Macron e la carezza al papa

Nel corso della sua visita di mercoledì scorso in Vaticano, il gesto affettuoso del presidente francese ha suscitato commenti di segno opposto. Come di segno opposto è la personalità dell’abitante dell’Eliseo

Un incontro assai lungo, rispetto alla norma, segno che Macron e Bergoglio avevano molte cose da dirsi. Questo è il dato di fatto più importante della visita di mercoledì 27 giugno del presidente Macron in Vaticano. Sul tavolo certamente le questioni migranti, Medio Oriente, Africa ed Europa, cioè le aree in cui più forte sono gli interessi dello Stato francese.

Per chi segue attentamente le azioni e le parole di Emmanuel Macron la carezza vaticana non appare poi così strana e sorprendente. In effetti il presidente francese ha nella sua personalità un doppio fronte: quello più umanista e umanitario dell’uomo di cultura – legato al suo periodo di lavoro con una delle menti più fertili del cristianesimo europeo, Paul Ricoeur –, e quello più tecnocratico e a tratti persino cinico dell’uomo politico – che appena finito il lavoro con il filosofo protestante è andato a fare il direttore degli investimenti di una grande istituzione finanziaria come quella della famiglia Rothschild.

Macron è cioè capace di slanci umani, umanistici e umanitari che lasciano sorpresi (basti rileggere certe sue dichiarazioni fatte in Africa nei Paesi del Sahel, Burkina Faso e Niger in particolare) per la loro apertura, per la rilettura del passato, per un profondo desiderio di farla finita col passato imperialista e coloniale di Parigi. Ma poi, concretamente, negli atti di “governo” della regione, si comporta come un uomo forte e appoggia personaggi di grande ambiguità della regione, senza rinunciare di un pelo ai privilegi ex-coloniali, come ad esempio lo sfruttamento dell’uranio nigerino.

Macron, inoltre, è anche un grande comunicatore: di certo nella sua mente, che vorrebbe controllare tutto, gli effetti di una carezza al papa erano ben chiari. Non si fa un gesto del genere senza saperne le conseguenze. Ma lo ha fatto, cedendo certamente a i sentimenti di “simpatia” e di “rispetto” che il pontefice ha saputo suscitare in lui, arrivato stanco, rabbuiato e in ritardo da un incontro con Sant’Egidio sulle migrazioni.

Tra tutti i commenti registrati sulla stampa italiana e francese, quello di Riccardo Cristiano mi sembra uno dei più azzeccati: «Proprio “riconoscimento” può essere la parola chiave. La teoria del riconoscimento è centrale nell’opera di un intellettuale caro tanto a Bergoglio quanto a Macron: Paul Ricouer. Per lui libero e volontario non sono sinonimi. Questo pensiero ispira tanto la Laudato Si’ quanto la Amoris Laetitia. L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio arriva finalmente a riconoscere nella natura, nel creato minerale, vegetale e animale, dei compagni di creazione da tutelare, di cui prendersi cura, come dei suoi fratelli in umanità».

Sovrapponendo mentalmente le immagini del papa accarezzato da un presidente commosso e di un Macron scarmigliato e tesissimo, talvolta stizzito, all’ultimo vertice europeo emerge forse un po’ più chiaramente la personalità di un uomo dalla fervida intelligenza pratica che vorrebbe sostanziare con un afflato spirituale e umanista. Ma la via scelta è difficile, tra amicizia e cinismo, tra profondità benedetta del pensiero e operatività politica maledettamente legata alle contingenze. Macron come un Giano bifronte che guarda al futuro e al passato contemporaneamente?

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