Una lettera a Mattarella contro la politica delle armi
Il 27 gennaio, giorno dedicato alla memoria della Shoah, è partita da Assisi un’iniziativa che declina la politica di pace non in maniera generica, ma a partire dal caso emblematico delle bombe prodotte in Italia e destinate alla guerra in corso nello Yemen. Dalla città umbra è stato lanciato un ponte con Iglesias, comunità che resiste all’espansione della fabbrica di bombe nel suo territorio e chiede, Costituzione alla mano, una vera politica di riconversione economica per un lavoro a favore della vita.
Ogni 27 del mese, nella città di san Francesco si celebra lo “Spirito di Assisi”, con momenti di preghiera e di incontro tra rappresentanti di varie religioni. Certo, è importante pregare. Chi prega, secondo i credenti, “ha le mani sul timone della Storia”, ma è sufficiente parlare di pace? Si possono fermare le guerre senza impegnarsi per un reale disarmo? Sono le armi che alimentano i conflitti senza omettere le radici della “civiltà della guerra” in un tempo come il nostro dove non si usa la clava, ma la bomba atomica.
Per questi motivi, come cittadini del XXI secolo, dobbiamo fare lo sforzo di andare oltre la semplice commemorazione dell’Olocausto, momento che può essere sterile se non offre le categorie necessarie per modificare le “strutture di peccato” attuali, che portano alla violazione della dignità umana. Il sindaco di Assisi, Stefania Proietti, e il vescovo, Domenico Sorrentino, hanno lanciato perciò un forte appello al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, perché levi la sua voce autorevole per fermare l’invio di armi italiane verso i Paesi in guerra.
«Come rappresentanti del Comune di Assisi e della Diocesi di Assisi, Nocera Umbra, Gualdo Tadino, insieme a molte espressioni della società civile di questa città, non abbiamo potuto fare a meno di rivolgere il nostro pensiero e le nostre preoccupazioni anche per le vittime della violenza del terrore e della guerra, così come alle cause che generano i conflitti e la violazione dei diritti umani fondamentali ancora oggi. In questo contesto – hanno scritto – ci siamo interrogati sulla produzione delle armi e sul loro commercio e, in particolare, sulla produzione di bombe nello stabilimento RWM di Domusnovas destinate all’Arabia Saudita, che le utilizza per bombardare pesantemente lo Yemen».
Nell’incontro pubblico organizzato nel palazzo municipale assieme a Libera, a Pro Civitate Christiana e al Movimento dei Focolari, monsignor Sorrentino ha ricordato che «non possiamo farci belli dei meriti dell’allora vescovo Nicolini e dei giusti che salvarono molte vite umane». Circa 300 ebrei furono salvati ad Assisi, grazie al coraggio di tanti, tra cui il campione del ciclismo Gino Bartali, che scelsero di non voltarsi dall’altra parte.
«Che cosa avremmo fatto noi al loro posto?».
Domanda imbarazzante che è risuonata nell’aula del palazzo municipale per prendere coscienza di quello che sta accadendo oggi. È un dato di fatto che 400 milioni di euro di bombe vengano prodotti dalla Rwm Italia Spa, società di proprietà tedesca, in suolo italiano. Queste bombe stanno causando migliaia di vittime civili, tra cui 5 mila bambini dall’inizio del conflitto, come dichiara l’Unicef, e la più grave crisi umanitaria al mondo. Ora sta a noi decidere se girarci dall’altra parte oppure decidere di agire, come fanno le persone nel comitato per la riconversione economia nato nel territorio del Sulcis-Iglesiente, dove vengono prodotto le bombe incriminate.
Ad Assisi era presente Cinzia Guaita, la portavoce del Comitato per la riconversione della Rwm, la quale ha raccontato la genesi di questa azienda e del comitato. La fabbrica è stata convertita nel 2001 da produzione civile a militare con il sussidio di fondi pubblici, nonostante una dignitosa opposizione delle persone del territorio. Il Comitato nasce da un moto di coscienza che impara dalla Storia: quante famiglie tedesche educavano i propri figli a sani principi, ma poi permettevano che il vicino fosse violentemente strappato dalla sua quotidianità e deportato per essere crudelmente ucciso solo perché disabile, ebreo o omosessuale? Con questa consapevolezza nel 2017 nasce il Comitato che mette insieme realtà molto diverse tra loro, ma di fronte a una proposta concreta e aperta non esistono ideologie che separano le persone.
La situazione nella zona di Iglesias-Domusnovas è una urgenza nazionale e tutti siamo chiamati a fare la nostra parte. Per questo, a conclusione del convegno, sono state inviate due lettere. Oltre quella diretta al presidente della Repubblica, è stato sottoscritto un appello alle forze politiche che si candidano a governare il Paese, affinché blocchino le bombe verso l’Arabia Saudita, ex legge 185/90, e cambino la politica industriale nazionale di Finmeccanica Leonardo che investe nel settore delle armi.
Come cittadini possiamo, inoltre, spostare i nostri conti bancari verso banche “disarmate” e persuadere le associazioni di cui facciamo parte, gli istituti religiosi che frequentiamo, il nostro Comune a cambiare la banca di riferimento se ha rapporti con il settore delle armi. Il Comune di Assisi ha recentemente votato all’unanimità un bando per la tesoreria che premia le banche disarmate che partecipano alla gara di selezione. Se fosse seguito da altre amministrazioni e istituzioni, oltre che da tanti semplici cittadini, innescheremmo una rivoluzione gentile capace di modificare le scelte politiche ed economiche. Tra 50 anni, quando i nostri figli o nipoti studieranno le guerre mediorientali e africane alimentate dalle nostre armi, ci chiederanno «cosa avete fatto per evitare queste violenze?». Noi potremmo rispondere che ci siamo opposti con tutte le nostre forze e in modo nonviolento per «svuotare gli arsenali e riempire i granai».