Iniziata la maratona elettorale indiana

Le votazioni si concluderanno il 18 maggio e coinvolgeranno 900 milioni di elettori. Tra i candidati alla presidenza, il premier uscente Modi e Rahul Gandhi.

Nei giorni scorsi è iniziata quella che può essere definita la maratona elettorale più lunga al mondo, che vede impegnati circa 900 milioni di elettori. Si tratta delle elezioni politiche della più grande democrazia del mondo. In poche parole: l’India va alle urne. Ne abbiamo già parlato nelle settimane scorse per mettere in evidenza la complessità della democrazia indiana soprattutto alla vigilia di queste elezioni che si preannunciano cruciali nella storia di un Paese che da sempre, dopo l’indipendenza ottenuta alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso, ha saputo esercitare la sua scelta della democrazia.

In questi giorni si sono già aperti e chiusi i seggi di vari Stati importanti nello scacchiere amministrativo e politico del Paese: Andhra Pradesh e Maharashtra (con capitale la metropoli di Mumbai) e West Bengal (lo stato di Kolkata). Tuttavia, non si deve sottovalutare il ruolo di altri Stati forse apparentemente meno importanti, ma altamente significativi come Manipur, Meghalaya, Mizoram, Nagaland, Orissa, Sikkim, abitati da gruppi tribali o di adivasi. Inoltre, sono molti i dalit, fuori casta, che hanno già esercitato il loro diritto al voto in queste circoscrizioni.

La macchina elettorale è impressionante. Sono cifre da vero libro dei Guinness. Come detto, circa 900 milioni di elettori dovranno scegliere le loro preferenze fra dieci mila candidati in rappresentanza di oltre 500 partiti che si contendono i 543 seggi della Lok Sabha, il Parlamento indiano. Sarà necessario assicurarsi 272 seggi per raggiungere la vittoria o essere in grado di formare una coalizione capace di garantire questa maggioranza.

Nelle ultime settimane, le proiezioni hanno visto salire i consensi attorno a Rahul Gandhi, presidente del Congress Party, figlio di Sonia Gandhi, di origini italiane, già segretaria del partito, e moglie di Rajiv Gandhi, figlio di Indira Gandhi, a sua volta figlia del Pundit Nehru, per anni primo ministro dopo l’Indipendenza. La famiglia Nehru-Gandhi resta il punto di riferimento di questo partito, duramente sconfitto cinque anni fa, che, in questa occasione, ha lanciato un progetto ambizioso: il reddito minimo per tutti i cittadini. Rahul ha trovato una formula significativa per esprimere l’importanza di queste elezioni che ha etichettato come ‘la battaglia per l’anima dell’India’.

Il primo ministro indiano, Narendra Modi
Il primo ministro indiano, Narendra Modi

Favorito resta l’attuale il premier Narendra Modi, del Bharatiya Janata Party (destra nazionalista indù), che punta su un sistema di welfare per i contadini, la classe che negli ultimi anni ha sofferto maggiormente all’interno della società indiana, e sulla rappresentanza delle donne.

Il grande numero di votanti in tutti gli angoli del Paese ha creato non pochi disagi. Sono state segnalate lunghe code e spesso si è accusato un malfunzionamento del sistema di voto elettronico. Soprattutto, in alcuni angoli del Paese si sono lamentati episodi che hanno confermato il pesante clima di discriminazione sociale e castale che si era espresso anche in modo violento nel corso della campagna elettorale.

Negli ultimi giorni si sono intensificati appelli per una vera coerenza politica da parte sia dei partiti che dei loro candidati a causa di ripetuti episodi sia di violenza che di evidente corruzione. A fronte della martellante campagna elettorale e della pesante retorica del premier Modi si è anche sviluppata una satira politica di nuovo stile, da cui emerge il disagio sociale che fa da cornice a queste diciassettesime elezioni della storia dell’India indipendente. Intanto i procedimenti elettorali continueranno fino al 18 maggio.

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