La perfezione non esiste
Ti capita spesso di aver paura di commettere errori? Dubitare della qualità del tuo lavoro? È importante, per te, soddisfare le aspettative dei tuoi genitori, dei tuoi capi o di figure di riferimento? È difficile perdonarti piccole gaffe o sbagli quotidiani? Davanti ad un esame non ti siedi sulla sedia finché non pensi di sapere tutto in modo eccellente. Rispetto ad una decisione da prendere il dubbio ti assale, quale macchina è meglio comprare? Quale casa è quella giusta? Quale università è quella perfetta per me? Se al lavoro arriva un’osservazione negativa è doloroso accoglierla e accettarla? Qualsiasi cosa che non ha un buon fine è automaticamente un fallimento?
Se tante di queste domande ti risuonano dentro e generano disagio è possibile che il perfezionismo sia tuo compagno di vita!
Chi lotta con questo amico invisibile si spinge sempre verso il raggiungimento di risultati positivi. Il mondo del perfezionista è caratterizzato da una forte autocritica, gli insuccessi percepiti vengono misurati su standard elevati sotto forma di regole dicotomiche “tutto o niente”. Il perfezionista necessità di autocontrollo estremo per raggiungere gli obiettivi stabiliti anche a costo di limitare le attività piacevoli, mette in automatico in secondo piano il tempo del riposo e del divertimento. In estrema sintesi ipervaluta gli errori e sottovaluta gli insuccessi. La situazione può sfuggire di mano nella misura in cui gli standard diventano irragionevoli, si scatena una forte paura del fallimento che crea immobilità. Questo può succedere per esempio nel caso dei blocchi all’università: «Faccio l’esame solo se sono “certo” di prendere 30», oppure, «scriverò il mio libro solo quando sarò all’altezza», «inizierò ad uscire con gli amici quando sarò in piena forma», ecc…
Il focus del perfezionista è sull’evitamento dell’errore, quindi , trova incredibili strategie per abbassare il più possibile la percentuale dello sbaglio e fugge da situazioni in cui il rischio di errare è molto alto. A questo può, dunque, far seguito la procrastinazione, si è compulsivamente dubbiosi su «la cosa giusta da fare» e se si sbaglia si rimugina «se avessi…».
La vita del perfezionista non è affatto facile, oltre all’enorme fatica, si provano persistenti sentimenti di umiliazione e di vergogna. Ci sono vari fattori che influenzano il perfezionismo e sono riconducibili alla struttura di personalità, alla storia personale, all’educazione ricevuta, e oggi, anche la nostra società caratterizzata dalla buona performance e dall’efficientismo alimenta un senso di “inadeguatezza” e “insufficienza” rispetto al grado di funzionalità richiesto. Inoltre, il timore dell’errore può essere anche concettualizzato come subordinato al timore del danno e alla tendenza al controllo, quindi ad uno stato d’ansia. La persona ansiosa cerca di prevedere una gamma di possibili conseguenze negative e percepisce il pericolo insito in queste possibilità negative come irreparabile. Invece, il riscontro positivo che questa tendenza può avere è il provare piacere per un risultato raggiunto, attraverso degli obiettivi perseguibili (e non impossibili). Il desiderio di eccellere può essere una risorsa motivante verso la costruzione di qualcosa. La tensione all’eccellenza si differenzia dal perfezionismo perché integra in sé la possibilità di imparare dagli errori commessi, quindi, non estremizza gli insuccessi come fallimenti, ma sono parte del processo di crescita. Liberarsi dal perfezionismo si può! Questo talvolta implica un lavoro personale, il primo passo è accettare che la perfezione non esiste! E poi, nell’accoglienza di quella parte emotiva di noi stessi che soffre davanti all’errore, nell’essere più auto compassionevoli e nella possibilità di ristrutturare anche alcuni “pensieri” .
Incontrando i nostri limiti, incontriamo la nostra più grande umanità imperfettamente perfetta. Alcuni dei segnali di guarigione dal perfezionismo sono imparare a rilassarsi, a giocare e ad amare.