Chiara Lubich: l’attrattiva del tempo moderno
Nel biennio 1973-1974 Chiara Lubich attraversa uno dei momenti più dolorosi della sua vita. La circostanza concreta, diagnosticata, che lo provoca è una doppia ernia al disco. Agli acutissimi dolori fisici, comprensibili anche da chi non li ha sperimentati di persona, si aggiunge però una profonda e non meno dolorosa sofferenza spirituale. Sono anni di grande sviluppo e diffusione del Movimento dei Focolari nel mondo, all’interno della Chiesa cattolica e non solo: dopo una lunga stagione di semina e di attesa, sembra arrivata la feconda stagione dei frutti.
Ma la malattia che attanaglia il corpo impone una battuta d’arresto: «Proprio ora? E se fosse giunta la mia “ora”? Perché?». Chiara è immobilizzata a letto e lotta con la salute fisica, grazie alle cure dei medici, ma anche con Dio, grazie al rimedio che fin da piccola ha appreso dal suo “Maestro interiore”: il Vangelo, la Parola che sola sa rispondere alle domande più profonde del cuore e dello spirito. Sta attenta a non dare troppa diffusione all’esterno delle sue condizioni psico-fisiche, nel timore di causare sconcerto, preoccupazione, smarrimento forse…
Condivide però tutto con le persone a lei più vicine, come ha sempre fatto, perché il Maestro interiore si fa presente tra “due o più uniti nel suo nome”: e questa ineffabile presenza è la perla preziosa per la quale si è giocata la vita. E il suo Maestro risponde. In data 6 dicembre 1973, a un gruppo di responsabili del Movimento dei Focolari rivolge un discorso breve, denso, immediato, concreto e di sapore contemplativo-mistico.
Condivide l’esperienza di una nuova comprensione del Vangelo, di un volto del Vangelo finora inesplorato; il titolo stesso con cui presenta questa scoperta suscita stupore e interesse: “Il crudo del Vangelo”. Di che si tratta? Spiega Chiara: «Adesso mi andavo accorgendo che esisteva nel Vangelo qualcosa di diverso. E ad una ad una mi balzavano alla mente altre parole simili a quelle: “Ora l’anima mia è turbata”; “Cominciò a sentire paura e angoscia; e disse loro: La mia anima è triste, fino alla morte”; “Beati gli afflitti perché saranno consolati; Beati voi che ora piangete, perché riderete”; “Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa”. Alla morte di Lazzaro Gesù scoppiò in pianto. […] Esisteva dunque un aspetto “crudo” del Vangelo che anche noi come cristiani dovevamo vivere? Non erano solo case o luoghi o città come Loppiano, dove la gioia splende su ogni volto, la testimonianza del Vangelo? Potevano esserci persone nel turbamento, nell’angoscia, nel pianto, che testimoniavano la Buona Novella? Avremmo forse un giorno dovuto chiedere ripetutamente e a lungo senza ottenere mai? Sì, era così».
Circa 20 giorni dopo questa condivisione, è Natale. Chiara invia a tutti un messaggio di auguri. Trascinata dall’esperienza di dolore e luce che sta vivendo, lo formula (ulteriore sorpresa) come fosse il “testamento” di tutta la sua vita: «Se oggi dovessi lasciare questa terra e mi si chiedesse una parola, come ultima che dice il nostro Ideale, vi direi – sicura di essere capita nel senso più esatto –: “Siate una famiglia”. […] Lascerei che Gesù in me vi ripetesse: “Amatevi a vicenda… affinché tutti siano uno”».
“Famiglia”, infatti, è certamente una delle parole più care a Chiara Lubich. Si potrebbe dire che la realtà sociale e spirituale che questo termine connota accompagni da sempre la sua esistenza. Basti pensare all’esperienza che giovanissima fece a Loreto, quando si trovò avvolta da improvvisa e inattesa attrazione “contemplante” nella “casetta di Nazareth” custodita nella celebre basilica. Chiara (si chiamava ancora soltanto Silvia) si sentì chiamata a seguire Dio in quella modalità, pienamente umana e allo stesso tempo totalmente divina, vissuta in quella casetta. Lo capirà meglio in seguito quando lo Spirito la condurrà attraverso concrete circostanze storiche a dar vita a un’originale “famiglia”, come piccola comunità, a cui darà nome “focolare”. Originale perché metteva insieme, nel comune impegno e desiderio di essere “tutte di Dio”, persone che si consacravano a Lui e persone sposate. Ma come era possibile?
Il cammino in effetti non fu facile e di questa storia possiamo citare solo qualche data fondamentale. Per vari anni, i focolarini sposati furono considerati dalla Chiesa solo degli “aggregati”, che non facevano parte a pieno titolo del focolare. Invece, per Chiara, «il mondo può non vedere nulla di quello che passa intimamente tra questi focolarini [sposati] e Dio; non possono offrire il sacerdozio o lo stato verginale esterno: offrono l’amore» (Regola del 1958).
Fino a che, l’8 dicembre 1962, davanti a Chiara, don Foresi e 120 tra focolarini e focolarine sposate, Igino Giordani, noto nel Movimento come Foco, «fremente ribadì la volontà e la capacità dei coniugati alla donazione totale, alla stregua degli ideali del Concilio Vaticano II, la cui prima sessione si era chiusa il giorno avanti» (Storia di Light, cfr. Nuova Umanità 235).
Due anni dopo, nel 1964 a Valtournanche, sarà Chiara stessa che alle focolarine sposate potrà annunciare: «Avevo fiducia che il Signore sarebbe intervenuto. […] Questa è la difficoltà che trovava la Chiesa: come mai uno sposato, che è legato alla famiglia, può essere legato a un Ordine e in una maniera così forte da avere i voti? Voi siete proprio persone consacrate […], ma siccome la Madonna aveva inventato questo congegno che è la Casetta lauretana, bisognava che la Chiesa, chiudendo gli occhi, ci approvasse».
E in effetti la Chiesa approva la regola che definisce il focolare come composto da focolarini (con voti) e focolarini sposati (con promesse private di povertà, castità e obbedienza). Si realizza così l’originale convivenza di vergini e sposati contemplata a Loreto. Ciò che la rende possibile è un riscoperto “stile di vita” evangelico che Chiara sintetizza in uno scritto memorabile, noto sotto il titolo L’attrattiva del tempo moderno (cfr. Meditazioni, Città Nuova editrice), che chiude con le parole: «Perché l’attrattiva del nostro, come di tutti i tempi, è ciò che di più umano e di più divino si possa pensare, Gesù e Maria: il Verbo di Dio, figlio di un falegname; la Sede della Sapienza, madre di casa».
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Siate una famiglia!
Se oggi dovessi lasciare questa Terra e mi si chiedesse una parola, come ultima che dice il nostro Ideale, vi direi, sicura d’esser capita nel senso più esatto: «Siate una famiglia».
Vi sono fra voi coloro che soffrono per prove spirituali o morali? Comprendeteli come e più di una madre, illuminateli con la parola o con l’esempio. Non lasciate mancar loro, anzi accrescete attorno ad essi il calore della famiglia.
Vi sono tra voi coloro che soffrono fisicamente? Siano i fratelli prediletti. Patite con loro. Cercate di comprendere fino in fondo i loro dolori. Fateli partecipi dei frutti della vostra vita apostolica affinché sappiano che essi più che altri vi hanno contribuito. Vi sono coloro che muoiono? Immaginate di essere voi al loro posto e fate quanto desiderereste fosse fatto a voi fino all’ultimo istante.
C’è qualcuno che gode per una conquista o per un qualsiasi motivo? Godete con lui, perché la sua consolazione non sia contristata e l’animo non si chiuda, ma la gioia sia di tutti. C’è qualcuno che parte? Lasciatelo andare non senza avergli riempito il cuore di una sola eredità: il senso della famiglia, perché lo porti dov’è destinato. Non anteponete mai qualsiasi attività di qualsiasi genere, né spirituale, né apostolica, allo spirito di famiglia con quei fratelli con i quali vivete.
E dove andate per portare l’ideale di Cristo… niente farete di meglio che cercare di creare con discrezione, con prudenza, ma decisione, lo spirito di famiglia. Esso è uno spirito umile, vuole il bene degli altri, non si gonfia… è, insomma, la carità vera, completa. Insomma, se io dovessi partire da voi, in pratica lascerei che Gesù in me vi ripetesse: «Amatevi a vicenda… affinché tutti siano uno».
Chiara Lubich (Città Nuova – 25 dicembre 1973)
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Le precedenti puntate della vita di Chiara Lubich:
1920-1937 La famiglia Lubich, quando Chiara era Silvietta
1938-1939 La prima chiamata alla santità
1940-1942 La maestra Silvia Lubich
1943-1944 Il sì per sempre di Chiara Lubich
1945-1948 Chiara Lubich e il Dio vicino
1949-1950 La luce nel buio
1951-1954 Una notte luminosa
1955-1956 Nascerà Città Nuova
1956-1960 I volontari di Dio
1961-1964 Passione per la Chiesa
1964-1965 Una nuova famiglia per il mondo
1966-1967 Una rivoluzione alternativa
1967-1972 La centralità della parola vissuta