienza; e un terzo di candidati dalla società fuori dalla politica e dal partito, quindi dalle imprese, le associazioni, il mondo del terzo settore.
Il M5S sembra raccogliere un consenso cresce nel cosiddetto “elettorato cattolico”. Forza Italia come si pone di fronte a questa prospettiva?
A me sembra una illusione ottica, nel senso che non basta una intervista fatta da Avvenire da Grillo per compensare i comportamenti dei suoi parlamentari, che sul testamento biologico esprimevano una posizione molto forte esplicitamente a favore dell’eutanasia. Quindi è comprensibile il tentativo di parlare a tutti gli elettori, però credo che molti cattolici che hanno votato il Movimento 5stelle lo hanno fatto perché stufi dell’offerta tradizionale. Se però vanno a guardare bene dentro qual è il tessuto il culturale e i valori che stanno nel M5S credo che possano vedere una sostanziale incompatibilità.
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