La “conversione missionaria” delle parrocchie e il ruolo dei laici
Una Chiesa con le porte aperte, creativa, che cerca strade sempre nuove per portare l’annuncio del Vangelo è stato l’auspicio di papa Francesco fin dall’inizio del suo pontificato.
In una società in cui la globalizzazione e il mondo digitale hanno modificato radicalmente i rapporti interpersonali, è urgente parlare di una “conversione missionaria” delle parrocchie. Già nei mesi passati, durante l’emergenza sanitaria, parroci e parrocchie hanno saputo “reinventarsi” con una creatività missionaria che li ha portati a farsi vicini a molti, anche se fisicamente lontani.
Per accompagnare la riflessione sulla conversione pastorale da realizzare nelle parrocchie, la Congregazione per il Clero ha redatto il documento «La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa» che, pur non contenendo novità legislative, offre molteplici spunti di riflessione per una applicazione della normativa vigente. Molti i temi trattati negli undici capitoli: dalla necessità di una conversione pastorale della parrocchia nel contesto contemporaneo, ai ruoli del parroco, dei diaconi e dei laici, all’applicazione delle norme.
«Nella Chiesa c’è posto per tutti e tutti possono trovare il loro posto» nel rispetto della vocazione di ciascuno: questo il cuore del documento. La parrocchia è uno spazio esistenziale, è «casa in mezzo alle case», «comunità di comunità», per questo deve essere sempre più inclusiva, evangelizzatrice e attenta ai poveri. Deve essere capace di cogliere le istanze del presente e saper rinnovare le sue strutture in chiave missionaria, dinamica, senza autoreferenzialità. Deve promuovere la «cultura dell’incontro», il dialogo, la solidarietà per sviluppare l’«arte della vicinanza». Fondamentale, quindi, la testimonianza della fede nella carità e l’attenzione ai poveri, che la parrocchia evangelizza, ma dai quali si lascia anche evangelizzare.
Il parroco è il “pastore proprio” della comunità, è a servizio della parrocchia – non il contrario – ed è suo compito la cura delle anime. Accanto al suo ruolo, il documento valorizza il servizio pastorale dei diaconi, dei consacrati e dei laici, chiamati a partecipare attivamente alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Sulle vocazioni e sui ruoli occorre, però, fare chiarezza: bisogna stare attenti a non “clericalizzare” i laici, a non “laicizzare” i chierici, o considerare i diaconi “mezzi preti e mezzi laici”.
Ai consacrati e alle consacrate si ricorda l’importanza di «essere testimoni di una radicale sequela di Cristo», mentre ai laici si chiede l’«impegno generoso» a una testimonianza di vita secondo il Vangelo e a servizio della comunità parrocchiale.
I fedeli laici, che abbiano una condotta personale coerente con i dettami della Chiesa cattolica e dopo avere ricevuto una formazione specifica, possono essere istituiti lettori e accoliti in forma stabile, con apposito rito. Solo in circostanze eccezionali, a “prudente giudizio” del Vescovo, potranno ricevere altri incarichi: celebrare la Liturgia della Parola e il rito delle esequie, amministrare il Battesimo; assistere ai matrimoni «previo il voto favorevole della Conferenza Episcopale e ottenuta la licenza dalla Santa Sede» e predicare in Chiesa o in oratorio, ma potranno in alcun caso tenere l’omelia durante la Messa.
«Oltre alla collaborazione occasionale, che ogni persona di buona volontà – anche i non battezzati – può offrire alle attività quotidiane della parrocchia – si legge nel documento -, esistono alcuni incarichi stabili, in base ai quali i fedeli accolgono la responsabilità per un certo tempo di un servizio all’interno della comunità parrocchiale». Essi potranno svolgere il servizio di catechisti, ministranti, educatori, operatori della carità, dedicarsi ai centri di ascolto, oppure occuparsi si visitare i malati.
Corresponsabilità vuol dire anche partecipazione alle scelte economiche della parrocchia. A questo scopo, il Consiglio per gli Affari economici, con carattere consultivo, affianca il parroco. Esso è necessario poiché la gestione dei beni di una parrocchia è un ambito importante di testimonianza ed evangelizzazione. Ogni fedele, inoltre, deve essere formato a «sovvenire ai bisogni della Chiesa, attraverso le diverse forme di aiuto e di solidarietà, di cui la parrocchia necessita per svolgere, con libertà ed efficacia, il proprio servizio pastorale».
Una sottolineatura importante viene fatta a proposito delle offerte per la celebrazione dei sacramenti, che devono essere “un atto libero” e non una “tassa da esigere”. Inoltre, si esortano i sacerdoti ad offrire esempi virtuosi nell’uso del denaro, attraverso uno stile di vita sobrio e un’amministrazione trasparente dei beni parrocchiali. In tal modo, sarà possibile sensibilizzare i fedeli «perché contribuiscano volentieri alle necessità della parrocchia, che sono “cosa loro” e di cui è bene che imparino spontaneamente a prendersi cura».