Incendi, in cenere il polmone verde della Sardegna
La Sardegna centro occidentale è in cenere. Oltre 20mila gli ettari di territorio distrutti dalle fiamme alimentate dai forti venti meridionali che hanno spirato per oltre 48 ore senza tregua.
Il Montiferru, polmone verde dell’Isola, nella provincia di Oristano, con i suoi boschi secolari e uliveti millenari, è una lunga distesa di cenere, alberi bruciati, carcasse di animali periti sotto le fiamme.
La forza dei roghi è stata tale che neanche i 7000 uomini messi in campo insieme ad oltre 20 mezzi aerei, alcuni dei quali giunti da altre nazioni, dopo oltre 60 ore non sono riusciti a bloccare completamente i fronti del fuoco.
Il bilancio è pesantissimo: incalcolabili i danni all’ambiente, fauna e flora distrutte, aziende ridotte in cenere, paesi evacuati, sfollati ospitati nelle palestre e man mano fatti ritornare nelle loro abitazioni, anche se la paura non sembra allontanarsi, come le fiamme. Una desolazione che fa male agli occhi e al cuore non solo dei sardi.
Sulle cause dei roghi stanno indagando gli inquirenti. Di certo quella colpita era una zona naturalistica di pregio: uno dei pochi luoghi dove attività agricole e di allevamento convivevano con boschi secolari e fauna selvatica, in un’armonia che rendevano il Montiferru e il Grighine zone ambientalmente sostenibili.
L’elenco dei comuni colpiti è decisamente lungo: Santu Lussurgiu, Cuglieri, Tresnuraghes, Flussio, Sennariolo, Usellus, Porto Alabe, Scano di Montiferro e Cabras. Ma anche il Ogliastra, ad Arzana e Villarubana sempre nell’oristanese.
Ad aggiungere timori anche il nuovo bollettino di previsione di pericolo incendio della Protezione Civile regionale. La pericolosità, che riguarda tutta la zona dell’Oristanese, il Montiferru, la Planargia e parte del Nuorese, dove sono ancora attive le fiamme dopo 60 ore, è classificate come alta ed è scattato il «preallarme» Codice arancione, ma con attenzione rinforzata, dalla Gallura al Campidano di Cagliari sino al Sulcis.
La piaga dei roghi in Sardegna è secolare, ma negli ultimi decenni si è manifestata in forma più virulenta: un numero sempre più alto di incendi e una macchina di contrasto sempre più imponente, che però fatica a tenere testa a piromani ed incuria.
Quest’ultimo dato è forse quello che maggiormente dovrebbe far riflettere: spesso le campagne sono abbandonate, non più presidiate dagli allevatori e i boschi non sempre sono curati, con l’eliminazione ad esempio di quel sottobosco facile esca per la propagazione delle fiamme.
L’incuria spesso è causa dei roghi: dal mozzicone di sigaretta gettato dall’auto alle fiamme del barbecue sfuggite all’attenzione di chi fa un pic-nic. Al contrasto degli incendi va affiancata la prevenzione: fasce frangi-fuoco, pulizia del sottobosco e della macchia, presidio delle campagne. Tre ambiti sui quali gli interventi sono scarsi se non insufficienti. Il presidente della Regione Christian Solinas ha chiesto che risorse del PNNR possano essere utilizzate per ridurre il rischio incendi e soprattutto per sostenere chi in queste ore di fuoco ha perso tutto: casa, azienda, animali.
La Regione ha chiesto lo stato di calamità: il Governo ha rassicurato che verrà fatto tutto ciò che è necessario. Sullo sfondo restano le immagini di disperazione della gente e di desolazione dopo il passaggio delle fiamme: uno spettacolo triste.