Per non dimenticare l’Olocausto
Affrontare le leggi del nostro Paese è impegnativo, per almeno due motivi. In primo luogo per il loro numero: a quanto pare (l’ipotesi è d’obbligo) siamo il Paese più propenso a legiferare, su qualsiasi argomento. Nel mare magnum dei nostri innumerevoli atti legislativi è difficile individuare leggi che abbiano anche un significato proprio, magari non solo burocratico. In secondo luogo le nostre leggi sono estremamente complicate; è cosa rara che qualcuno si prenda la briga di leggerle per espandere le proprie conoscenze. La Legge 211 del 2000 che ha istituito in Italia il “Giorno della Memoria” per non scordare l’Olocausto, segna un’eccezione evidente e merita di essere letta e meditata. D’altra parte è semplice: si tratta di una quindicina di righe organizzate in due soli articoli. È la legge in assoluto più chiara che in Italia stabilisce semplicemente che il 27 gennaio di ogni anno debba essere dedicato a «ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico)».
Ma non solo, anche «le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati» (Art.1).
Il secondo articolo della Legge sulla Memoria invita ad organizzare cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto sia al popolo ebraico, sia agli altri deportati nei campi nazisti per i più diversi motivi.
E infine il senso della Legge sulla Memoria: «Affinché simili eventi non possano mai più accadere».
La Legge italiana sulla Memoria ha registrato anche un piccolo record del quale dovremmo andare fieri: per data di promulgazione (anno 2000, in Italia) la Legge per non scordare l’Olocausto si colloca al secondo posto nel mondo, subito dopo la Germania, che ha promulgato una legge simile nel 1989.
Molti altri Paesi seguiranno, qualche anno dopo. Entrambe le leggi dell’Italia e della Germania confermarono la giornata del 27 gennaio, così come farà, nel 2005, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, con la Risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale, che designa la stessa data come “Giornata internazionale di commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto”.
Ancora un’altra caratteristica della nostra Legge 211 sulla Giornata della Memoria: fu una legge bipartisan, come suole dirsi in linguaggio politico; ebbe la rara prerogativa di essere approvata a larghissima maggioranza dopo un dibattito che riguardò quasi esclusivamente la data da individuare.
Nel 2000 vennero prese in considerazione altre due date alternative a quella che poi verrà prescelta. Alcuni deputati proposero di onorare la data del 16 ottobre 1943 in cui avvenne il rastrellamento nazi-fascista del ghetto di Roma. In questo caso sarebbe stata enfatizzata la responsabilità italiana e del regime fascista, a discapito della dimensione internazionale che dovrà acquisire.
Fu proposta anche un’altra data, il 5 maggio, sostenuta in particolare dai settori più politicizzati del panorama politico italiano, che avrebbe preferito il giorno della liberazione di Mauthausen, in Austria, dove i campi furono “liberati” dall’esercito inglese. La maggioranza dei deportati politici del nostro Paese aveva avuto quella destinazione, altrettanto tragica.
La decisione finale che il nostro Paese prenderà, il 27 gennaio, non era dunque scontata, all’epoca, anche se rimandava ad una data significativa anche a livello europeo, il 27 gennaio del 1945: si tratta del giorno in cui la 60esima Armata del primo fronte ucraino dell’esercito dell’Unione sovietica si trovò all’ingresso di un campo di concentramento nella cittadina polacca di Oswiecim, quasi sul confine con la Germania.
I nazisti, che chiamavano Auschwitz quella località della Polonia occupata sin dal 1933, avevano abbandonato i campi di quella zona in fretta e furia, trascinandosi dietro gran parte dei deportati. Si calcola che nelle diverse “marce della morte” verso la Germania morirono almeno 15 mila persone (United States Memorial, “Enciclopedia dell’Olocausto”).
Nel campo principale di Auschwitz rimasero circa 7 mila persone; i nazisti non avevano avuto il tempo di trucidarle, né di distruggere baracche e documenti. I soldati russi ebbero così la possibilità di arrivare in un campo praticamente intatto ed ebbero anche la prontezza di documentare l’orrore di quella scoperta.
Secondo lo storico polacco A.J. Kaminski, che ha studiato in termini comparativi i campi di concentramento e in particolare i modelli totalitari, essi hanno costituito «il maggior marchio di infamia del Novecento», e «uno dei più terribili flagelli che l’umanità del nostro tempo ha inflitto a sé stessa».
La Legge 211 del 2000 ha istituito il Giorno della Memoria affinché questi avvenimenti non vengano dimenticati. Mai. E fino ad oggi quel disposto legislativo sembra che abbia funzionato, ancora una volta con metodo condiviso, viste le innumerevoli iniziative che istituzioni, scuole e università dedicano alla memoria dell’Olocausto. Il passato come monito per il presente e per il futuro.
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