La guerra durerà, purtroppo
Le notizie dal fronte, anzi dai fronti, sono drammatiche. La guerra scatenata da Putin è ancora un conflitto “tradizionale”, analogico verrebbe da dire, la guerra digitale è ancora un orpello nei confronti delle file di cadaveri che si cerca di far scomparire con le cremazioni. 2 mila morti solo a Kharkiv? Tragedia nucleare sfiorata a Zaporizhzhia, il maggior sito nucleare in Europa? Corridoi umanitari ancora per aria? Resistenza sempre più affannosa di Davide contro Golia? Si susseguono dichiarazioni su dichiarazioni, Putin che vuol andare «fino in fondo» nella riunificazione di quello che nelle sue parole è «un unico popolo», strano, non si sarebbe detto, la von der Leyen guida un’Unione europea che, dopo la pandemia, si trova con un’altra emergenza che ne rinsalda i legami.
Ogni giorno vengono inventate nuove sanzioni, che si vogliono selettive, per non colpire la povera gente, ma quando mai ci si riuscirà. In Russia emerge qua e là, da sotto il tappeto, una società civile che non sottostà alle decisioni del Cremlino. E, soprattutto, c’è la gente che soffre, tanta gente, troppa. Mai come in questa guerra le immagini e i reportage sono ravvicinati, molteplici, spietati, distruzioni e lacrime e sangue. Ci sono pure i sentimenti a giocare la loro, come il filmato sul soldato russo fatto prigioniero che chiama la mamma al telefono che impazza sul web. Paura, soprattutto nei volti dei nostri adolescenti già tramortiti dal covid.
Le analisi sono valanghe, tutti siamo ormai esperti di Paesi slavi, di storia della Rus’, di geografia delle piane ucraine e delle rive del Mar Nero. Bisogna scrivere Kyiv e non Kiev. Tutti facciamo previsioni, ci crediamo autorizzati a farlo per via della massa di conoscenze che attraverso il web ormai sono democratizzate. Ed è un bene, anche perché cresce così la coscienza della gravità della guerra, della sua inutilità, della sua irriducibile incapacità di risolvere sul serio i problemi.
Mai come in questa guerra l’umanità prende coscienza, al di là delle opinioni che ognuno può aver costruito nella sua testa, che con le armi non si va lontano: lo sa chi ha coscienza delle innegabili responsabilità russe e chi delle responsabilità un po’ meno evidenti ma non secondarie dei Paesi occidentali, che s’interroga sull’astensione della Cina e dell’India e chi non vuole soggiacere al pensiero dominante, chi non accetta che l’Unione europea invii armi agli ucraini e chi appoggia Zelensky nella sua richiesta di una no-fly zone sopra l’Ucraina, chi discetta dei droni che la Russia non impiega perché sono di fabbricazione turca e i turchi stanno nel guado e chi invece si chiude nel muto silenzio della paura nucleare. Tutti uniti nella maledizione della guerra.
Sul campo la Russia sta vincendo, come tutti sapevamo, o che forse non volevamo sapere. Lentamente, se non altro per la forza dei numeri di un’armata che era rossa e che, col semplice cambio di una vocale, è diventata russa. La macchina della guerra s’è messa in moto e ora viaggia a pieno regime, le armi agli ucraini arrivano a rilento dai confini meridionali e occidentali, la logistica di Kiev salta per aria, e non solo quella dei russi. La guerra durerà, purtroppo, settimane e mesi, e migliaia e migliaia di persone finiranno come Abele, uccisi dai fratelli di nome Caino (ma tanti soldati russi non sono coscienti di quel che stanno facendo).
Bisogna rassegnarsi, salvo colpi di scena improbabili, a una vittoria russa che maturerà giorno dopo giorno. E bisogna rassegnarsi al fatto che la guerra non finirà con la fine delle ostilità militari, con un armistizio, perché allora cresceranno le conseguenze economiche delle sanzioni e della devastazione nel granaio più bello d’Europa, senza ancor ipotizzare che forme potrà prendere certa resistenza ucraina. E nelle nostre città vedremo sempre più uomini e soprattutto donne coi capelli biondi e la figura slanciata. La guerra sarà penetrata nelle nostre ossa, non riusciremo tanto facilmente a liberarcene. Vedremo dieci, cento mille Borodyanka, e il suo muro di case popolari annerite e squarciate.
È la guerra, una semplice e stupida guerra. Fratelli che ammazzano fratelli.