Guerra in Yemen. Voto alla Camera
Fermare l’invio di armi pesanti verso un Paese in guerra è di destra o di sinistra? La domanda è oziosa per chi ritiene che esistano dei fondamenti del vivere civile, espressi nella Costituzione approvata nel 1948 dopo 20 anni di regime totalitario e la fine di un conflitto mondiale culminato con l’uso dell’arma atomica.
Come voteranno martedì 19 settembre 2017 i deputati italiani davanti alle mozioni in calendario che chiedono di interrompere il flusso di armi verso l’Arabia Saudita, a capo di una coalizione militare che bombarda in Yemen?
L’iniziativa, come sa chi segue cittanuova.it, è nata a luglio sotto pressione di diverse organizzazioni che il 21 giugno hanno promosso una conferenza stampa alla Camera per dare voce non solo al comitato sardo che si oppone coraggiosamente alla costruzione di bombe sul suo territorio ma anche all’organizzazione Medici senza frontiere (Msf) che ha visto i propri ospedali in Yemen colpiti da quelle bombe che non risparmiano, come in ogni conflitto moderno, la popolazione civile.
Mentre i deputati italiani hanno avuto l’intera estate per decidere, mercoledì 13 settembre il Parlamento europeo,a larga maggioranza, si è espresso a favore di un embargo UE delle forniture di armi verso l’Arabia Saudita, richiedendo all’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Unione, l’italiana Federica Mogherini, di farsi promotrice di un’iniziativa in tal senso presso gli Stati membri. Si tratta di un voto reiterato per la terza volta in due anni.
Sempre a livello internazionale, si registra l’iniziativa dei Paesi Bassi e del Canada che richiedono l’apertura di un’indagine indipendente sui crimini di guerra in Yemen sostenendo l’istanza in tal senso già avanzata dall’Alto Commissario dell’Onu per i Diritti Umani.
Come ha affermato con parole di semplice buon senso il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, durante la conferenza stampa del 21 giugno, «è intollerabile che si spari sulla croce rossa e che ciò avvenga con armi prodotte in Italia!».
Il voto del 19 settembre sarà perciò la cartina di tornasole per capire la volontà della maggioranza dei deputati di assumersi una grave responsabilità politica. Una questione di coscienza sommersa dai media principali saranno che saranno probabilmente concentrati a far parlare di altro. L’angosciante cronaca nera è, sempre, un ottimo diversivo.
Ma quel voto cade a 2 mesi esatti dalla risoluzione unanime del consiglio comunale di Iglesias a favore di una politica di pace e di riconversione produttiva di una terra bellissima ma segnata dalla crisi economica.
Il voto generato nell’iglesiente è arrivato il 19 luglio, data altamente simbolica in Italia perché coincide con l’uso del tritolo nel 1992, in via D’Amelio a Palermo, per eliminare il giudice Paolo Borsellino assieme agli agenti di polizia Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Una testimonianza luminosa di fedeltà alla Repubblica in un contesto che resta ancora oscuro per ambiguità e reticenze nei rapporti tra mafia e pezzi dello Stato.
Il 19 luglio 2017 è arrivato da Iglesias un messaggio di dignità e di fedeltà alla Repubblica che “ripudia la guerra” come recita l’articolo 11 della Costituzione. Nel dibattito avviato alla Camera si è fatta sentire la voce della coscienza nell’intervento del deputato Paolo Cova che si è rivolto al suo governo al partito di appartenenza (Pd) per un voto coerente con quello del parlamento europeo. Cova ha dato voce a quei compagni di partito come Giorgio Zanin che lavorano da tempo su questo tema in commissione Difesa senza timore di esprimere una posizione comune con i deputati promotori di altri partiti firmatari delle mozioni contro l’invio di bombe in Arabia Saudita. Tra di essi Marcon di Sinistra italiana, Frusone del M5S, Sberna del Centro democratico.
In prossimità del voto del 19 settembre, arriva inoltre una ulteriore richiesta formulata assieme da Amnesty International Italia, Movimento dei Focolari, Oxfam Italia, Rete della Pace e Rete Italiana per il Disarmo.
Una forte istanza rivolta al presidente del consiglio Paolo Gentiloni con riferimento al prossimo mese di novembre in cui l’Italia assumerà la Presidenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Quale migliore occasione per il nostro Paese per riprendere l’istanza olandese e canadese di promuovere un’indagine indipendente dell’Onu sui crimini di guerra in Yemen di tutte le parti in conflitto?
L’occasione del dibattito alla Camera rappresenta infine una grande occasione per riaprire il capitolo sulla riconversione dell’industria bellica al civile come previsto dalla legge 185/90 nata dall’obiezione di coscienza dei lavoratori alla produzione di armi per i Paesi in guerra. Una questione attualissima oggi che si tratta di una quarta rivoluzione industriale che può affrontare la sfida di una economia di pace, solidale e sostenibile.
Si tratta di una questione decisiva che potrà costituire un argomento importante della prossima campagna elettorale. Ma in questo momento assumono un particolare significato le parole rivolte da don Primo Mazzolari ai deputati e senatori appena eletti nel parlamento repubblicano: temo per voi «qualche attacco d’accidia, che prende facilmente i grossi equipaggi, i quali finiscono per contare sul numero più che sulla virtù dei componenti. Temo l’abitudine di dir sì e no dietro comando».
Si rivolgeva ai deputati cristiani tentati di abbandonare la carica ma il discorso si può rivolgere benissimo a tutti, come l’invito finale a non essere piccoli: «ingenui anche, sorpresi dalla furberia avversaria se volete; mai sciocchi, mai sul piano del compromesso che mortifica la verità. Sempre dare: mendicare mai. Dovete dare vita a un nuovo costume politico, aprire la nuova tradizione. Chi ha ricevuto molto, deve dare molto. Siate grandi come la povertà che rappresentate».