La prima chiamata alla santità di Chiara Lubich
Verso i 15 anni Silvia Lubich avverte nell’anima una chiamata: «Voglio farmi santa!», dice a Valentina Ghesla; l’amica risponde: «Anch’io!». Insieme si recano in via Borsieri, sede della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, e confidano all’assistente don Cesconi il comune richiamo interiore. Frequentano le adunanze del sabato pomeriggio con altre iscritte, tra cui Elena Grasselli e Piera Folgheraiter. Dopo il pensiero spirituale, si canta e si sta insieme fino alle 7; il giorno dopo, domenica, tutte alla messa.
Non mancano occasioni ricreative, spesso a scopo benefico; Gino, fratello di Silvia, scrive una commedia, le giovani si divertono nel recitarla: Silvia ride di gusto. La sua profondità spirituale e l’attitudine allo studio non passano inosservate; diciassettenne, viene scelta per la Scuola triennale per propagandiste, a cui partecipa con passione. Ama studiare e approfondire le verità della fede cristiana.
Nel frattempo, terminato il corso magistrale presso l’Istituto Rosmini di Trento, nell’autunno 1939 Silvia ottiene un incarico in una pluriclasse a Castello d’Ossana, paesino della Val di Sole, a 70 km da Trento. A prendere servizio l’accompagna papà Luigi. Il parroco, don Francesco Marcolla, si accorge presto di aver trovato una valida collaboratrice: Silvia gli propone di iniziare le adunanze per aspiranti di Azione Cattolica, preparando tra le altre Elena Molignoni, una giovane di Castello, le cui sorelle sono entusiaste della nuova maestra. Saputo che Silvia si reca a messa tutti i giorni, un mattino Elena si mette nel banco dopo di lei per osservarla: prega bene, canta bene ed è anche bella. Con stupore viene informata dal parroco che la maestra vuole incontrarla per proporle di aiutarla negli incontri settimanali che ben presto hanno inizio.
Settimana dopo settimana l’anno scolastico volge al termine e Silvia lascia Castello. Ricorda Elena: «L’accompagnavamo per la lunga strada sassosa che portava in valle. Noi aspiranti e socie eravamo mute, avevamo un tale nodo alla gola… lei invece, molto disinvolta, prendeva sottobraccio ora l’una, ora l’altra, aveva qualche cosa da dire a ciascuna». Qualche giorno dopo, inaspettata giunge una lettera: Silvia scriverà poi ogni settimana, così le ragazze potranno radunarsi per leggere insieme e continuare a crescere nella vita spirituale.
Con confidenza, comunica loro esperienze della propria vita interiore, come il 9 ottobre del 1939. Era partita 7 giorni prima per il Santuario di Loreto che custodisce la casetta della Sacra Famiglia. Silvia scrive: «Credo che quasi tutti quelli che entrano là dentro piangano dalla gioia come ho pianto io. Pensate bambine mie: essere proprio nel luogo, fra quelle mura, che videro Gesù Bambino e giovanetto, la Vergine Santa, San Giuseppe. Fra quelle pareti che risuonarono della voce dell’Angelo quando disse Ave Maria, che udirono i cori degli angeli che certamente rallegrarono Gesù giovanetto, le canzoni di Maria quando addormentava Gesù. Pensate mie piccole, poter baciare quelle mura. Oh, quale gioia! Là dentro ho pensato a voi, mie sorelline, e vi avrei voluto avere lì intorno perché provaste quello che ho sentito io. Sapete, quando si entra ci si sente cambiati, portati in un altro luogo, sembra quasi di essere in Paradiso».
Silvia a Loreto ha un’intuizione che non dimenticherà: una schiera di vergini l’avrebbe seguita. Sostando in raccoglimento nella casetta comprende che si aprirà una nuova strada, ancora non definita, diversa da quelle già note nella Chiesa. Più tardi Silvia, divenuta Chiara, vedrà nell’esperienza di Loreto un annuncio della nascita del focolare, in cui vergini e sposati, secondo il proprio stato, vivono con Gesù presente fra loro.
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Lettera a Elena Molignoni
Trento, 14 aprile 1940
Elena, mia carissima,
Sento il bisogno di scriverti. Un bisogno prepotente di comunicarti la mia gioia. Dopo la mia mamma è a te che parlo di questa mia gioia. So che il tuo cuore mi comprende. So che vivi il mio ideale!
Quest’oggi, dopo una mattinata di intensa meditazione negli Esercizi Spirituali, alcune Signorine di tutto il Trentino ed io siamo andate nella chiesetta del palazzo di S. Altezza Arcivescovo Celestino Endrici. Dopo aver ascoltate le sue parole che ci commossero, benedisse una trentina di piccoli crocefissi. Poi proseguì nella distribuzione. Così sono diventata propagandista dell’Azione Cattolica! Quale gioia oggi mi ha riservato il Signore! Ho studiato tre anni di scuola di propaganda e mi sembrava che quel giorno non dovesse mai arrivare! Ed è venuto. Ho vent’anni, Elena mia, e così col crocefisso, sento di viverli in pieno! Qualche momento mi si affaccia la mia tremenda responsabilità, ma poi mi getto nel Signore! […] Questo mio scritto, Elena mia, è tutto per te e per te sola! Nascondilo o brucialo, quando l’hai letto. Il mondo, vedi, non comprende queste cose!
Tu mi parli nella tua ultima lettera di “odio” che gli altri vi portano. Elena, credilo, è segno di predilezione del Signore verso di voi. Voi siete le continuatrici di Gesù; Egli è vissuto 33 anni, ora vive e svolge l’Apostolato per mezzo nostro. È lui che vive in noi! E ci ha detto: «Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi!». Se tutto ci andasse bene, il nostro lavoro non porterebbe frutti, Elena mia!
Ma tu non scoraggiarti. Anzi, pensa che è segno che il Signore è con voi. […] raddoppia in te e nelle tue compagnette la carità! Fra di voi. Somma bontà con tutti e proprio verso quelli che vi odiano, pregate per loro, usate un contegno correttissimo in tutto! Pensate la responsabilità di fronte al mondo.
Compatisci quelli che ti perseguitano, perdona loro, parlate bene di loro, non dite mai il male che fanno; abituale così le tue piccole. Oh! allora sì Gesù regnerà fra di voi, veramente! […]
Con un fisso bacio
Silvia
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Il primo episodio della vita di Chiara Lubich può essere riletto qui.