La lezione di Charlie

È stato concesso più tempo al piccolo Charlie Gard, prima di staccare la spina ai macchinari che lo tengono in vita per nutrirsi e respirare, nell'ospedale pediatrico di Londra. E anche il papa ha dato forte il suo messaggio dal profilo Twitter: «Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d'amore che Dio affida ad ogni uomo». Proponiamo la profonda riflessione e l'appello lanciato su Facebook da padre Maurizio Patriciello, che come milioni in queste ore nel mondo, guarda a Charlie e a quanto questa storia ci tocchi da vicino

Charlie ci costringe a riflettere. A sederci su una pietra all’ombra di una quercia, prendere la testa tra le mani e chiederci: «Chi sono? A che serve la mia vita?». Tutto ciò che in modo più o meno violento, più o meno legale, più o meno alla moda viene cacciato dalla porta, presto ritorna attraverso le fessure di una finestra. Occorre fare attenzione ai grandi imbrogli. Ce ne sono di grossolani, e di signorili, moderni, politicamente corretti. Quando una vita è degna di essere vissuta? Che cosa la rende degna di essere vissuta? Giovinezza, successo, salute? Lo sappiamo, passano presto e noi ci dileguiamo. Tutti andiamo incontro alla vecchiaia, agli acciacchi, alla malattia, alla morte. Nessuno sa che cosa succederà domani. A nessuno è concesso di prevedere con certezza come si snoderà il gomitolo della sua esistenza.

In fondo siamo anche poco scaltri. Un mondo che insegue solo il successo e la ricchezza è un misero mondo. Un mondo che inneggia troppo alla bellezza fisica, alla salute, alla giovinezza è un misero mondo. L’ umanità è fatta di persone di ogni età, di ogni condizione fisica, economica, psicologica. Per questo è bella. L’umanità è fatta di persone che portano scolpito nel dna la loro dignità. Dignità che nessuno concede ma tutti sono chiamati a riconoscere. Una società è tanto più civile quando più lotta per rimanere umana. L’umanità è quel groviglio di sentimenti che ti fa amare l’altro come te stesso. Desiderare per lui tutto il bene che vorresti per te. L’umanità ti costringe a impegnarti per rendere meno pesanti le fatiche dei fratelli.

L’essere umano è un “angelo agganciato alla bestia” scriveva don Giuseppe De Luca. Ognuno è libero di sopprimere l’angelo e far vivere la bestia o, al contrario, eliminare la bestia per far volare l’ angelo. La lotta dentro di noi, tra l’ angelo e la bestia si combatte ogni giorno, a ogni ora del giorno.

È disumano decretare la condanna a morte per un piccolo ammalato. Più grave e invalidante è la sua malattia tanto più necessita di essere accudito, curato, coccolato. Chi sei tu che ti fai giudice del tuo fratello? Chi sei per dire quando una vita è degna di essere vissuta? È inutile la vita di Charlie? E la mia? E la tua? E quella di Leonardo da Vinci, Michelangelo, Carlo Magno, Cartesio, san Francesco d’Assisi? Pensa per quanti secoli l’umanità ha fatto tranquillamente a meno di loro. Il mondo evolve, cambia, si trasforma. È giusto che sia così. Ma anche invecchia come invecchiamo noi. Scultori e scrittori, scienziati, statisti, magnati, re e regine sanno di dover lasciare in un tempo più o meno breve – ma non è sempre breve il nostro tempo in confronto dell’ eternità? – il campo alle nuove generazioni che avanzano impazienti. È il gioco della vita. Può piacere o meno. È un male? Se ti avverti come un dono ricevuto, la vita è sempre bella. A qualsiasi età, a qualsiasi condizione. Ci siamo. Avremmo potuto non esserci, ma ci siamo. E questo conta non poco. Qui sta la mia dignità, la dignità di Charlie, la dignità di mio fratello devastato dal cancro, uguale a quella di chi in questo momento è il più ricco, il più bello, il più famoso del mondo.

Tutto passa. Resta la domanda: in quale mare va a gettarsi il fiume della mia stupenda, meravigliosa, unica e irripetibile vita? O finirà per disperdersi tra la sabbia di un deserto? Occorre imparare a godere delle piccole cose, a prendersi cura di chi ha bisogno del nostro aiuto, del nostro affetto, della nostra parola, del nostro conforto. No, nel nome di Dio amante della vita, non uccidiamo Charlie. Non rendiamoci complici di un male tanto atroce. Il piccolo non può difendersi, curiamolo. Impegniamoci a rendere i suoi giorni e quelli dei suoi genitori, meno faticosi, meno dolorosi, più sopportabili. Rimaniamo accanto a questa famiglia che abbiamo imparato ad amare. Charlie ha tanto da insegnarci. La sua culla è una cattedra da cui ci arriva la più grande lezione sul valore della vita. Non usiamo la violenza, non sporchiamoci le mani, non cediamo al ricatto. È pericolosissimo. I bambini che ci guardano si convinceranno che eliminare il debole può essere lecito. E si convinceranno che sia lecito fare i bulli e umiliare i poveri. Il razzismo da questa decisione riprenderà vigore.

Non eliminiamo Abele, ne risentirebbe anche il dovere di non condannare a morte Caino. Se per Caino che ha sbagliato, è stato cattivo, ci ha fatto soffrire vogliamo che continui a vivere, quanto più per Abele, l’ innocente, gridiamo la nostra indignazione davanti a una probabile condanna a morte. Abele-Charlie sta sfidando la nostra umanità, ci chiede la carità di essere lasciato in vita. La storia del piccolo Charlie ci sta lacerando. Ci sta spaccando il cuore. Se dovessimo assistere alla sua morte, con lui moriremo in tanti. Di dolore, di angoscia, di impotenza, di scoraggiamento. Fratelli, non uccidete Charlie. Non rinunciamo a rimanere uomini.

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